Lo scrittore stanco di stare in posa

Mariarosa Mancuso

L'ultimo romanzo di Alessandro Baricco esce oggi in libreria con lo stile sfoggiato dalla fortunata e poco numerosa categoria degli scrittori “che non devono chiedere, mai”. Né ai critici né ai lettori. Recensione amica, taglia paginone, su Repubblica, dove Baricco pubblica i suoi articoli sempre con richiamo in prima, in concorrenza con un paio di altre grandi firme, una storica e una recente: Pietro Citati e Roberto Saviano.

    L'ultimo romanzo di Alessandro Baricco esce oggi in libreria con lo stile sfoggiato dalla fortunata e poco numerosa categoria degli scrittori “che non devono chiedere, mai”. Né ai critici né ai lettori. Recensione amica, taglia paginone, su Repubblica, dove Baricco pubblica i suoi articoli sempre con richiamo in prima, in concorrenza con un paio di altre grandi firme, una storica e una recente: Pietro Citati e Roberto Saviano. Biografia minima che riporta l'anno di nascita, il 1958, e il fatto che i libri dello scrittore siano tradotti in tutto il mondo, uno sberleffo a chi deve elencare ogni credenziale o premio minore. Prevedibile rincorsa delle altre testate che non hanno goduto dell'anticipazione. Il carotaggio di pagina 69 – come suggerito da Mashall McLuhan – riporta il dibattito alla concretezza: siamo abbastanza lontani dall'inizio perché lo scrittore si stanchi a stare in posa, offrendo il suo profilo migliore. Sesso e cattolicesimo, fin dalle prime righe: “Volevo vedere fino a dove possono fare l'amore gli uomini di Dio”. E tragedia: “Così non lo salvai. Non trovai mai una ragione buona per salvarlo da me. Si è ammazzato otto anni fa”. Seguita da un'agnizione, grande asso nella manica del romanziere: “Andre è sua figlia, disse. Lei lo sa”.

    La singolarità del nome di battesimo ricorda il Baricco di un tempo, che giocava con la postmodernità al punto da scrivere (in “Oceano mare”) un dialogo dove una fanciulla ostentava un silenzio rotto soltanto dai puntini di sospensione, e da mettere in scena nello stesso romanzo un pittore che dipingeva il mare con l'acqua di mare. Le tele erano bianche, va da sé, ma il gesto artistico tale da far spaccare la testa agli studenti del Dams prima e della Scuola Holden poi durante più di un workshop. La serietà melodrammatica del resto, assieme all'inclinazione verso le cose ultime, apre verso un Baricco inedito. “Immagino che anche Dio lo sappia, aggiunse. Perché non ha lesinato sul castigo”: è la chiusura del siparietto, tosto e solenne seppur non invitante.
    Mancano, in tutta la pagina 69, i dettagli che, nei romanzi come noi li conosciamo, rivelano l'occhio dello scrittore. Prendete una pagina 69 di Vladimir Nabokov, per esempio, e ne troverete abbastanza da restare incantati.

    Qui navighiamo nell'astrattezza, nonostante “il gesto femminile rabbioso che – annota su Repubblica il primo recensore di “Emmaus”, Domenico Starnone – modifica la forma cinematografica del sesso orale”. (Ricordiamo che fu proprio Alessandro Baricco a porre il Grande Interrogativo Rivisitato: “Si può ancora scrivere dopo ‘Pulp Fiction'?”). Fa eccezione “un basso nero brillante, con una decalcomania di Gandhi appiccicata sopra” (il “sopra” è di troppo, cercasi editor). Una piccola cosa di pessimo gusto, se fossimo – e non siamo – in una poesia di Guido Gozzano.