Perché la bomba finiana in un bicchier d'acqua non farà esplodere il Pdl

Salvatore Merlo

“Più del fuori onda di Fini, mi preoccuperei di quello che dice Bossi”. Pier Ferdinando Casini, da spettatore non del tutto disinteressato, e da una posizione sempre più vicina a Silvio Berlusconi, ieri ha consegnato un suggerimento al Cav.: “Il fatto eclatante non sono le dichiarazioni di Fini, che ha detto in privato ciò che dice in pubblico. Ma le parole di Bossi, che ha ricordato come Berlusconi sia un leader a sovranità limitata perché senza i voti della Lega andrebbe a casa”.

    “Più del fuori onda di Fini, mi preoccuperei di quello che dice Bossi”. Pier Ferdinando Casini, da spettatore non del tutto disinteressato, e da una posizione sempre più vicina a Silvio Berlusconi, ieri ha consegnato un suggerimento al Cav.: “Il fatto eclatante non sono le dichiarazioni di Fini, che ha detto in privato ciò che dice in pubblico. Ma le parole di Bossi, che ha ricordato come Berlusconi sia un leader a sovranità limitata perché senza i voti della Lega andrebbe a casa”. Tradotto vuol dire: attenzione, esasperare un conflitto dal sapore terribilmente impolitico con Fini avrebbe la conseguenza di spostare gli equilibri a vantaggio della Lega.

    Il messaggio è arrivato a Palazzo Grazioli dove, tuttavia, si stavano facendo ragionamenti opposti. Tutti consigliano prudenza ed è chiaro che nulla d'irrimediabile accadrà nel Pdl: nessun voto di sfiducia né irricevibili inviti a Canossa per Fini. I richiami perentori alla disciplina (Daniele Capezzone e poi Claudio Scajola) vengono sempre di più sostituiti da barlumi di resipiscenza politica (“se ci sono incomprensioni si chiariranno”, ha detto Angelino Alfano). Ma nella cerchia più ristretta del premier si dice pure che “la diarchia nel partito non è più possibile”. Ad onor del vero, non c'è mai stata una cogestione Fini-Berlusconi, ma dal punto di vista psicologico l'immagine dei due consoli da oggi forse non potrà più essere nemmeno propagandata. Lo dice Gaetano Quagliariello: “Fini è un battitore libero”.

    Gli osservatori descrivono l'irritazione di Berlusconi e la reazione non meno nervosa di Fini, con telefonata martedì sera a Ballarò, come “un dissidio essenzialmente umorale”. Pare infatti che il cofondatore del Pdl si sia pentito di quella telefonata, che ha alimentato le polemiche. Così come è indubbio che nelle ore successive alla pubblicazione del suo incauto fuori onda sul sito di Repubblica, Fini avesse manifestato l'intenzione di assumere un “basso profilo”. Un proposito poi archiviato d'impeto, dopo le prime agenzie dei berlusconiani che lo attaccavano. E il fuori onda? “Uno scivolone di cui qualcuno avrebbe fatto meglio a non approfittare”.
    Fini è intervenuto oggi, a Rimini, all'inaugurazione del primo salone della giustizia. Ieri ha evitato ogni riferimento diretto alle polemiche: “Essere super partes non vuol dire rimanere estranei al confronto delle opinioni”. Un ipotetico chiarimento tra i fondatori del Pdl, ammesso che sia previsto, non sembra potrà avvenire in tempi rapidi per gli impegni del premier. Entro due settimane, tuttavia, andranno chiusi ufficialmente gli accordi sulle regionali.

    Sarà anche vero, come obiettano dal Palazzo berlusconiano,
    che “i fatti caratteriali sono ‘la politica'” e che “non si può fare troppa fronda culturale a Beirut”. Ma l'analisi delle ultime mosse del presidente della Camera smentisce la tesi del complotto (che non convince persino alcuni dei berlusconiani) e descrive piuttosto un Fini leale sul vero snodo della legislatura, la giustizia. Esempi? Il sì al processo breve, la proposta di un lodo Alfano costituzionale, la disponibilità sul legittimo impedimento. E l'incoraggiamento a proseguire sulla bozza Violante, manifestato da Fini poche settimane fa in un incontro privato con Pier Luigi Bersani, pare abbia contribuito a rassicurare la segreteria del Pd nel progressivo smarcamento dal fronte giustizialista. Non bastasse, la parola d'ordine lanciata ai finiani nei giorni scorsi era: “State buoni, se potete”. Indicazione estesa a tutti i dossier pericolosi, dalla Finanziaria alla legge sulla cittadinanza

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.