2010 odissea in Vaticano

Sei cardinali in pensione, Bertone invece resta e prova a rifare la curia

Paolo Rodari

E' con il nuovo anno che la curia romana cambierà volto. Tra i sei capi dicastero di curia in età pensionabile l'unico sicuro di restare al proprio posto è Bertone. La cosa non avviene per una qualche deroga prevista ai sensi del diritto canonico bensì perché il Papa ha deciso così. Di per sé, infatti, anche il segretario di stato, come tutti gli altri capi dicastero, al compimento dei 75 anni non è inusuale che lasci. Nei mesi scorsi sono stati alcuni cardinali ad avanzare al Papa qualche riserva attorno all'operato della segreteria di stato.

    E' con il nuovo anno che la curia romana cambierà volto. Da quando il cardinale segretario di stato vaticano Tarcisio Bertone ha compiuto 75 anni (lo scorso 2 dicembre), sono sei i porporati a capo di “ministeri” della Santa Sede a essere entrati in età pensionabile. C'è il prefetto dei vescovi, il cardinale Giovanni Battista Re, che compie il prossimo 30 gennaio 76 anni. C'è il prefetto del clero, il cardinale Claudio Hummes, che in agosto ne compie anch'egli 76. C'è il presidente del pontificio consiglio per l'unità dei cristiani, il cardinale Walter Kasper, che a marzo ne fa 77. C'è il prefetto dei religiosi, il cardinale Franc Rodé, che a settembre compie 76 anni. E, infine, c'è il cardinale Raffaele Farina, archivista bibliotecario di santa romana chiesa, che a settembre va per i 77. La prassi è nota. Per volere di Paolo VI tutti i cardinali e i vescovi devono presentare le dimissioni al Papa al compimento dei 75 anni. Dimissioni che il Papa si riserva di accettare o no.

    Tra i sei capi dicastero di curia in età pensionabile l'unico sicuro di restare al proprio posto è Bertone. La cosa non avviene per una qualche deroga prevista ai sensi del diritto canonico bensì perché il Papa ha deciso così. Di per sé, infatti, anche il segretario di stato, come tutti gli altri capi dicastero, al compimento dei 75 anni non è inusuale che lasci. Nei mesi scorsi sono stati alcuni cardinali ad avanzare al Papa qualche riserva attorno all'operato della segreteria di stato. Si era in piena bufera lefebvriana. Il Papa aveva da poco revocato la scomunica al vescovo lefebvriano Richard Williamson, presule negazionista sulla Shoah. Si scatenarono proteste che portarono vescovi tedeschi, austriaci, ungheresi e svizzeri a ipotizzare le dimissioni di Bertone. Pochi mesi dopo avvenne un summit segreto a Castelgandolfo. A pranzo col Papa andarono i cardinali Angelo Bagnasco, Camillo Ruini, Angelo Scola e Christoph Schönborn. E, sebbene la cosa non sia mai stata confermata, pare che anche della gestione della curia si sia parlato. Ovvero delle difficoltà di governo della segreteria di stato.

    Ma i malumori sono anche altri e provengono direttamente da alcune conferenze episcopali. Non è un mistero che la politica “ultraconcordataria” promossa dalla segreteria di stato nei confronti dei governi dei paesi del mondo non sia digerita da parte della conferenza episcopale italiana, da quella americana e da alcuni presuli più abituati a combattere contro governi nemici piuttosto che a trattare (tra questi il cardinale cinese Giuseppe Zen Zekiun il quale, a differenza di Bertone, ritiene che la chiesa clandestina non debba alzare bandiera bianca nei confronti di Pechino). Sull'Italia pesa la lettera che Bertone mandò a Bagnasco nei giorni in cui venne chiamato a sostituire Ruini alla guida della Cei: Bertone avocò a sé ogni rapporto con la politica ponendo, di fatto, una pietra sopra la linea interventista dei vescovi italiani portata avanti per anni dal cardinal Ruini.

    Spiega Benny Lai – è sua la prima tessera da vaticanista firmata negli anni 50 dall'allora sostituto alla segreteria di stato Giovanni Battista Montini – che “siamo passati da un pontificato in cui a governare erano Stanislaw Dziwisz e Angelo Sodano a un pontificato in cui il Papa governa poco e chi ha attorno non lo sostiene a dovere. E la cosa avviene nonostante dopo gli anni wojtyliani, quelli dei grandi viaggi e delle intuizioni profetiche, tutti si aspettassero un pontificato di governo”.

    Giancarlo Zizola, commentatore di cose vaticane, fa una considerazione e pone una domanda: “Benedetto XVI ha voluto farsi un'equipe di collaboratori pescando tra gli uomini che aveva a fianco quando era alla dottrina della fede. Mi domando: è uguale governare una congregazione e governare l'intera curia romana? Non cambia di parecchio la visuale di coloro che dall'ex Sant'Uffizio vengono portati in cima alla curia romana?”. Nel 2010, comunque, non si verificherà quanto avvenne nel 2006. Allora il cardinale Edmund Casimir Szoka, presidente del governatorato, doveva andare in pensione. Chiese di restare fino a quando il coetaneo Sodano non avesse lasciato. Fu accontentato. E il 15 settembre di quell'anno, a lasciare furono in due, lui e Sodano. Oggi pare che i porporati in età pensionabile non intendano avanzare richieste di questo genere. Re, Kasper, Hummes, Rodé e Farina chiuderanno insigni carriere in ordine sparso.