Quella non era paideia, questa non è giustizia

Annalena Benini

Lui ragazzino magro e già vizioso, lei donna dai molti amanti ora sul viale del tramonto, poi coperte di ermellino, collane di perle, ginocchia nude, asciugamani inzuppati perché Chéri lascia sempre il bagno in condizioni disastrose, le bugie di lei: “Sì, per quanto bello, lo cambierei con un altro, se non si trattasse di un caso di coscienza”. Un caso di paideia.

    Lui ragazzino magro e già vizioso, lei donna dai molti amanti ora sul viale del tramonto, poi coperte di ermellino, collane di perle, ginocchia nude, asciugamani inzuppati perché Chéri lascia sempre il bagno in condizioni disastrose, le bugie di lei: “Sì, per quanto bello, lo cambierei con un altro, se non si trattasse di un caso di coscienza”. Un caso di paideia. Le fragole di cui Lea rimpinza Chéri, “il bamboccio”, così lo chiama, “il mio bambino”, il posto che gli lascia nel letto, rannicchiato contro il suo corpo, sono la paideia amorosa raccontata da Colette, è Manhattan di Woody Allen dalla parte di una signora beffarda (e infine suo malgrado innamorata, ma con troppe rughe sul collo per poterlo manifestare). A guardarla adesso, con lo sguardo nevrotizzato dall'ansia sessuale, è pedofilia nobilitata dalla buona conversazione e dalle belle battute: “Il giorno in cui una donna mi amerà per la mia intelligenza, sarò finito”, dice Chéri, rivestendosi, cercando la spilla e gli stivaletti di daino. E Woody Allen sgrida l'amante: “Ehi, non dire a me cos'è antiquato, okay? Tu hai diciassette anni, vi hanno cresciuto con la droga, la televisione e la pillola”. Non c'è scandalo in Manhattan, solo romantico, sofisticato divertimento: “Io ho quarantadue anni e lei diciassette: sono più vecchio di suo padre. Ci crederesti che sto con una ragazza che ha un padre che è più piccolo di me?”.

    Hanno riso tutti a questa battuta per trent'anni,
    Manhattan è il film preferito di quasi chiunque. (Non c'entra con il caso Polanski, che all'intervistatore Martin Amis dice: “A tutti piace scoparsi le bambine”, niente a che vedere con le risposte della tredicenne alle domande iper particolareggiate del giudice: la droga, la vasca da bagno, lo champagne a una bambina, lui che la fa spogliare, le chiede quando ha avuto le mestruazioni e allora sceglie un'altra via, lei che ha paura, si inventa di avere l'asma e lui che la costringe. Che dobbiamo fare di Roman Polanski? è la domanda. Mandatelo a casa, quel vecchio povero porco schifoso, lei ha 45 anni e non le importa più, quella non era paideia, questa non è giustizia).

    Ora che mia figlia di tre anni chiede al babbo di darle un bacio di vero amore
    , come il principe alla Bella Addormentata per svegliarla dal sonno profondo, lui si spaventa e le dice: sulla fronte però, e le foto del piccolino di sei mesi nudo sul fasciatolo non le teniamo nel cellulare, vergognandoci di vergonarci, ma succedono cose talmente assurde che si diventa paranoici, ora che è tutto solo sesso, esibito o vietato, se qualcuno fra una decina d'anni intendesse fare paideia coi miei figli, sulla riva del fiume, sotto un albero, in un'aula o con il più meraviglioso dei libri in mano, con le migliori intenzioni, in teoria sarei guardinga, in pratica gli staccherei tutte e due le braccia.

     

    Non c'è vita per la paideia da queste parti, a meno di essere la madre di Chéri descritta da Colette, che aveva dato il proprio consenso di signora navigata, o la madre della ragazzina stuprata da Polanski, o anche la madre di Brooke Shields che la faceva fotografare nuda e ricoperta di olio dorato a dieci anni e la mandava fiera a recitare la parte di una puttana dodicenne. La paideia è morta con Antinoo, i greci erano degli sporcaccioni colti e molte mie amiche non lasciano le figlie preadolescenti dormire a casa delle compagne di scuola se non conoscono bene i padri. Gli adulti sono pericolosi, i bambini vanno protetti. E' un pensiero schizofrenico, perché questi bambini diventano in pochi mesi liberi di fare qualunque cosa: tornare alle cinque del mattino, prendere la pillola del giorno prima, del giorno dopo e del mese prossimo, scopare variamente, ma metterli in salvo dalle zampe pelose del lupo non è in discussione. Il rischio educativo non si può correre: in teoria è molto bello immaginare lo scambio fra generazioni, l'amicizia con i ragazzi, l'incontro per la conoscenza, l'arricchimento, la formazione, in pratica gli spezzo le dita.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.