Casini triangola con Fini e D'Alema per le regionali, ma con qualche inciampo

Claudio Cerasa

Sono sempre di più i dirigenti del Partito democratico convinti che dietro le trattative sulle candidature delle prossime regionali vi siano alcune mosse in base alle quali si intravede un filo sempre più robusto che lega tre fra gli uomini più vivaci della maggioranza e dell'opposizione: Massimo D'Alema, Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini.

    Sono sempre di più i dirigenti del Partito democratico convinti che dietro le trattative sulle candidature delle prossime regionali vi siano alcune mosse in base alle quali si intravede un filo sempre più robusto che lega tre fra gli uomini più vivaci della maggioranza e dell'opposizione: Massimo D'Alema, Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini. E in queste ore i segnali dell'esistenza di una liaison che accomuna Casini, Fini e D'Alema sono piuttosto evidenti in Piemonte, in Calabria, nel Lazio e soprattutto in Puglia. Perché le negoziazioni che coinvolgono quattro tra le più importanti regioni che si preparano ad andare al voto appaiono più di semplici strategie di politica locale. Nonostante in molti siano convinti che la vera ambizione di Casini sia quella di lavorare per diventare un nuovo Romano Prodi capace di guidare il futuro fronte unico dell'anti berlusconismo, la strategia del corteggiatissimo leader dell'Udc ruota attorno a un concetto piuttosto semplice. Che un vecchio e smaliziato dirigente del Pd riassume così: “Casini vuole conquistare il numero maggiore di parlamentari di Pd e Pdl per creare un terzo polo centrista. Ma vuole anche indebolire l'attuale regime di bipolarismo costruito attorno al Pd e al Pdl.

    E la strategia per affrettare la fine del berlusconismo
    è quella di rafforzare il dialogo con i due uomini che più degli altri hanno la possibilità di governare questo processo da destra e da sinistra: Fini e D'Alema”. Così, capita che nelle regioni in cui Fini è riuscito a ottenere i candidati che voleva (Giuseppe Scopelliti in Calabria e Renata Polverini nel Lazio) è ormai certo che il presidente della Camera abbia l'appoggio di Casini. E lo stesso vale per le due regioni in cui con ogni probabilità vi saranno uomini piuttosto dalemiani: la Puglia di Michele Emiliano (che ieri ha detto di essere pronto a sfidare alle primarie Vendola) e il Piemonte di Mercedes Bresso, in cui Casini (che per trattare parla con D'Alema prima ancora che con Bersani) ha già dato ai dirigenti del Pd la propria disponibilità.

    Tra tutte le trattative in corso, la Puglia merita un capitoletto a parte.
    Se ormai da tempo questa regione occupa pagine e pagine di grandi quotidiani non è soltanto per gli appassionati scoop sulle ultime fatiche editoriali di Patrizia D'Addario e non è soltanto per le ultime folgoranti interviste rilasciate a questo o a quel giornale da Checco Zalone. Ma è soprattutto perché – nonostante siano ancora molti i litigi che anche in queste ore stanno coinvolgendo i dirigenti del Pd locale – D'Alema e Casini hanno scelto come esperimento di una possibile alternativa di governo proprio la regione guidata da Nichi Vendola. Così come nel 1994 il tentativo di creare in Puglia un'intesa tra il Pds di D'Alema e il Ppi di Buttiglione (in molti ricorderanno i due fotografati nell'agosto di quell'anno attorno al tavolino del ristorante Bastione circondati da antipasti di frutti di mare, spaghetti al nero di seppia e aragoste alla catalana) trasformò per un'estate Gallipoli nella “Capitale dell'opposizione della Seconda Repubblica”, oggi la stessa cosa capita con Casini e Max.

    Gli indizi che sull'asse dalemiancasiniano qualcosa si stesse muovendo erano già visibili al termine delle ultime elezioni provinciali, quando a Brindisi Udc e Pd appoggiarono insieme un candidato – alla fine vincente – come Massimo Ferrarese (ex presidente di Confindustria Brindisi) e riuscirono a evitare che il Pdl si inghiottisse in un boccone tutta la Puglia. Per quanto riguarda il Lazio la questione è più complessa. Perché prima che scoppiasse il caso Marrazzo, è vero che l'Udc aveva raggiunto un accordo di massima con il Pd laziale ma è anche vero che ai suoi uomini di fiducia Casini aveva detto che avrebbe appoggiato il Pdl solo alla condizione che in questa regione ci fosse stato un candidato vicino a Fini. L'arrivo della Polverini ha dunque avuto l'effetto di scombussolare i piani dei democrat e se i sondaggi che circolano in questi giorni al numero 212 di via Cristoforo Colombo, sede della regione Lazio, dicono che la candidatura del leader dell'Ugl rischia di sedurre molti elettori di sinistra, il vero ostacolo che potrebbe incontrare la coppia Fini-Casini è uno. Perché la finiana Polverini è buona amica dello stesso Casini ma nei suoi confronti – anche se per ragioni ancora non chiare – c'è chi non ha tolto una riserva. E una riserva che pesa, è quello del suocero di Casini: Francesco Gaetano Caltagirone.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.