Il processo lungo è una tortura, la prescrizione non è un trucco

Giuliano Ferrara

Siccome il moralismo in politica è l'orticello degli ipocriti, Pier Luigi Bersani dice ora con timbro di voce stentoreo a Silvio Berlusconi di farsi processare, ma non fu altrettanto severo con Massimo D'Alema, il suo leader,  quando questi richiese e ottenne l'immunità dal Parlamento europeo, un'istituzione risparmiata dalla ghigliottina che decapitò l'articolo 68 della nostra Costituzione.

    La storia della prescrizione breve o del processo breve, per novanta italiani su cento, è storia di potenti, anzi di un potente, a caccia di privilegi. E' consolante raccontarsi la favola di una giustizia esercitata in nome del popolo ed eguale per tutti, di volta in volta coartata, umiliata e offesa da chi è al vertice dello stato. Gente che, per tutelare la naturale delittuosità del potere, oblitera i principi di legalità sui quali la coesione civile si fonda. Siccome il moralismo in politica è l'orticello degli ipocriti, Pier Luigi Bersani dice ora con timbro di voce stentoreo a Silvio Berlusconi di farsi processare, ma non fu altrettanto severo con Massimo D'Alema, il suo leader,  quando questi richiese e ottenne l'immunità dal Parlamento europeo, un'istituzione risparmiata dalla ghigliottina che decapitò l'articolo 68 della nostra Costituzione. Quell'articolo chiave dei rapporti tra magistratura e politica, voluto dai padri costituenti, cancellato nel tempo della demagogia e dell'inganno dal Parlamento italiano sotto ricatto forcaiolo.

    Mettiamo ora da parte Berlusconi, e il problema politico, non personale, posto dall'accanimento giudiziario verso l'imprenditore con i beni al sole che blocca l'avanzata forcaiola nel '94, scompagina i piani del partito delle procure ormai a un passo dal potere, e diventa ripetutamente il beniamino del popolo elettore. L'accanimento ha travolto tutti i partiti che avevano firmato la Costituzione e dato origine alla Repubblica italiana, si è espresso in aperta ambizione e avidità di incarichi politici da parte dei magistrati che mettevano sotto processo la classe dirigente eletta, poi entravano in lizza, fondavano partiti, si schieravano in liste di governo o di opposizione accanto ai leader da loro inquisiti o delicatamente risparmiati, giocavano di sponda con un establishment pusillo e con i suoi giornali bene inseriti nel lubrificatissimo circuito mediatico-giudiziario. Prescindiamo per un momento da questa, che in fondo è poi la nostra storia recente.

    Che cosa è in realtà la prescrizione di un reato? E' la sanzione di un principio sacrosanto del diritto, la garanzia che si faccia giustizia all'interno di proporzioni e misure umane. C'è una sola eccezione, infatti, alla regola della prescrizione, conosciuta in tutte le democrazie costituzionali moderne: è il crimine contro l'umanità, che può essere accertato e definitivamente sanzionato senza limiti di tempo. A crimine disumano, giustizia disumana. Ma per il resto?

    Non è facile spiegare, ma non è impossibile, che un processo infinito è disumano. Il grido: in galera!, ha sempre una seduzione rozza, ma efficace, diretta, immediata, capace di sanare una quantità di frustrazioni mascherandole da “ansia di giustizia” (un'espressione che mi ha sempre fatto ridere, specie considerando quali bocche la pronunciano più spesso e con maggiore petulanza). La prescrizione è il fondamento del diritto alla difesa. La procedura penale diventa tortura, ostracismo, gogna, character assassination, se non vi sia un limite temporale definito, compatibile con il non facile percorso di accertamento dei reati ma il più breve che sia possibile.

    Se il legislatore riuscisse a introdurre un criterio temporale capace di rendere necessaria la brevità del processo penale e civile, accompagnando la mannaia dei tempi sicuri e limitati con le risorse necessarie ad agire in giudizio, la riforma della giustizia sarebbe cosa fatta. E tutto funzionerebbe alla perfezione se la classe dirigente di questo paese offrisse l'impressione di avere capito che non si può invocare la giustizia per sé e negarla a tutti gli altri, e che dunque un modo equo e sensato di perseguire i reati, anche quelli dei ladruncoli e dei tossici recidivi e magari dei clandestini, è meglio di qualunque generico appello alla paura e alla sicurezza.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.