Chi processerà i più pericolosi assassini sulla faccia della terra

Giulio Meotti

Il principale imputato, Khalid Sheikh Mohammed, ha già confessato i propri crimini (2.993 morti) e ha chiesto di ricevere la stessa pena invocata dall'Amministrazione Obama: la morte. L'apparenza inganna però, perché il procuratore federale Preet Bharara si appresta ad affrontare uno dei casi più difficili della storia americana. Sarà lui a processare “i più pericolosi, feroci, meglio addestrati assassini sulla faccia della terra”, come ebbe a chiamarli l'ex ministro della Difesa Donald Rumsfeld.

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    Il principale imputato, Khalid Sheikh Mohammed, ha già confessato i propri crimini (2.993 morti) e ha chiesto di ricevere la stessa pena invocata dall'Amministrazione Obama: la morte. L'apparenza inganna però, perché il procuratore federale Preet Bharara si appresta ad affrontare uno dei casi più difficili della storia americana. Sarà lui a processare “i più pericolosi, feroci, meglio addestrati assassini sulla faccia della terra”, come ebbe a chiamarli l'ex ministro della Difesa Donald Rumsfeld. Sarà Bharara a rappresentare l'accusa nel processo ai terroristi musulmani che Obama vuole celebrare a Manhattan. Sono i detenuti di “platino” di Guantanamo Bay, che la Casa Bianca aveva promesso di chiudere per il 22 gennaio prossimo.

    Khalid Sheikh Mohammed è la mente che organizzò la missione suicida contro le Torri gemelle e sarebbe stato sottoposto per 183 volte al “waterboarding”, l'annegamento simulato, una tecnica di interrogatorio che l'Amministrazione Bush giudicava legale e che Obama ha riconosciuto come “tortura”. Mohammed è il terrorista più alto in grado a essere giudicato per l'assassinio di tremila americani. Gli inquirenti temono però che possa trasformare il processo in uno show islamista, come è già successo con Zacarias Moussaoui, il ventesimo uomo dell'11 settembre. “Non sono contento che tremila persone siano state uccise, ma in una guerra ci sono delle vittime”, ha già detto Mohammed. E' anche il leader di al Qaida perfetto per un processo. Pachistano cresciuto in Kuwait, Mohammed parla inglese e si è laureato in ingegneria alla North Carolina State University. Con l'11 settembre, ha detto Mohammed, si volevano “svegliare gli americani” sull'operato di Washington, a cominciare dal sostegno a Israele. Fra lui e Osama bin Laden c'è sempre stata forte rivalità, tanto che Mohammed si era rifiutato di firmare la “bayat”, il giuramento di fedeltà allo sceicco.

    Il procuratore di New York, Preet Bharara, è nato quarantuno anni fa in India e si è trasferito con la famiglia nel New Jersey. Studi a Harvard e alla Columbia University, Bharara si è fatto le ossa come avvocato penalista, prima di finire alla magistratura di New York, dove ha perseguito le famiglie mafiose Colombo e Gambino, i trafficanti di droga e le frodi a Wall Street. Democratico, non è inviso però ai repubblicani. Se il processo di Norimberga aveva il volto dell'immigrato russo Walter Rockler, il procuratore americano che inchiodò i gerarchi nazisti, il processo ad al Qaida vedrà protagonista un magistrato dall'albero genealogico multiculturale: il padre di Bahrara è sikh, la madre indù, musulmano il nonno paterno e di religione ebraica quella materna. Durante una cena organizzata dall'Anti-Defamation League, Bharara ha detto: “Il nostro ruolo è vendicare le vittime dei crimini”. Per questo è stato scelto da Obama.

    Oltre a Khalid Sheikh Mohammed, la “mente dell'11 settembre”, l'uomo che ha decapitato il giornalista del Wall Street Journal Daniel Pearl (“ho staccato la testa di Pearl”) e ha organizzato la strage di Bali, Bharara dovrà processare Ammar al Baluchi, decisivo nella preparazione dell'attacco alle Twin Towers; lo yemenita Ramzi Binalshibh; Walid bin Attash, saudita legato a Bin Laden e a capo del campo d'addestramento afghano dove si prepararono due dirottatori; e Mustafa al Hawsawi, uno dei due “cassieri” dell'11 settembre, l'uomo che riforniva di soldi i dirottatori. Quando sono stati arrestati, i cinque avevano i piani in tasca di un altro attacco alle città americane (“una seconda 11 settembre”), la distruzione di navi e petroliere americane negli stretti di Gibilterra e di Hormuz e nel porto di Singapore, un mega-attentato del canale di Panama, l'attacco all'edificio della Borsa di Wall Street, la distruzione della Sears Tower di Chicago, l'attacco con aerei di linea sauditi contro la città israeliana di Eilat, le bombe contro ambasciate “sioniste” e l'uccisione di Papa Giovanni Paolo II a Manila. Per questo i repubblicani accusano Obama di aver messo a repentaglio la sicurezza nazionale processando i terroristi in una corte civile, dove si dovrà tener conto di informazioni ottenute tramite tortura. Ieri il Wall Street Journal attaccava duramente: “Onorano un assassino di massa trattandolo come un criminale comune”. Obama dalla sua ha il richiamo affascinante e simbolico di una Norimberga dei terroristi islamici a pochi isolati da Ground Zero.

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    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.