Perché da ragazzi non si può sognare il posto fisso

Annalena Benini

Il posto fisso è tutto, viva il posto fisso. Tremonti crede al posto fisso, noi ci inchiniamo al posto fisso, io ringrazio il posto fisso e il mutuo per trent'anni e la malattia e la maternità. Mi piace il posto fisso, sono grata di avere un posto fisso, auguro a tutti il posto fisso e una vecchiaia fissa e serena. Però da ragazzi non si può sognare il posto fisso.

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    Il posto fisso è tutto, viva il posto fisso. Tremonti crede al posto fisso, noi ci inchiniamo al posto fisso, io ringrazio il posto fisso e il mutuo per trent'anni e la malattia e la maternità. Mi piace il posto fisso, sono grata di avere un posto fisso, auguro a tutti il posto fisso e una vecchiaia fissa e serena. Però da ragazzi non si può sognare il posto fisso. A vent'anni bisogna essere giovani, non stabili, la massima aspirazione non può essere la camicia a mezze maniche, l'impiego e la pensione. A vent'anni si deve sognare in grande, anche se c'è la crisi, anche se ci sono i film sul precariato in cui belle ragazze di ventiquattro anni sono molto infelici perché non sono state assunte a tempo indeterminato. Non si può cantare Rino Gaetano e poi indignarsi perché ancora non si fanno orari d'ufficio con la pausa pranzo in mezzo e i buoni pasto.

    Un mese fa la scrittrice e insegnante Paola Mastrocola
    ha ricordato la propria allegra precarietà anni Settanta, sulla Stampa: “Anche allora non era facile trovare lavoro, soprattutto subito dopo la laurea (…) Altro che tempo determinato! A volte erano lavori della durata di un lampo. Non voglio fare l'epopea dei supereroi che eravamo. Non lo eravamo per nulla. Però non eravamo affetti da vittimismo. Non ci sembrava mai di essere dei poveri derelitti. Non ci veniva neanche in mente di definirci precari e di prendercela con gli altri, di protestare contro lo stato colpevole di non assicurare a tutti il posto fisso (…) Avevamo, a dirla tutta, un vero e proprio orrore del posto fisso”. Avevano orrore del posto fisso, ma di nascosto perché i genitori volevano quello per i figli, anche per potersene liberare presto. Adesso che i genitori sono disposti ad accollarsi figli stempiati e con l'artrite, un ragazzo di ventisei anni si infuria perché ancora non gli danno il mutuo e dice: sono un precario con senso di umiliazione. Posto fisso è bello e rassicurante, ma a essere giovani dovrebbe fare un po' di tristezza. Incasellamento, sicurezza, stabilità, responsabilità, maxi tivù al plasma a rate, tassi variabili, tassi fissi come il posto, certificato medico perché oggi ho il collo bloccato, dev'essere questa dannata aria condizionata.

    Diventare vecchi in un lampo, prima del primo scatto di anzianità,
    contare gli anni che mancano alla pensione, litigare con l'amministrazione per mezza giornata di permesso calcolata in più. Il posto fisso è una figata, ma a vent'anni si può cercare l'avventura, prendere il primo treno, inventarsi qualcosa, vivere in tre in una stanza, inseguire un sogno cretino, mollare un lavoro come si molla un fidanzato noioso, lavare i piatti per mantenersi in vista di qualcosa di monumentale, mandare tutti a quel paese, guardare quelli col posto fisso che tornano a casa mesti e pensare: poveracci, per fortuna sono ancora giovane, per fortuna sono un precario.

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    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.