Il Cav. richiama all'ordine il Pdl (e fa soffrire i finiani)

Salvatore Merlo

Il centralismo democratico “ma postmoderno” applicato al Pdl carismatico (copyright Gaetano Quagliariello), lo ha esplicitato Silvio Berlusconi in persona nel corso dell'ufficio di presidenza del partito. E lo ha fatto con queste parole: “Il Pdl e i suoi massimi organi votano e decidono a maggioranza. Questo avviene su ogni argomento. La minoranza o si adegua o è fuori dal partito”. L'area finiana, in mattinata, aveva polemizzato bruscamente sul richiamo alla disciplina di partito.

    Il centralismo democratico “ma postmoderno” applicato al Pdl carismatico (copyright Gaetano Quagliariello), lo ha esplicitato Silvio Berlusconi in persona nel corso dell'ufficio di presidenza del partito. E lo ha fatto con queste parole: “Il Pdl e i suoi massimi organi votano e decidono a maggioranza. Questo avviene su ogni argomento. La minoranza o si adegua o è fuori dal partito”. L'area finiana, in mattinata, aveva polemizzato bruscamente sul richiamo alla disciplina di partito e per il riferimento palese del berlusconiano Quagliariello a un'espressione, “centralismo democratico”, giudicata come un odioso reperto di archeologia industriale comunista. “La contrapposizione e il dibattito arricchiscono e si fanno anche fuori dagli organismi di partito”, hanno detto i finiani riferendosi alle polemiche sull'immigrazione, sulla laicità, sui diritti civili.

    Ma agli osservatori più smaliziati, specie quelli presenti a Palazzo Grazioli l'altra sera con Berlusconi, non è sfuggito che il richiamo all'ordine lanciato dal premier riguardasse soprattutto la giustizia. In modo particolare s'indovinava il sospetto berlusconiano che la richiesta di non porre la fiducia sulla Finanziaria, avanzata da Fini, sottointendesse una più generale rivendicazione di libertà sul dossier giudiziario. Cosa che il Cav. non potrebbe mai accettare perché,  lo ha detto lui stesso, “c'è una manovra per far cadere il governo. Una parte delle toghe ha preso una deriva eversiva. Il processo breve va portato a termine e la riforma della giustizia pure”. Concetti riproposti in una risoluzione politica del Pdl che da oggi impegna tutta la maggioranza a stringersi attorno a Berlusconi per sciogliere il rimosso giudiziario d'Italia. Tuttavia non sembra che il cofondatore del Pdl e presidente della Camera, Gianfranco Fini, intenda (o abbia interesse a) ostacolare la messa in sicurezza del Cav. dall'assedio giudiziario, tanto più che – dicono i finiani – le aperture sulla giustizia manifestate ieri da Luciano Violante e Lanfranco Tenaglia del Pd “sono anche un successo della mediazione di Fini”.

    Quanto al resto, cioè alla riedizione in chiave berlusconiana del vecchio centralismo democratico, l'opzione è respinta al mittente dall'universo finiano. “Il Pdl è un partito carismatico, non si può immaginare di organizzarlo come fosse il Pci, che era al contrario un partito democratico e burocratico all'unisono”, spiega Benedetto Della Vedova. “Tocca al leader – aggiunge l'ex radicale – tocca a Berlusconi fare sintesi all'interno di un dibattito che è bene si svolga anche per rivoli esterni alla macchina del partito: su Internet, sui giornali, nelle fondazioni”. Nelle fondazioni, appunto. Come FareFuturo, il think tank presieduto da Fini che ieri ha replicato con la faccia cattiva a Gaetano Quagliariello, il quale, attraverso il Foglio, ai finiani aveva ricordato una vecchia norma fissata da William Ewart Gladstone: “Tra il proprio partito e la propria coscienza, un gentiluomo sceglie sempre il partito”.
    Dice al Foglio Filippo Rossi, il corsivista polemico della fondazione (si è autodefinito “Giamburrasca”): “Questa è una logica perversa. Tanto più che nessuno mette in dubbio le questioni davvero dirimenti come la leadership di Berlusconi, per esempio. Io mi chiedo: chi è che tradisce l'idea di Popolo della libertà, chi alimenta il dibattito o chi teorizza la disciplina?”.

    Aggiunge Della Vedova: “Questa del centralismo democratico è una posizione che non regge. Non solo perché è antimoderna, ma soprattutto non si giustifica perché nessuno degli argomenti sollevati dalla cosiddetta area finiana è stato mai esiziale o ha toccato aspetti che potevano mettere in forse la solidità del governo”. Neanche sulla giustizia? “Sulla giustizia Fini c'è. Ed è leale: ha detto ‘sì' al lodo Alfano, ha detto ‘sì' al lodo sul legittimo impedimento, ha detto ‘sì' al processo breve”. Un finiano doc come Silvano Moffa ha anche presentato un testo di legge per la reintroduzione dell'immunità parlamentare. “Ecco, appunto. Ma mi spiegate dov'è il problema tra Berlusconi e Fini?”.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.