Beato chi ha avuto un maestro

Stefania Vitulli

Beato chi ha avuto un maestro. Ché l'ha potuto mangiare, digerire e rigettare. Ché prima, però, l'ha cercato come si cerca di respirare, in un'età in cui non c'è mai abbastanza aria per tutto il fiato che si vorrebbe avere. Si tace, allora, e si aspetta che venga a cercarci qualcuno. Non sono malata, sono solo incinta, lamentano le puerpere.

    Beato chi ha avuto un maestro. Ché l'ha potuto mangiare, digerire e rigettare. Ché prima, però, l'ha cercato come si cerca di respirare, in un'età in cui non c'è mai abbastanza aria per tutto il fiato che si vorrebbe avere. Si tace, allora, e si aspetta che venga a cercarci qualcuno. Non sono malata, sono solo incinta, lamentano le puerpere. Non sono malato, sono solo adolescente. Se mi spieghi il tuo mondo ti dò persino il mio corpo. Tanto, che cosa me ne faccio se nessuno mi ha mai detto che ha un valore?
    Beato chi ha avuto un maestro. Ma i maestri dove sono finiti? “Siamo gli stramaledetti Figli della Fine, che essendo figli dei Figli di Mezzo (detti anche Figli dei Fiori) si ritrovano con tutte le vie già battute e quindi niente di originale da intraprendere e col fardello ancora più pesante di essere disprezzati dai padri dei Figli di Mezzo ancora più di quanto già non disprezzino i loro figli, e di essere presi in giro dai nostri padri, i Figli di Mezzo in persona”, scrive Antonio Casto diciassettenne in “Casto”, la sua “storia normale di una ragazzo normale” (noreply, in libreria il 5 novembre).

    “Un giorno il mio professore di religione disse che la chiesa deve essere una specie di casta, chiusa e autoritaria, molto più di quanto non sia oggi: o dentro o fuori, nessuna via di mezzo, ha delle regole che vanno rispettate e basta, quelle sono e non si discute. Bene, io sono d'accordo con lui. Chi è cattolico deve essere cattolico, a tutti gli effetti, proclamarlo con orgoglio. Dentro o fuori ragazzi. Come puoi essere cattolico però pensare che anche i cani hanno un'anima? No; pensi questo? Bene, non sei cattolico, punto, basta, fuori. O Tutto o niente”.
    Beato chi ha avuto un maestro. Fosse anche una popstar. “Odio gli adolescenti quando si svegliano alle tre del pomeriggio guardando nel vuoto. Odio la loro puzza di piedi dentro le Nike marce e i pantaloni sotto l'ombelico che strisciano sotto la suola delle scarpe, con le mutande in vista. Odio i loro “cioè”, “tipo” o “cosa?”. Odio il loro happy hour, gli spinelli e le cinque birre con la pizza. Odio “questo libro è una m…a, la scuola è uno schifo”. Odio il motorino distrutto appena comprato, con sotto il sellino un mondo di cose appiccicaticce (bollo, assicurazione, lattine, olio motore e maglietta sudata). Odio il casco appena appoggiato in testa. Odio le facce dei professori quando dicono “è intelligente ma non si applica”. Odio il gruppo, gli amici, il branco, che conta più di qualsiasi genitore. Odio i loro modelli, MTV e tutto quello che c'è dentro” scriveva Beppe Grillo qualche anno fa. Meglio cattivi maestri che nessun maestro. Ma anche i cattivi maestri si rifiutano di fare i maestri. E gli adolescenti, li odiano.
    “I'm not a piece of teenage wildlife”, scriveva David Bowie. Ci restano le popstar, a parlare con i cuccioli della nostra razza: se non hai un maestro, compralo. Ci ha parlato Michael Jackson. Un po' troppo da vicino, alla faccia del riduzionismo genitale. Non gli è andata tanto bene. Meglio tenersi alla larga.

    Beato chi ha avuto un maestro, prima di diventare vampiro.
    Mica a caso, generazione vampira. Bisognerebbe occuparsi di loro, ma come si fa? Non c'è tempo. Vanno in giro a succhiarsela da soli, la svolta. Magliette strizzate, e il tanga, e i maschi si depilano, e scritti addosso pesanti messaggi sessuali. Prima hanno usato mille altri richiami: si sono drogati, hanno urlato, hanno smesso di mangiare. Non ha funzionato. Whatever works? Sex, it works. Sono stati autorizzati al richiamo sessuale e questo è rimasto l'unico che conoscano per attirare lo sguardo adulto che regola il mondo. Nuovi signori delle mosche che ronzano attorno al sangue, va bene al buio, basta che fai presto, io di più di più di più, neanche un prete per chiacchierar. Sono perfetti. Sempre troppo magri o troppo grassi, perché la pioggia di condom è diventata un dovere da assolvere già dagli undici anni (hanno questo vizio, i cuccioli: leggono i messaggi come doveri, sono programmati per assorbire Limiti, non Permessi). Così hanno elaborato il “pensiero addominale”: i genitali sono roba per adulti. Ai vampiri bastano denti e un cordone ombelicale diretto con il buio sovrannaturale, twilight. Sotto la loro pancia c'è solo un meccanismo: usatelo come vi pare, “whatever works”. Attenti solo a non farvi male. Il meccanismo è scollegato dalla parte superiore. I mancati maestri hanno tagliato i fili.

    Cohn Bendit, Mitterrand, Bettelheim, Braibanti, Disney: Not In My Backyard. “Quelli” sono la dimostrazione che se ti avvicini a un minore è per fare sesso. Perché gli adolescenti sono macchine da sesso, perversi polimorfi, american beauty, danni. Meglio tenersi alla larga. Rinunciare al ruolo di maestri. “La distruzione della scuola sarebbe stata di fatto impossibile senza il sostegno e il concorso apportati a queste politiche da una minoranza attiva di intellettuali e di accademici – fino ai livelli più alti – e senza la cecità, l'ignoranza o l'indifferenza della maggior parte di loro” scrive il matematico francese Laurent Lafforgue, già criticato collaboratore di Chirac per l'educazione nel saggio “La disfatta della scuola” appena tradotto da Marietti. “Il costruttivismo, che esalta come l'allievo debba costruire da sé i propri saperi, è diventato uno dei fattori maggiormente responsabili della rovina della scuola da quando è arrivato a proibire qualsiasi insegnamento esplicito – ogni forma di lezione impartita dal maestro o l'apprendimento di regole stabilite – classificato come “dogmatico” e a sostituirlo con una pratica che pretende di fare affidamento esclusivamente sull'autonomia, la sperimentazione e la scoperta personale”.

    In un documentario del 1983 – solo qualche anno dopo il caso Polanski –
    “D'amore si vive” di Silvano Agosti, parla, con forte accento parmigiano, “Frank”, un bambino di dieci anni. Era una delle sei storie di amore e sesso all'italiana del docufilm di nove ore, tra cui comparivano un transessuale, una prostituta, un travestito. Il brano dedicato a Frank è su Youtube, trovarlo è facile. Ma misurare la coscienza sessuale di quel ragazzino risulta, oggi, dopo venticinque anni, uno scandalo temporale all'apparenza inaccettabile. A provarci però si capisce che cosa salviamo di noi quando ci rischiamo maestri per diventare irrimediabilmente adulti.