Come fare buon uso del 2010 e vivere più o meno felici

Giuliano Ferrara

Come si fa a fare buon uso del 2010? Non è facile, ma possiamo provarci. Ricorrendo ai soliti buoni propositi, appena adeguati ai tempi e allo spazio in cui viviamo. Politica. Ridurne l'ingombro e la pomposità. Un numero sempre maggiore di ore senza parlare di politica, leggere di politica, fare politica in pubblico e in privato. Non per negare la dimensione caritativa e sociale, culturale, ludica, allegorica, essenziale dell'arte politica sempre necessaria.

    Come si fa a fare buon uso del 2010? Non è facile, ma possiamo provarci. Ricorrendo ai soliti buoni propositi, appena adeguati ai tempi e allo spazio in cui viviamo. Politica. Ridurne l'ingombro e la pomposità. Un numero sempre maggiore di ore senza parlare di politica, leggere di politica, fare politica in pubblico e in privato. Non per negare la dimensione caritativa e sociale, culturale, ludica, allegorica, essenziale dell'arte politica sempre necessaria. Ma per recuperare pudore, combattere le esagerazioni, le demenze linguistiche, la tremenda slavina di parole morte, di formule da anni agonizzanti, per liberarsi di dialoghi, inciuci, parodistiche guerre civili contro il diavolo in persona, e tornare alla nudità dello scambio utile, della buona amministrazione, dell'organizzazione seria degli interessi in campo, del compromesso ben congegnato e della lotta anche simbolica condotta in modo scabro, senza turgori fondamentalisti.

    Economia. Considerare quanto poco sia durata la famosa crisi generale del capitalismo.
    Per “crisi generale” intendo la reviviscenza dello schema interpretativo apocalittico, quello profetico di Karl Marx, che associava all'anatomia della società civile e alla analisi della merce e del denaro l'idea di uno stato che si dissolve, di un uomo che si rinnova e si libera realizzando il paradiso in terra, conquistando contro mercato e profitto una vera, compiuta, meravigliosa e differenziata umanità libera. Balle. Non c'è sviluppo, ricchezza sociale, se non ci siano contemporaneamente libertà individuale e responsabilità, se non si realizzino quel movimento degli interessi, quella ricerca del profitto che sono il combustibile, mercatismo o no, di una società economicamente funzionante. Non era il 1929, non era il collasso quel che abbiamo visto l'anno scorso: era una crisi finanziaria, un fallimento di strategie bancarie globali, un picco di turbolenze, tutte cose che potevano essere curate, e lo sono state, anche con un forte intervento di ultima istanza dei poteri bancari centrali e dei governi nazionali, in coordinamento tra loro; ma alla fine ripresa e crescita dipendono dalla salute di banche e imprese nel perseguimento di scopi di mercato, regolati dal mercato e dunque sempre un po' sregolati ed esposti alla speculazione e agli eccessi.

    Volere un capitalismo senza eccessi, un mercato senza un principio di anarchia, è proporsi una missione impossibile. Informazione. Che il 2010 sia l'anno delle grandi pulizie. Anche nella “barra dei preferiti”. Anche nelle scelte che si fanno all'accensione del computer o dello smart phone (You got mail!). La mente individuale e collettiva deve tenersi sgombra. La rete imbriglia le facoltà. E' un grande strumento di liberazione dai limiti della conoscenza, ma non le è estraneo un elemento di impostura, di vizio, di abbrutimento informativo, educativo, direi perfino di demenza (e niente è più pericoloso della demenza giovanile, ché quella senile è nel conto da secoli, più o meno sappiamo come regolarci). Fare pulizia vuol dire esercitare un dominio pieno e fermo su qualcosa che per definizione tende a espropriare il tuo tempo, a segmentare la tua intelligenza delle cose, a farti perdere la sfericità umanistica di un vero processo di conoscenza, con il suo ordine di priorità, la sua gerarchia piramidale e non reticolare, la sua essenza orale e conversativa. Stato del mondo. Il fatto dell'undici settembre 2001 è stato il cuore regolativo della lettura del mondo nel primo decennio del secolo XXI, né poteva essere altrimenti. Questo fatto non svanisce, purtroppo, e non si compone nella memoria che consola. Fra un anno e mezzo commemoreremo il decennale del bombardamento islamista delle capitali dell'occidente, ma ho l'impressione che ci trascineremo dietro le icone formidabili della sfida di civiltà ben oltre le commemorazioni.

    Sono icone mobili, sono facce inquiete che si agitano dietro le quinte: niente sarebbe più bello e consolante di poter dire: l'allarme è rientrato e la guerra è finita. Ma non è così, almeno per noi realisti. Dannazione, benedizione. Il mondo moderno può fare a meno del diavolo in senso teologico, forse, ma non del concetto laico di dannazione, di lotta tra bene e male, di ingaggio del destino in una scommessa sull'esistenza: senza di questo, tutto si banalizza. Possiamo perfino fare a meno di Dio, di cui l'alto clero e i dotti discutono in convegni a un tiro di schioppo dagli appartamenti apostolici, ma non di una ragione libera da ogni idolo, perfino quello di Darwin. Il 2010 dovrebbe essere l'anno della libertà di religione intrecciata con la libertà di ragione.
     

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.