Signora mia, non esistono più i raffreddori di una volta
Se il piccolo starnutisce la mamma sobbalza, gli tocca la fronte, gli prova la febbre, telefona al pediatra. Trentasette e uno è il sintomo di una suina strisciante, da qualche parte su Internet c'è scritto di non sottovalutare le febbriciattole. Il bambino con trentasette e mezzo viene portato al pronto soccorso, perché ha “una brutta tosse”. Non esiste la tosse normale, la tosse da asilo, da raffreddamento, da autunno: solo brutte tossi che significano almeno influenza A.
Se il piccolo starnutisce la mamma sobbalza, gli tocca la fronte, gli prova la febbre, telefona al pediatra. Trentasette e uno è il sintomo di una suina strisciante, da qualche parte su Internet c'è scritto di non sottovalutare le febbriciattole. Il bambino con trentasette e mezzo viene portato al pronto soccorso, perché ha “una brutta tosse”. Non esiste la tosse normale, la tosse da asilo, da raffreddamento, da autunno: solo brutte tossi che significano almeno influenza A. Guarda com'è pallido, domani meglio tenerlo a casa. Ma sta benissimo, ha appena rotto un vaso giocando a pallone in salotto. No, stamattina aveva il naso chiuso e un'espressione diversa dal solito, non mi fido, non mi ha nemmeno preso a calci come fa di solito per salutarmi, si vede che non è molto in forze.
La psicosi è partita, la suina è dappertutto: raffreddori suini, mal di pancia suini, compagni di classe suini, anche suore suine, se mentre vigilano sui bambini in cortile vengono sorprese col fazzoletto in mano. Gli insegnanti a scuola ci scherzano sopra: “E' inutile che facciamo progetti per l'anno prossimo, tanto è chiaro che la maggior parte di noi in primavera non ce l'avrà fatta”. Sterminati dalla suina (come dalla mucca pazza, dall'aviaria e dalla sars): date una preoccupazione in più a un genitore, fornitegli un virus nuovo su cui non dormire la notte e ci si butterà a capofitto, con sempre nuovo entusiasmo, svaligerà farmacie e sbatterà la testa contro il muro non trovando nei negozi l'amuchina (quella spray che disinfetta senz'acqua è esaurita ovunque).
Non è possibile prendersi un qualunque virus stagionale, anche a essere famiglie non esageratamente attanagliate dall'ansia, senza pensare all'influenza A, senza sentirsi in colpa per non aver vaccinato, senza passare una notte insonne ad ascoltare il respiro del malatino. Il pediatra dei miei figli, uomo anziano, assennato e burbero, mi ha accolto così la settimana scorsa: “Beh, non mi chiede dell'influenza A?” “No, scusi, mi ero dimenticata” “Ah, strano, voi madri ansiose non pensate ad altro. Tenga, si legga questo e non si azzardi a vaccinare i bambini. Sa di chi è tutta la colpa di sta follia? Dei giornalisti”. Se mai mi chiederà un giorno che lavoro faccio, devo ricordarmi di inventarmene uno non ansiogeno, tipo la restauratrice.
Mi ha passato un articolo di un suo collega che scrive che siamo tutti mentecatti e che l'influenza A è meno pericolosa di un raffreddore (ma anche lui non se la passa benissimo con l'italiano, con la sintesi e con le manie complottiste di case farmaceutiche cattive). Poi qualcuno l'ha già avuta davvero, questa dannata suina, e la febbre è arrivata a 40, il bambino delirava un po', diceva che doveva mettere tutto in ordine, ma è passata dopo due giorni di tachipirina, la mattina si è svegliato con una gran fame, è cresciuto un centimetro perfino, ha picchiato sua sorella, ha avuto in premio duecento giornalini per la convalescenza e televisione in camera. La suina ha questo nome orrendo, i virus di moda hanno sempre nomi orrendi e spaventosi, e siamo tutti pronti a credere a qualunque cosa: genitori serissimi pensano che ai figli si gonfierà la faccia e grugniranno per la crisi respiratoria (tutti i bambini grugniscono mentre dormono), che la febbre li renderà rosa come maialini.
Se si prova a dire che è un'influenza solo un po' più pesante, fanno una faccia scettica: eccola, la new age che cura i figli con i decotti. Non è follia ignorante, è aspirazione alla camera iperbarica che metta in salvo da tutti i microbi (anche Michael Jackson però aveva sogni simili). La regola di lavarsi spesso le mani aiuta, molti le bruciano con l'alcol venti volte al giorno, ma non posso lanciarmi addosso a mia figlia che torna dall'asilo e vuole dare un bacio a suo fratello (ultimamente mi lancio urlando, poi lei fa solo finta di lavarsi, torna, lo abbraccia e lo bacia direttamente in bocca mentre le cola il naso). Edmondo Berselli, nel suo ultimo libro, scrive che una volta era un imbranato schifiltoso, adesso grazie al labrador è uno sporcaccione felice al grido di: “Sono tutti anticorpi”. Ma il dramma, signora mia, è che non esistono più i raffreddori di una volta.
Il Foglio sportivo - in corpore sano