Storie di donne che ricordano la ferocia dei talebani
“Mai più Sanaa”. Ecco il bollettino di guerra sulla sharia in Italia
Le donne come “l'altro” per antonomasia, da sottomettere in tutto e per tutto per ricostruire dalle fondamenta una società assolutamente conforme alla sharia, la legge islamica che deve essere imposta con ogni mezzo. Anche per quest'anno il telefono verde “Mai più sola” ha raccolto, sette giorni su sette e 24 ore su 24, il grido delle donne musulmane che vivono in Italia e che sono state vittime di violenza legata alla sharia.
Le donne come “l'altro” per antonomasia, da sottomettere in tutto e per tutto per ricostruire dalle fondamenta una società assolutamente conforme alla sharia, la legge islamica che deve essere imposta con ogni mezzo. Anche per quest'anno il telefono verde “Mai più sola” ha raccolto, sette giorni su sette e 24 ore su 24, il grido delle donne musulmane che vivono in Italia e che sono state vittime di violenza legata alla sharia. Un progetto da cui emerge un mattinale di agonia che si perde nella cronaca delle nostre province. Dal 1 novembre 2008 al 31 agosto 2009, le telefonate ricevute dal numero verde hanno raggiunto quota 5.478 (provenienti per la maggior parte dal Nord Italia). Dietro c'è l'idea che il miglioramento della condizione femminile è il punto di partenza e di arrivo per un futuro di reale integrazione dell'islam in Italia. Tra le motivazioni principali delle telefonate ci sono i costumi barbari del ripudio, della poligamia e dell'escissione. Pochi sanno, oppure lo sanno ma lo ignorano, che in Italia, nonostante una legge del gennaio 2006 protegga la donna da simili pratiche, ci sono tra le trenta e le cinquantamila donne che hanno subito la mutilazione genitale. Donne costrette sotto minaccia ad accettare la presenza di una o più mogli sotto lo stesso tetto coniugale, nell'Italia dove la poligamia è reato. Le minacce spesso si concretizzano in un rimpatrio forzato della legittima consorte nel paese d'origine per far posto alla nuova moglie.
Ragazze musulmane picchiate, umiliate, segregate in casa, punite con violenza fisica e psicologica solo per aver desiderato di innamorarsi di un compagno di classe, di indossare jeans aderenti, di andare al cinema, di frequentare amici cristiani, di convertirsi a un'altra fede, di avere un tono troppo aperto nel parlare, di voler studiare, di cercare il divorzio o di non abbassare lo sguardo. Poi c'è il vero e proprio bollettino di guerra. “Di loro rimane solo una ferita nel nostro tempo, nella società sorda in cui hanno vissuto”, dice la deputata Souad Sbai che ha forgiato l'iniziativa con l'Associazione delle Donne Marocchine in Italia. Sono le ragazze morte ammazzate. Ricordano quasi tutte Neda Soltan, la ragazza-icona della rivolta in Iran. Una guerra combattuta a fari spenti dall'islamismo più oscurantista e troppo spesso da noi occultata dietro alla ben più addomesticabile “violenza familiare”. Decine i casi che vale la pena ricordare. Bouchra, 24 anni, uccisa a Verona, a coltellate, dal marito perché si rifiutava di portare il velo e viveva “da occidentale”. Kabira, 28 anni, accoltellata a morte dal marito, esibiva abiti occidentali e “offendeva l'islam”.
Darin Omar, uccisa dal marito perché si era fatta assumere in un call center. Hina Salem, soffocata con un sacchetto di plastica dai suoi familiari, infine decapitata e sepolta con la testa rivolta verso la Mecca perché frequentava un ragazzo italiano e rifiutava il matrimonio forzato impostole. Fatima Saamali, uccisa in una statale presso Aosta, perché poco prima aveva denunciato alla polizia i continui maltrattamenti del marito. Malka, 29 anni, strangolata dal marito per i suoi atteggiamenti “occidentali”. Fatima Ksis, 20 anni, uccisa a coltellate dal fidanzato per averlo disonorato con il suo comportamento “troppo indipendente”. Sobia, avvelenata dai familiari, perché non si dimostrava “sufficientemente sottomessa”. Naima, accoltellata dal marito perché voleva riprendere con sé i figli sequestrati in Marocco. Fouzia, strangolata dal marito sotto gli occhi della figlia di tre anni, il corpo abbandonato in un giardino pubblico, considerata “infedele” perché aveva cominciato a seguire uno stile di vita moderno. Sanaa Dafani, sgozzata dal padre a Pordenone per la scandalosa relazione con un ragazzo italiano.
Queste maschere mortuarie occidentali confutano chi tenta di negare che vi sia una connessione tra i delitti d'onore e l'islam. Conoscere le loro storie potrebbe essere un buon inizio per decostruire il fanatismo che ha spento le loro vite e minaccia le nostre più preziose libertà. Leggiamo stupefatti di come i Talebani armati di pistola ad acqua carica di acido solforico vadano in giro per Kabul a sfregiare il volto delle studentesse. In Italia una ragazza di nome Amal, 26 anni, è stata investita dal marito semplicemente perché voleva andare dal parrucchiere. Se siamo in Afghanistan per combattere l'oscurantismo di chi vorrebbe tornare a riempire gli stadi di donne da lapidare, è anche per queste ragazze musulmane uccise nelle nostre città. E' la stessa ferocia che fa razzia di ogni diritto e bellezza.
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