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La trappola morale in cui è caduta la sinistra rovistando i panni dei potenti
Ci siamo domandati nel Foglio del 28, l'altroieri: ma ci sarà un liberal vero a sinistra? Ci sarà uno che capisce la deriva claustrofobica e sessuofobica di Repubblica? E' arrivata una argomentata e seria autodenuncia. La firma sul “Manifesto” di ieri, 29 ottobre, un prim'attore del giornalismo di sinistra, Marco d'Eramo, americanista e analista della modernità e postmodernità capitalista, tra economia, segni e costume. Dice che non è lecito “dribblare la conclusione: chi di sesso ferisce, di sesso perisce”.
Leggi Le pozzanghere del pettegolezzo di Annalena Benini
Ci siamo domandati nel Foglio del 28, l'altroieri: ma ci sarà un liberal vero a sinistra? Ci sarà uno che capisce la deriva claustrofobica e sessuofobica di Repubblica? E' arrivata una argomentata e seria autodenuncia. La firma sul “Manifesto” di ieri, 29 ottobre, un prim'attore del giornalismo di sinistra, Marco d'Eramo, americanista e analista della modernità e postmodernità capitalista, tra economia, segni e costume. Dice che non è lecito “dribblare la conclusione: chi di sesso ferisce, di sesso perisce”: è imposta dal caso Marrazzo, coronamento di nove mesi di campagna sessuofobica di Repubblica. Dice che la vicenda del governatore e dei trans “ci fa esplodere in bocca il retrogusto amaro della vicenda delle escort”. Chiaro, no? E aggiunge: “Il malessere è acuito dalla magnanimità pelosa del premier che da tempo aveva avvertito il governatore (suo avversario politico) del ricatto che incombeva su di lui”. Chi abbia visto, per distrazione, le puntate di Santoro e Lerner, e letto per abitudine i pezzi di D'Avanzo, è servito: ora qualcuno a sinistra si è accorto che si sono fatti fregare dalla loro stessa stupidità.
Peggio. La fregatura, secondo d'Eramo, viene dall'abbandono di una prospettiva culturale tipicamente europea, lo spassionato disinteresse verso gli argomenti pruriginosi che sconvolgono, in altri contesti storici e culturali, la vita pubblica nei paesi puritani. Nella Prima repubblica, e secondo d'Eramo era un punto d'onore per tutti, non si dava la caccia alle abitudini scandalose private, come l'omosessualità di presidenti del Senato e di ministri degli Esteri. “Vizi privati e pubbliche virtù”, questa è la regola, altrimenti ne risulta un'insalata che uccide la lotta politica, il nitore delle differenze vere, delle opposizioni significative, e tutto diventa una repellente brodaglia.
D'Eramo cita le analisi di Louis Dumont (1911-1998, antropologo francese) su autonomia del politico e prevalenza dell'agire collettivo per dire che gli attacchi alla vita privata del “sovrano”, per di più “sacralizzato e assolutizzato”, sono “arcaici”. Hai voglia, dice, a distinguere e a puntare sullo scambio sesso/potere: la verità è che, nella lotta “contro la pratica governativa della sessualità”, alla fine la mente progressista è scaduta a osservatorio pettegolo di figure pruriginose. Sappiamo tutto di Patrizia o di Brenda, si lamenta disperato d'Eramo, ma ormai più niente di come hanno governato Berlusconi e Marrazzo. “In modo abbastanza prevedibile, impariamo che a frugare nei panni sporchi del potere, ci infanghiamo tutti”. A me sembra tutto molto chiaro. E a voi?
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