Ah, se ci fossero masculi così

Annalena Benini

Braccia sottratte allo strofinaccio. Vedove del ferro da stiro senza più scale da lavare. Forse non sono altro che questo le signore in aria di carriera, tutte le femmine dell'occidente benestante, rispetto all'esercito di collaboratrici familiari – se è vero che ‘un servo è un padrone rivestito'”. Sono le non più “Fimmini, Ammirarle, decifrarle, sedurle” (Mondadori) di Pietrangelo Buttafuoco, ragazze in competizione e lite con le cameriere (anzi colf, o collaboratrici domestiche: peggio di gay, dice Buttafuoco).

    Braccia sottratte allo strofinaccio. Vedove del ferro da stiro senza più scale da lavare. Forse non sono altro che questo le signore in aria di carriera, tutte le femmine dell'occidente benestante, rispetto all'esercito di collaboratrici familiari – se è vero che ‘un servo è un padrone rivestito'”. Sono le non più “Fimmini, Ammirarle, decifrarle, sedurle” (Mondadori) di Pietrangelo Buttafuoco, ragazze in competizione e lite con le cameriere (anzi colf, o collaboratrici domestiche: peggio di gay, dice Buttafuoco).

    Allora Mara Carfagna, ministro per le Pari opportunità, si è lasciata andare a un colpo di genio con sussulto di ironia: “Un giorno, semmai me ne verrà l'ispirazione, io scriverò Masculi. Sottotitolo: ‘Guardarli, capirli, educarli'”. Non ci basterebbero tutti i rotocalchi e le soap opera del mondo (perché mai ambiremmo, noi femmine, alle vette di un romanzo o ancora peggio di un saggio) per raccontare gli uomini dell'occidente benestante. Si potrebbe cominciare così: “Braccia sottratte al calcestruzzo. Vedovi della zappa in crisi davanti a un chiodo da attaccare al muro. Prede di immensi sconforti quando si tratta di far funzionare la caldaia. Pallidi (o peggio, abbronzatissimi) intellettuali di grido che porgono mani mollicce, spettegolano come servette, lamentano persecuzioni, scompaiono al momento del conto, hanno dimenticato il portafogli a casa assieme a quel che resta del rigonfiamento dei pantaloni, non se la sentono di spostare la macchina e offrono in cambio il numero privilegiato del radiotaxi, mandano messaggini con faccette tristi e puntini di sospensione, hanno bisogno di riposo e di mascherine sugli occhi, tengono accanto allo spazzolino da denti la crema antirughe, hanno paura la sera quando tornano a casa soli, si dichiarano femministi, si commuovono davanti a cortei anti sfruttamento, sospirano che per i giovani è meglio lasciare il paese, si preoccupano per il precariato, si informano sulla clitoride, prendono tranquillanti, vogliono sentirsi amati e compresi, confidano le infelicità alle amiche transessuali nel post coito abbarbicati a gigantesche tette dure di silicone, e piangono”.

    Per ogni fimmina che va a corsi di flamenco, torna a casa sola la sera e tiene la luce accesa tutta la notte per paura dei ladri e degli zingari, per ogni ex ragazza che aspetta trepidante e infelice l'uomo che via sms le ha annunciato di aver trovato il tempo per una veloce botta e via, per ognuna di queste donne senza amore raccontate con poesia e romanzo da Buttafuoco, c'è un mezzo uomo appassionato di design e spaventato dalla pandemia di influenza A. Solo così, ammettendo il povero scenario della maschitudine perduta, si può parlare di femmine come vorremmo essere e non siamo più, e possiamo ridere perfino quando Buttafuoco scrive: “E pensate: anni ed emancipazioni per approdare all'involuzione del femminile. Sono signore che si comportano come uomini ed è per questo che fanno le cose più maschie: fumano, ostentano, si sbatacchiano, sbattono al muro la più ghiotta tra le prede di una sera. Nel segno maldestro della rappresentazione caricaturale”. Descrive abitucci zebrati, sconcezze malinconiche, fili di perizoma incastrati nelle chiappe, spartizioni del corpo con chiunque. “Anni e dibattiti sul femminismo per piegare le donne alla deturpazione botulinica del corpo e farle simili a indistinti transessuali, ovvero macchine da fottere senza più cicce e morbidezze, ma solo e solamente buchi”.

    Anni e anni di fatica mostruosa per venire infine descritte così, con la certezza che dev'essere vero, se perfino Nicole Kidman, che Buttafuoco descrive come bionda siderale, “donna dall'incantevole schiena”, simbolo del ritorno della femmina e dell'origine del mondo, all'improvviso si volta e offre soltanto un viso gonfio e lucido, una fronte immobile, labbra come canotti, guance sporgenti e aria eternamente stupita o pestata, infine la promessa che nel prossimo film interpreterà il ruolo che più le si addice, quello appunto di un transessuale (si apre a Hollywood un nuovo mercato cinematografico per le signore che lamentano di non vedersi offrire belle parti dopo i trent'anni: saranno tutte e con naturalezza splendidi travestiti cupi e colorati, senza rughe e senza età, racconteranno solo con il non movimento degli zigomi, quel che è accaduto alle donne e soprattutto agli uomini).
    Buttafuoco però guarda avanti e assicura che tutta questa gomma è già finita, “tutto il femminile che s'è fatto mercato con pezzi di ricambio – seni a bomba da costruzione chirurgica del genere, labbroni penduli, paccottiglie da porno shop, ghiottonerie da fast food per impotenti – adesso brucia fra gli esorcismi”. Tornano le fimmini, quelle che non se ne sono mai andate (secondo lui “come gli scogli di Acitrezza insensibili alle mode delle maree”), quelle impossibili da parodiare, quelle che fanno innamorare e strappano baci e sospiri, donne maliziose che avendo già conquistato tutto non hanno più bisogno di dimostrare nulla e allora possono “perfino imparare a cucinare e rammendare calzini, possono dunque ricominciare dalla pratica d'economia domestica senza temere di scadere nello stadio prefemminista”.

    Nel frattempo allora, mentre qui si rammendano calzini e lavano mutande, sempre in nome delle Pari e Allegre Opportunità, visto che Buttafuoco dichiara in un Post Scriptum: “Va da sé che la posizione politica dell'autore di questo libro è comunque sufficientemente superstiziosa e quindi rispettosa di tutte quelle idee che sono proprie della modernità, perfino dei due minuti di tigì da far fare alle donne, se necessario”, ci si permette di suggerire qualche piccolo mutamento, accorgimento, medicamento, per gli amati uomini così eccessivamente modernizzati, così eternamente vittime delle erinni, così tristemente costretti a cercare, come dicono gli psicologi maschi, focolari alternativi, quelli con gli omoni che cucinano torte di mele: noi prepariamo il risotto, voi attaccate il decoder e sintonizzate i canali; noi strofiniamo le vostre camicie con acqua fredda e sapone di marsiglia facendo attenzione a colletto e polsini, voi aggiustate l'anta di legno dell'armadio; noi vi sorridiamo, voi non grugnite annodandovi sciarpe color malva. Noi sapremo sembrare timide e tutte sguardi e misteri, voi mostrateci però, per pietà, la vostra smania di conquista (bisogna riscrivere tutte le regole del galateo, signori: una donna non corteggia, ma viene virilmente adocchiata, fissata, cercata, regalata, sospirata, chiamata, aspettata, assediata, scongiurata, ignorata e infine assaltata e soggiogata). Vale per tutte, democratiche e meno democratiche, carrieriste e fieramente casalinghe, principesse e popolane, moderne e reazionarie, carlebruni e “ciabatte malscopate”, come definisce Buttafuoco certe signore disperate ai corsi di flamenco. Quelle che per lui sono le regole di seduzione di una donna di sinistra sono in realtà leggi di conquista universali, le uniche certezze rimaste: “La prima, fondamentale regola per sedurre una donna di sinistra sarebbe liberarla dall'essere di sinistra. Rose, inviti a cena, e poi custodirne il nome, proprio perché amato, nel ‘fulgore di una bolla scintillante'. Insomma: tutto il repertorio della galanteria talebana, e quindi offrire la precedenza, spazzarne il malumore, fabbricare per lei un orizzonte dove potersi mostrare ‘piacente a chi la mira'”.

    Nelle sere tempestose portale delle rose, nuove cose, poi spazzarne il malumore soprattutto, ma anche la precedenza è importante, per farle capire che è più preziosa, almeno in quell'istante, del compagno di calcetto, del cane, della macchina in divieto di sosta, delle pubbliche relazioni, dei doveri di carriera. “La seconda regola per sedurre una donna di sinistra è, precisamente, quella di evitare il pericoloso alfabeto catastrofico-penoso delle donne di sinistra, che quando decidono di aprirsi all'amore vogliono “discutere” – vogliono discutere per decidere”. Va bene, lei starà assai volentieri zitta se voi sarete in grado di parlare, senza troppi “cioè”, “surreale”, “incredibile”, “kafkiano”, lei non aspira ad altro che a poter finalmente tacere e lasciar fare, a riposarsi almeno mentre viene corteggiata. “Terza regola sarebbe non decidere, o meglio: non dare alla donna di sinistra nessun margine di decisione. Neppure quando, inavvertitamente, con gravità dannunziana, la mano arriverà al fondo della schiena”. Ossantinumi, qui dipende dalla mano (astenersi sudaticce, appiccicose, tremanti, inanellate). “La quarta regola, spregevole e perciò gradita, vuole l'altra mano aggrappata alla nuca – respiro contra respiro –, sicché la quinta regola spalanca nella coscienza progressista il disgusto di avere a distanza assai ravvicinata il più orrido dei figuri, l'articolo più vistoso dell'impresentabilità sociale”.

    L'impresentabilità sociale, di questi tempi, è passata talmente in secondo piano, superata da troppi uomini che non amano le donne, che molte belle signore illuminate, sinceramente democratiche, progressiste e un tempo assai snob, trovano adesso irresistibile Fabrizio Corona. Per contrasto, per sfinimento, perché non sembra morto, perché è pronto a fare a botte, e perché c'è da vergognarsi, come giustamente scrive Buttafuoco: “La donna di sinistra, infatti, è felice vergognandosi, felice solo con un uomo per cui le amiche, immancabilmente le diranno: ‘Ma come fai, con un mostro simile?'”. Ma come fai, con un mostro simile, è il segno che è amore e che le amiche anche non di sinistra sarebbero pronte a tutto per vergognarsi al posto suo.
    Il meglio di “Fimmini”, però, deve ancora arrivare, e sono le righe più romantiche mai lette, scritte “dal bruto cuore brutale di un bruto come te” (avrebbe detto Sylvia Plath). Sono le parole per le donne amate o sognate, le dichiarazioni d'amore e gli abbracci sotto la pioggia, le schermaglie, i baci, gli inseguimenti di un uomo orgoglioso di offrire il braccio a una signora con cui far sfoggio di felicità in un ristorante, in una strada, davanti a un taxi. Uno che quando va in giro con il suo naso radar si dedica al solito passatempo: guardare le donne e considerarle irraggiungibili, quindi rincorrerle con entusiasmo.

    Sono frasi che insegnano più di tutte le regole. Bisogna costringere i masculi a mandarle a memoria. “Torni dal parrucchiere venendone fuori con un taglio a capocchietta o, meglio, a Spennacchiotto. Adoro i tuoi capricci e io, che sono uno rozzo, di mio ho approntato tutta una cultura di abiti e borse per far man bassa di cosucce. Cosucce tutte per te. Adoro quando ti racconto dei cappotti visti a Venezia: ‘Mi sarebbe piaciuto comprarteli'. Ecco, tu mi correggi: ‘Non mi venire a parlare di cose belle che vedi e che non mi compri. Spendi i soldi, portamele e basta'. Ecco, così ti adoro”. Ecco, così ci si adora. “‘Devi smetterla con tutte queste che mi assomigliano'. Anche mia cugina mi ricorda te. Ho scoperto che guardo le donne, ma con la meraviglia continua di non trovarne una più bella di te: ‘Tu finisci male. Un giorno, puf, non mi troverai più. Oppure ti farò a pezzettini, ti pesterò come si fa con l'uva e lascerò la tua poltiglia così, dimenticata. I passanti non si fermeranno neppure, e diranno: ha fatto bene lei, lui è un maiale”. Bisogna tenere accesa la guerra, tenere distinti i sessi, costringere i maschi a restare maschi e le donne a non essere mai maschi: non soltanto non lasciare che saldino i conti del bar o che montino una libreria ikea, ma alzare sempre la testa vedendole entrare, tenere l'ombrello, rubare baci.

    Le ragazze possono imparare qualcosa da Carmen Llera, vedova Moravia che, scrive Buttafuoco, “fu gatta – quella che quando cammina si trascina il topo – e maestra indiscussa del dare buca, del gattamortismo, del negarsi, dell'arrivare e del non arrivare, di cui apparecchiò le più spericolate varianti”. Carmen Llera però non rammendava calzini e non cucinava, nemmeno mangiava, anzi “pare che non abbia mai messo piede in un supermercato e nel suo frigorifero, ancora oggi, tiene due bottiglie di Veuve Clicquot e due mele”. Si può essere fimmine siderali anche senza il tardivo recupero dell'economia domestica, allora, si può essere masculi degni di sguardo e per i quali inscenare una fuga di conquista semplicemente amando le donne, come nell'avanspettacolo: “Donna, tutto si fa per te” e come nella canzone di Enrico Ruggeri su quello che le ragazze non dicono: “E' difficile spiegare certe giornate amare, lascia stare, tanto ci potrai trovare qui”.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.