Salvate il soldato D'Avanzo dalla sua ultima paranoia
Ora Giuseppe D'Avanzo di Repubblica vuole dimostrare che Berlusconi ha ingaggiato cinque carabinieri dei servizi segreti, li ha mandati dal trans Natalì nella fatale e misteriosa via Gradoli perché smutandassero Marrazzo, approntassero un set con la cocaina e i soldi e i documenti anagrafici del Governatore del Lazio, infine affidassero il frutto del misfatto (un video-scandalo) al circuito mediatico onnivoro berlusconiano, superbamente sorvegliato da Alfonso Signorini eccetera.
Ora Giuseppe D'Avanzo di Repubblica vuole dimostrare che Berlusconi ha ingaggiato cinque carabinieri dei servizi segreti, li ha mandati dal trans Natalì nella fatale e misteriosa via Gradoli perché smutandassero Marrazzo, approntassero un set con la cocaina e i soldi e i documenti anagrafici del Governatore del Lazio, infine affidassero il frutto del misfatto (un video-scandalo) al circuito mediatico onnivoro berlusconiano, superbamente sorvegliato da Alfonso Signorini eccetera. L'operazione sarebbe stata interrotta dalla casuale inchiesta sui carabinieri felloni, e solo allora il Cav. avrebbe telefonato a Marrazzo per denunciare a lui l'esistenza del video e spronarlo a fare qualcosa. Una grande congiura calunniosa finita con un atto magnanimo, in mancanza di meglio (il meglio sarebbe stato tenere nelle proprie mani e usare con dosate minacce il video del ricatto).
Non scherzo. E' proprio questo che Repubblica ha stampato, con appena qualche minuscola cautela formale a scopo dissimulatorio, nei suoi numeri di venerdì 30 e sabato 31 ottobre (domenica 1 novembre non so, perché scrivo di sabato). Pagine e pagine dal clamoroso risvolto spionistico. Autorevoli, perché D'Avanzo nella sua bella carriera qualche errore madornale lo ha commesso, ma di scoop e di analisi investigativa non è mai stato avaro. Pagine suggestive e a loro modo magistrali, che si leggono d'un fiato, al centro delle quali sta l'immagine vagamente paranoide di un Berlusconi Grandissimo Fratello, manovratore di tutto quel che c'è a disposizione del pubblico italiano inebetito, manipolatore di chiunque compresi gli editori concorrenti proprietari di cliniche (gli Angelucci), e dunque despota che mette in pericolo la libertà comune con la sua borsa, le sue proprietà, le sue catene editoriali quartopoteriste alla Hearst, le sue connessioni politiche in conflitto di interesse e i suoi addentellati istituzionali ed extraistituzionali con gli apparati della forza. Non poteva infine D'Avanzo, che conosce la storia contemporanea, non citare gli operativi (rat fuckers) del superscandalo Watergate, che portò alle prime e uniche dimissioni di un presidente americano sommerso dal fango delle sue stesse cospirazioni politiche contro gli avversari. Je piacerebbe, si dice a Roma.
La verità è che D'Avanzo è un collega intelligente, ha capito quel che tutti hanno capito: la campagna su sesso e scandali è impantanata, il suo venticello ha bensì depositato qualcosa, perché qualcosa resta sempre in questi casi, ma ora Repubblica e il partito degli onesti, degli angeli, degli orgogliosi, ha messo la prua decisamente controvento. Puoi sfruttare le asperità di un divorzio, cavalcare una denuncia di vizi pubblici come quella della signora Veronica, profittare di ingenuità e difetti da spirito di onnipotenza che abbondano in una personalità vulcanica e mostruosamente estroversa come quella di Berlusconi, ma oltre un certo limite, una sottile linea a luci rosse, l'attacco diventa “arcaico”, come ha scritto Marco d'Eramo nel “manifesto”, e alla fine il fango ricade su chi lo ha lanciato.
Il brocardo evangelico tanto temuto da D'Avanzo e dal suo direttore, “chi di sesso ferisce di sesso perisce”, si staglia con il caso Marrazzo davanti alla più lunga, sistematica e cospicua campagna ideologica che la sinistra tribunizia e militante abbia intrapreso (forse dai tempi del “fanfascismo”). Ormai, a parte le grandi firme del “manifesto”, sono in tanti a ribellarsi, e tra questi le due icone della lotta contro le derive sessuofobiche di cui D'Avanzo non vuole sentire parlare, personalità parlamentari della gay culture come la Paola Concia e del transgender come Vladimir Luxuria (“uscire dal moralismo”, “una spirale senza uscita, con un cortocircuito tra soldi, audience e copie vendute”).
Bisogna rimediare. In fretta. A costo di alzare il tiro forsennatamente. A costo di vendere al lettore quel che palesemente non hai. A costo di immergersi in una spy fiction, in una storia noir irta di anacoluti, di sgrammaticature, di contraddizioni in termini, di aspetti del tutto illogici. Che Berlusconi abbia mandato cinque carabinieri dei servizi segreti a smutandare Marrazzo, nell'ambito di una campagna che comprende la ripresa televisiva (di belluina stupidità) dei calzini turchesi del giudice Mesiano, è cosa troppo risibile perché non se ne rida, ormai apertamente, in ogni redazione, in ogni luogo della politica democratica, e molto anche in salotto. D'Avanzo è come quei giocatori che non sanno smettere, si infogna e genera imbarazzo intorno a sé, il che è ingiusto perché come professionista, errori madornali a parte, è pieno di qualità. Salvale, Peppino, dalla deriva sessuofobica e dalla sua coda paranoide.
Il Foglio sportivo - in corpore sano