Perché Blair è così odiato

Giuliano Ferrara

Berlusconi, con la sua lettera al Foglio per confermare una netta preferenza per Tony Blair come presidente della Unione europea, si è mostrato come al solito impulsivo e generoso. Ma la scelta italiana, quale ne sia l'esito, si spiega bene, con argomenti razionali ed evidenze politiche e culturali. A parte il suo evidente profilo di chairman europeo robusto e serio, l'ex premier britannico è infatti anche lo specchio in cui si guardano le culture politiche del Novecento, con il loro bel carico di pregiudizi, oligarchismi, classismi e vittimismi.

    Berlusconi, con la sua lettera al Foglio per confermare una netta preferenza per Tony Blair come presidente della Unione europea, si è mostrato come al solito impulsivo e generoso. Ma la scelta italiana, quale ne sia l'esito, si spiega bene, con argomenti razionali ed evidenze politiche e culturali. A parte il suo evidente profilo di chairman europeo robusto e serio, l'ex premier britannico è infatti anche lo specchio in cui si guardano le culture politiche del Novecento, con il loro bel carico di pregiudizi, oligarchismi, classismi e vittimismi.

    Un Sergio Romano, per esempio, con i suoi tratti austeri di realismo geopolitico, di adoratore dello status quo, di europeista antiatlantico, non poteva non confessare in una rispostina al lettore del Corriere ostilità per questa candidatura “populista” e yankee, e con (legittime) motivazioni anche velenose. E questo per la destra culturale di un certo rango. Quanto alla destra politica, su suolo britannico, i conservatori ri-rampanti come il titolare ombra del Foreign Office William Hague li abbiamo già visti all'opera con discreti insuccessi, e certe arci-inimicizie si spiegano con le botte prese a suo tempo da Blair, nel 1997 (mentre il suo boss David Cameron preferisce la columnist piagnona Polly Toynbee a Winston Churchill, e tutto è detto). Per non parlare del Financial Times, questa volta tardo di riflessi per opportunismo (ha un candidato coperto), che senza humour rimprovera a Blair il successo politico-militare in Iraq e la salvezza dell'asse euro-americano dopo l'11 settembre: senza annotare che i suoi due rivali euro-continentali, Chirac e Schröder, sono l'uno imputato a Parigi e l'altro nel libro paga di Putin, mentre i rispettivi successori fanno a gara nello sforzo di ricalcare le tracce di un buon multilateralismo a guida atlantica. Ma le vere sorprese sono a sinistra. E' tra i progressisti che ferve la guerriglia contro Blair. 

    Darling del mondo liberal di New York, il saggista Tony Judt, versatile bardo della nostalgia, spiega bene le ragioni dell'odio cupo, ideologico e politico, verso Tony Blair, descritto come “lo Gnomo nel giardino dell'Oblio” in un saggio del 2001, ora nella raccolta sulle “rimozioni del Novecento” (Laterza editore). “Margaret Thatcher e Tony Blair hanno rimosso efficacemente le vecchie distinzioni tra sinistra e destra, tra stato e mercato”, scrive. E a questo misfatto culturale aggiunge una sequela di accuse moralistiche stranote, come timbro e tono, al lettore italiano della stampa di sinistra. Blair sarebbe populista, perché troppo diretto e brillante e moderno nell'appello al popolo oltre le consorterie (la epica battaglia con la Bbc); “gli piacciono i ricchi”, massimo sfregio etico alla buona coscienza liberal, anche se “ha introdotto il salario minimo e ha affrontato il livello vergognosamente alto di povertà infantile nel paese”.

    Blair si trova torvamente avversato dai finti progressisti di Bruxelles, gli stessi prodighi di lodi per il talk-populismo di Obama, anche lui “amico dei ricchi”. Vogliono per loro un Alto rappresentante della politica estera ma non un presidente europeo efficace e autorevole nel mondo. Blair ha infranto senza pietà i loro sogni palingenetici, già incubo di massa al di là della cortina di ferro, e non ha risparmiato gli antenati social-stalinisti del vecchio Labour, riempiendo di merci e supermarket le vecchie e polverose Barnsley, villaggi un tempo pullulanti di minatori sottomessi per loro sfortuna al sindacalismo di Scargill, duramente mazziato dalla Thatcher di cui Blair fu successore e in parte erede. Tutte le cretinate correttistiche, tutta quella lingua bisognosa e piagnucolosa che conoscete a memoria dopo anni di ossessione antiberlusconiana in Italia, risuonano anche per Blair. Ecco perché Berlusconi è stato impulsivo e generoso.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.