Elogio della famiglia Cucchi
Gli avevano preparato la casa mentre Stefano stava in comunità, l'avevano arredata per lui, per la sua nuova vita da non tossico, la madre lo guardava e sentiva che stava bene, adesso, la sorella lo guardava e vedeva “tutta la forza che ha messo nel tirare fuori il meglio di sé”, il padre aveva deciso di regalargli una macchina a rate, così la sera poteva andare sempre a cena da loro, il nipotino diceva che quello era il suo zio preferito.
Gli avevano preparato la casa mentre Stefano stava in comunità, l'avevano arredata per lui, per la sua nuova vita da non tossico, la madre lo guardava e sentiva che stava bene, adesso, la sorella lo guardava e vedeva “tutta la forza che ha messo nel tirare fuori il meglio di sé”, il padre aveva deciso di regalargli una macchina a rate, così la sera poteva andare sempre a cena da loro, il nipotino diceva che quello era il suo zio preferito. Una famiglia molto unita, prima, capace di affrontare le cose brutte e tenersi stretta, una famiglia di sovrumana forza e compostezza adesso che Stefano Cucchi è morto e loro chiedono di conoscere la verità, di sapere perché un figlio ha smesso di respirare in carcere, in condizioni indescrivibili (“sono impazzito quando l'ho visto”, ha detto il padre piangendo senza lacrime), da solo.
Mentre fuori dalla porta c'era tutto l'amore del mondo in ansia per lui, una madre in attesa che viveva per lui e che ora è morta con lui, come ha detto lei stessa e come ogni madre ha pensato guardando quelle foto. Era un figlio fragile che non riusciva a uscire dallo schifo della droga, è una famiglia forte con padre, madre e sorella maggiore che si abbracciano e non danno colpe, non gridano la rabbia, ma fanno domande e aspettano, si dissociano dai violenti che tirano le bottiglie e urlano bestialità, offrono perfino solidarietà alla polizia, chiedono a tutti “di mantenere il nostro stesso contegno”.
Contegno eroico, gentile, commovente: la sorella di Stefano, intervistata all'Era Glaciale, splendeva di dolore e di dignità, ha spiegato a testa alta che la cosa più terribile è pensare che suo fratello si sia sentito abbandonato mentre moriva, abbandonato da loro che lo amavano. “Ha sofferto molto, ed era solo”. E' vero, è questo il peggio del peggio: non avere l'abbraccio della propria famiglia, anche dopo tutte le bugie, anche quando c'è un chilo di droga nascosto dentro un armadio, e il bilancino e qualcos'altro per preparare le dosi. Lui non voleva che loro lo sapessero. Loro l'hanno saputo perché sono andati a casa a piegargli i vestiti, a chiudere le finestre e a piangerlo ancora. “Non avevo mai visto della droga, se non nei film”, ha detto il padre. “Non ci eravamo accorti che ci era ricaduto”. Sono morti una seconda volta, ma hanno denunciato il ritrovamento di quel chilo di veleno e l'avrebbero fatto “anche se mio figlio fosse ancora vivo”.
Una famiglia d'acciaio che stava cercando di salvare la vita al proprio ragazzo tenendolo stretto nell'acciaio dell'amore. “Mio fratello non era né un eroe né un modello”, ha detto Ilaria Cucchi. Era suo fratello, è il mondo che crolla e non si sa come ci si potrà mai più rialzare, parlare, sorridere. Lei sorrideva mentre raccontava di quanto era buono Stefano che da bambino voleva proteggerla anche se aveva quattro anni di meno, lei non abbassava lo sguardo quando descriveva il corpo sul tavolo dell'obitorio. “Un dolore indicibile”, ma basta guardare i loro occhi per sentirlo addosso. Quel ragazzo è morto e la sua famiglia è diventata il simbolo di tutte le famiglie indistruttibili, impossibili da annientare.
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