Se (e come) il Cav. ce la possa fare
Lo scopo dell'articoletto che state eventualmente leggendo è rispondere ad alcune sobrie domande, in genere occultate: l'avvenire del berlusconismo è forse alle nostre spalle? come si definisce in berlusconese una “missione compiuta”, un happy ending? quanto può durare in politica, sulla scena di una democrazia occidentale collegata agli establishment europei e americani, una anomalia sociale, culturale, civile e politica come quella rappresentata dal Cav. nella recente storia italiana?
Per essere chiari: abbiamo scommesso sul lieto fine di Berlusconi, amabilmente: il Cav., e non ci piace perdere (qualche volta sì, ma senza esagerare). Siamo amici e sodali dell'eccezionale leader in doppiopetto e bandana, con giudizio e dignità, e non ci piace comportarci slealmente né subire slealtà. Al massimo, per dirla con Edward Said, pecchiamo di “servile duttilità nella difesa della nostra parte”, ma nulla più. Succede, anche nelle migliori famiglie dalla schiena dritta. Lo scopo dell'articoletto che state eventualmente leggendo è rispondere ad alcune sobrie domande, in genere occultate: l'avvenire del berlusconismo è forse alle nostre spalle? come si definisce in berlusconese una “missione compiuta”, un happy ending? quanto può durare in politica, sulla scena di una democrazia occidentale collegata agli establishment europei e americani, una anomalia sociale, culturale, civile e politica come quella rappresentata dal Cav. nella recente storia italiana?
Anticipiamo subito le risposte: boh, chissà, forse, vedremo, e per adesso non ne sappiamo niente. Però coltiviamo il dubbio, naturalmente senza perdere la fede, che lo alimenta e ne è alimentata. Coltivare il dubbio da credenti appassionati è diverso dal rimasticare e nutrirsi del sospetto, introdurre illazioni e pettegolezzi di ogni genere, contro e a favore del Cav., in una sordida “anticamera della verità” (copyright Ennio Pintacuda S. I.). O magari rincorrere i venticelli calunniosi in una qualche fumeria d'oppio televisiva (copyright Mino Martinazzoli). Domandarsi quello che non è opportuno domandarsi, se cioè dopo una splendida cavalcata di quindici anni e traguardi bruciati sul filo ora si sia arrivati alla frutta, ecco un buon esercizio spirituale, tanto più se messo in alternativa alla via regia, più semplice, rozza, breve: trovare qualcuno a cui dare la colpa, un Fini, un Montezemolo, un D'Alema, un Casini, un Napolitano, un giornale, un conduttore, un magistrato collettivo o non-si-sa-chi-altri.
Attualmente il Cav. è sotto giudizio per corruzione in atti di giustizia nel caso Mills, condanna data per sicura, sebbene incapace di trasferirsi nel giudizio definitivo sul quale grava la prescrizione; ha un'ingiunzione di pagamento acrobaticamente e maliziosamente sentenziata a Milano, e temporaneamente sospesa, di 750 milioni di euri a favore di Carlo De Benedetti; un processo per i diritti Mediaset; uno detto Mediatrade; iniziative di recupero fiscale per centinaia di milioni; un oneroso processo di separazione e divorzio cum dinasty familiare. Alla terza prova di governo, dopo un tripudio di voti e lo sbaragliamento dell'avversario, in un Parlamento razionalizzato e in un sistema politico in cui il potere di coalizione rissoso e ricattatorio è fortemente ridotto, ecco che tutto si fa più difficile. Colpa di Fini oggi, come di Casini l'altro ieri, di Bossi nel '94? Ma non diciamo compiacenti scemenze.
Berlusconi si era presentato alle Camere, dopo la vittoria di aprile 2008, dicendo: cambiamo tutto, buttiamo a mare la guerra civile, restauriamo la serietà e la virtù della politica, e perfino certe sfumature di etichetta e di stile della Prima Repubblica dei partiti, e impegniamoci per la crescita del paese e per un conflitto civilizzato dentro la sua classe dirigente. La risposta l'ha data il Tribunale di Milano, prolungando ad personam i termini della prescrizione, che sarebbe una garanzia di buona giustizia valida per ogni cittadino, con un rozzo trucco nel processo Mills: la corruzione dell'avvocato del Cav. ha fatto data, improvvisamente, dal momento in cui il presunto corrotto ha messo i soldi sul suo conto e li ha spesi, non da quando li ha incassati sul conto del proprio studio professionale. Risultato: il lodo Alfano mediato da Napolitano, con roventi polemiche, poi una fragile tregua culminata il 25 aprile subito rotta dall'iradiddio della contestazione sessuofobica delle abitudini licenziose del Cav., infine la ghigliottina sul lodo e ora, ciliegina sulla torta, la necessità, film già visto, di una lunga e penosa battaglia parlamentare sulla legge ad personam, ad personam come le procedure penali e le sentenze figlie di pregiudizio, unico modo di ristabilire l'autonomia della politica democratica, affondata quando fu abolita l'immunità degli eletti del popolo a fronte della militanza ideologica giustizialista.
Quel che a noi piacerebbe è questo. Un Berlusconi che dice: “Basta leggi e leggine di tutela. Voglio una legge sull'immunità che ripristina l'articolo 68 della Costituzione e la divisione delle carriere e del Csm, subito. Voglio tre aliquote fiscali entro un anno e mezzo, pagate dall'aumento dell'età pensionabile come in Germania. E una sfilza di misure sociali, a partire da sanità e istruzione, che impongano il circuito responsabilità e libertà al posto di assistenza e corporativismo. Per il resto, vado ai processi, mi difendo spavaldo, incasso le previste condanne e le prescrizioni, e vado avanti a frittata rovesciata mettendo tutti sulla difensiva. Oppure, su questo programma si torna al voto”. Ma siamo ancora in tempo?
Il Foglio sportivo - in corpore sano