Da Santoro ai piccoli giornali, è esploso il narcisismo paranoico

Annalena Benini

L'altra sera, alla fine di Annozero, Michele Santoro, sentendosi il Papa, ha fatto gli auguri di Natale a Silvio Berlusconi e a Gaspare Spatuzza, per sobrietà soltanto in italiano. E Antonio Polito, sentendosi ferito nel'onore, non è andato ad Annozero per non incontrare Marco Travaglio, col quale litiga appassionatamente via giornali, sempre perché telefonarsi non va più di moda, e sicuri che la storia si fermi, attonita, in attesa di sapere a che punto è la guerra.

    L'altra sera, alla fine di Annozero, Michele Santoro, sentendosi il Papa, ha fatto gli auguri di Natale a Silvio Berlusconi e a Gaspare Spatuzza, per sobrietà soltanto in italiano. E Antonio Polito, sentendosi ferito nel'onore, non è andato ad Annozero per non incontrare Marco Travaglio, col quale litiga appassionatamente via giornali (il Riformista “ha più vicedirettori – quattro – che abbonati”, secondo Travaglio, e Travaglio, secondo Polito, “fa fiction, fa l'attore, essendo anche un po' fighetta”), sempre perché telefonarsi non va più di moda, e sicuri che la storia si fermi, attonita, in attesa di sapere a che punto è la guerra.

    Marco Travaglio, sentendosi non solo un sex symbol ma anche un simbolo di libertà aggredita dagli squadristi al governo, è protagonista di una raccolta di firme dal titolo: “Senza Marco Travaglio, ci sarebbe molto più buio”, anche se il successo appellistico di Roberto Saviano non è nemmeno avvicinabile, e soprattutto il conteggio giornaliero ossessivo di quanti hanno firmato comincia a stancare (Francesco Piccolo, scrittore, editorialista dell'Unità e habitué degli appelli ha scritto: “Ho deciso di non firmare più nulla”).

    Mentre il Manifesto continua a sentirsi l'ultimo baluardo della libertà, aggredito da un governo censore che vuole togliere i fondi. Tutti eroicamente “sotto tiro” di qualcuno o di qualcosa: capigruppi di partito, clima avvelenato, colleghi invidiosi, truccatrici impietose, giornali nemici. C'è una specie di esplosione narcisistica e vagamente paranoica, una personalizzazione totale degli avvenimenti, una parodia della parodia della stracitata scena in cui Nanni Moretti chiede come lo si nota di più. Questo è il nuovo ombelico del mondo: guardarsi l'ombelico e descriverlo in televisione, o negli editoriali, andare o non andare, e se non si va spiegare il perché, sentirsi nel corso della storia, ma senza mai guardarsi dietro per controllare che ci sia qualcuno, totalmente immersi nella metafisica del giornalismo d'assalto.

    Sul Riformista di venerdì, dedicato a Marco Travaglio e Michele Santoro, Antonello Piroso si lamentava che il giornale di Antonio Padellaro (Il Fatto quotidiano, non tutti lo sanno) lo ritenga un censore di qualcosa, quando lui, Piroso, aveva invitato spesso Padellaro in tv mentre era disoccupato, dimostrando quindi di non censurare mai. Ma trovandosi al centro della storia percepita, Piroso dà consigli al direttore del Riformista sul contegno da tenere nei confronti di Travaglio. Insomma, approfitto del solco per lanciare un appello mondiale che mi auguro non venga censurato contro la mia vicina di scrivania che porta in redazione soltanto panettoni biologici e vuole censurare quelli buonissimi pieni di esaltatori di sapidità.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.