Il sito di Rep. in astinenza da nudità

Maurizio Crippa

Volendo ricorrere pure noi a una “battuta di largo consumo”, come usa dire ultimamente quando si parla di belle donne, diremo che è senz'altro vero, come scrive Nadia Urbinati, che “due torti non fanno un diritto”. Ma se c'è una regola su cui proprio non ci piove è che due belle tette fanno sempre un sacco di contatti. Forse un diagramma di Google analytics lo spiegherebbe con più scienza, ma abbiamo il presentimento che nelle redazioni on line di Largo Fochetti il concetto l'hanno afferrato lo stesso.

Leggi L'appello di Rep. contro la mercificazione e il sito di Rep. con ragazze nude di Annalena Benini - Leggi Il sito vestito di Rep.

    Volendo ricorrere pure noi a una “battuta di largo consumo”, come usa dire ultimamente quando si parla di belle donne, diremo che è senz'altro vero, come scrive Nadia Urbinati, che “due torti non fanno un diritto”. Ma se c'è una regola su cui proprio non ci piove è che due belle tette fanno sempre un sacco di contatti. Forse un diagramma di Google analytics lo spiegherebbe con più scienza, ma abbiamo il presentimento che nelle redazioni on line di Largo Fochetti, fortini di libertà dai cui spalti novantamila donne offese e bindianamente “non a disposizione” rivendicano dignità, il concetto l'hanno afferrato lo stesso.

    Dopo che gli era stata fatta notare la discrepanza tra il proclama delle donne offese e, viceversa, il “burqa gettato sul corpo femminile” delle cliccatissime photo gallery del sito di Repubblica, i webmaster della democrazia da qualche giorno hanno dato una risciacquata alla colonna di destra. Quella da cui di solito occhieggiano notizie tipo “il bacio lesbo che scandalizza i puritani della Transilvania”. E hanno iniziato a piazzare immagini di mostre d'arte, mamme coi bambini fuori dalla scuola, paesaggi, calciatori con la faccia pulita. Sembra il sito delle polisportive salesiane. Il rinculo è stato violento. I conta-accessi del sito hanno dato gravi segnali di allarme. Nel senso che sembravano tutti trasmettere lo stesso film: “Ore 10, calma piatta”. In due giorni, secondo il tam tam della pettegola community degli addetti alla rete, quasi un terzo di clic in meno. Perché il clic è malandrino e un paio corpi usati “come armi politiche” pescano sempre, nella rete.

    Un breve corso di archeologia del piacere applicato alla storia dei giornali italiani, di quelli di sinistra in particolare, è forse più istruttivo. I semiologi vi diranno che la deriva del nudo in pagina, un tempo becerissima esclusiva dei settimanali della becera destra, divenne segno distintivo della liberazione sessuale. E dunque molto à la page. Fu un fuoco di paglia. Ma nei giorni in cui già restava solo la cenere, correva l'anno 1989, Stefano Benni nello “Stornello augurale” per Cuore così scriveva di certi settimanali patinati ma politicamente molto impegnati: “T'ho visto/ con sei culi in copertina/ e titolavi: ‘Dove va la Cina'”. Era soprattutto un settimanale della sinistra, già allora in debito d'ossigeno, a tirare, paraculandosi come dice Benni dietro l'impegno, la volata all'uso mercificato del corpo femminile.

    Con curiosi paradossi. Una volta, era già iniziata la paranoia antiberlusconiana della televisione pornificante, la copertina dell'Espresso offrì all'indignato lettore non mercificante una ragazza adeguatamente adagiata “a pecorina”, come direbbe il poeta del momento Checco Zalone, prona davanti a una serie di pervertiti televisori. Una cura omeopatica. Non piaceva a tutti, no. E va riconosciuto. Lo storico art director delle copertine, Serena Rossetti, a un certo punto se ne andò sbattendo l'uscio, incapace di fermare l'andazzo. Una sola volta, riuscì al cdr indignato di fermare le rotative che già rotavano, quando qualcuno si accorse di una “autopubblicità” a doppia pagina che stava per raggiungere i lettori. Un inserto di costumi da bagno. Sul filo lucido del mare, un sedere nudo e abbronzato affiorava come il sacro Kilimangiaro sul mondo vergine. La headline recitava: “Dategli quello che si merita”.

    Oggi chiamerebbero la Digos, e anche il pool antistupro della squadra mobile. Ma poi il marketing ficcò bene in testa a quei fottuti moralisti che il problema dei giornali è venderli. Punto. Così la doppia contabilità delle “scelte editoriali” che “non scalfiscono il senso” delle battaglie è andata avanti indisturbata. Spostandosi solo dalla carta al Web, al seguito dello sciame migratorio dei lettori guardoni, oggi dannatamente in crisi di astinenza.
    Ancora un po' inibiti, ma in preda a un animalesco spirito di sopravvivenza, dal sito on line di Rep. cercavano ieri di inviare qualche segnale di castigata, e non offensiva, femminilità: tipo la gallery delle reclute della scuola militare. O una Halle Berry splendida, ma particolarmente vestita. Che piuttosto di niente, vale bene anche un clic.

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    • Maurizio Crippa
    • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

      E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"