Potere salesiano

Paolo Rodari

La curia romana è una corte sempre in evoluzione. New entry e vecchie glorie ne plasmano gli equilibri, ogni pontificato in modo differente. Così anche recentemente: se con Wojtyla era don Stanislaw Dziwisz a proteggere e alimentare l'enclave dei polacchi non senza contrapporsi al potere di Angelo Sodano e Giovanni Battista Re (segretario di stato il primo, prefetto dei vescovi il secondo), con Ratzinger si registra una certa espansione dei salesiani, complice la spinta dell'attuale segretario di stato Tarcisio Bertone e, insieme, una gestione non politica della segreteria particolare del Papa da parte del tedesco monsignor Georg Gänswein.

    La curia romana è una corte sempre in evoluzione. New entry e vecchie glorie ne plasmano gli equilibri, ogni pontificato in modo differente. Così anche recentemente: se con Wojtyla era don Stanislaw Dziwisz a proteggere e alimentare l'enclave dei polacchi non senza contrapporsi al potere di Angelo Sodano e Giovanni Battista Re (segretario di stato il primo, prefetto dei vescovi il secondo), con Ratzinger si registra una certa espansione dei salesiani, complice la spinta dell'attuale segretario di stato Tarcisio Bertone e, insieme, una gestione non politica della segreteria particolare del Papa da parte del tedesco monsignor Georg Gänswein.

    Quando il 22 giugno 2006 Benedetto XVI ha chiesto all'allora arcivescovo di Genova Bertone di prendere in mano la segreteria di stato vaticana l'ha fatto perché conosceva bene il cardinale salesiano e si fidava di lui: dal 1995 al 2002, infatti, Bertone è stato segretario della Dottrina delle fede guidata da Joseph Ratzinger. L'ha scelto, il Papa, soprassedendo la consuetudine che vuole il segretario di stato provenire dalla scuola diplomatica vaticana: “Una rivoluzione copernicana”, fu il commento che poche ore dopo la nomina rilasciò lo stesso Bertone. Anche se, prima di lui, già Jean-Marie Villot, segretario di stato dal 1970, non aveva una formazione diplomatica. “Ho scelto Bertone per le sue grandi doti e qualità” ha spiegato il Papa riferendosi anche al passato meno prossimo di Bertone, quello della lunga esperienza in ambito universitario (ha insegnato teologia morale, diritto canonico, internazionale e dei minori) e della guida (dal 1991) della diocesi di Vercelli interpretata con un'intraprendenza figlia dello slancio missionario che contraddistingue il suo ordine d'appartenenza: si racconta che quando seppe della nomina rimase sveglio tutta la notte a studiare la vita del santo della città, Eusebio. E poi c'è quella storia che i salesiani amano ricordare per suffragare la decisione presa dal Papa di chiamare al proprio fianco un salesiano: Papa Pio IX, al secolo Giovanni Maria Mastai Ferretti, si fidava ciecamente di don Giovanni Bosco tanto che al santo fondatore delle congregazioni dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice chiedeva spesso consigli su quali sacerdoti portare all'episcopato e con quali incarichi.

    Da quando Bertone coadiuva da vicino il Papa nell'esercizio del potere anche questo fa: propone e dispone promozioni e allontanamenti, soprattutto in curia. La cosa, come è logico che sia, provoca reazioni diverse, a volte anche malumori che si acuiscono perché oggi, come non accadeva un tempo prima della riforma della curia voluta da Paolo VI, è la segreteria di stato che è chiamata a gestire e vagliare la maggioranza delle decisioni che i prefetti dei “ministeri” vaticani prendono. Insomma, si tratta di una concentrazione di potere che dà prestigio ma anche molti oneri. Bertone, inoltre, ci mette del suo. Ovvero, agisce col suo tratto, quello di un pastore salesiano che, in scia a quanto faceva don Bosco per le strade dell'Italia ottocentesca, si butta nella mischia, fa e disfa certamente ponderando le conseguenze delle proprie azioni ma senza preventivamente farsi determinare da queste. Una modalità d'azione per certi versi rischiosa, e senz'altro non percorsa dai suoi predecessori: né da Agostino Casaroli con la sua Ostpolitik vaticana, e nemmeno dal suo principale collaboratore e poi successore, Angelo Sodano. E il Papa lo lascia fare accettando un dato di fatto sempre più evidente via via che i mesi sono trascorsi: non poche delle nomine in curia romana sono di stampo salesiano. Ma, in fondo, la cosa non deve stupire. Come il Papa ha voluto accanto a sé Bertone perché lo ritiene uno dei suoi, uno della nidiata uscita dalla sua Congregazione, così Bertone preferisce portare in alto quelli che conosce. Anche se la cosa non riguarda tanto la segreteria di stato – qui i suoi più stretti collaboratori, Ferdinando Filoni e Dominique Mamberti, non sono salesiani – quanto gli altri dicasteri.

    Oltre a Bertone sono due i salesiani che occupano alcuni dei gradini più alti della piramide vaticana, quei gradini che portano automaticamente al cardinalato: Raffaele Farina, archivista e bibliotecario di Santa Romana chiesa, e l'arcivescovo Angelo Amato (futuro cardinale), prefetto della Congregazione per le cause dei santi. Farina e Amato hanno in sé caratteristiche che giustificano la promozione al di là dell'appartenenza salesiana: Farina vanta una lunga e dotta presenza in curia precedente l'avvento di Bertone, sottosegretario del Pontificio consiglio della cultura prima, prefetto della biblioteca apostolica vaticana poi; Amato è specialista di cristologia e di ecumenismo, profondo conoscitore dell'Oriente cristiano-ortodosso, uno dei principali collaboratori di Ratzinger e di William Joseph Levada alla Dottrina della fede dove, assieme a Bertone e sotto la direzione dell'attuale Papa, ha lasciato traccia di sé anche nella fortunata stesura della Dominus Iesus, la dichiarazione circa l'unicità e l'universalità salvifica di Cristo e della chiesa. I tre, Bertone, Farina e Amato, sono amici e si stimano. Il loro salesianesimo viene fuori in più modi. Anche nella fedeltà a tre grandi amori di don Bosco: la Madonna, l'eucaristia e il Papa.

    I salesiani sono ben rappresentati anche nei posti intermedi della curia. Lo scorso ottobre è stato don Mario Toso, già rettore della Pontificia Università salesiana, a divenire segretario di Iustitia et Pax. Toso è esperto in dottrina sociale della chiesa – ha insegnato magistero sociale alla lateranense – e dunque il suo arrivo nel dicastero guidato dal cardinale Turkson non è senza senso. Come motivata è la nomina di don Giuseppe Costa a direttore della Libreria Editrice Vaticana (Lev). Questi ha detto d'essere arrivato alla Lev per “ubbidienza salesiana”: il suo posto è per tradizione assegnato a un salesiano. Di diverso tono è invece la nomina di don Manlio Sodi come presidente della Pontificia accademia di teologia. Liturgista, sembrava avviarsi verso un incarico importante all'interno della Congregazione per il culto divino. Ma così non è stato anche a motivo (ma sono solo supposizioni) delle sue posizioni piuttosto critiche nei confronti della promulgazione del Summorum Pontificum.

    La nomina salesiana, o meglio l'incarico che più ha fatto parlare di sé è stato quello affidato pochi giorni fa a Enrico Dal Covolo: gli è stato chiesto di predicare gli esercizi spirituali al Papa e alla curia romana nella prossima quaresima. Dal Covolo è postulatore generale della congregazione salesiana, patrologo esperto della latinità cristiana. L'incarico affidatogli ha fatto parlare per più motivi. Anzitutto perché spesso, in passato, chi ha predicato gli esercizi ha poi fatto carriera. Oltre a Karol Wojtyla che predicò '76, due anni prima di divenire Pontefice, sono diversi i predicatori divenuti cardinali. Tra questi, Antonio Javierre Ortas, Anastasio Ballestrero, Carlo Maria Martini, Lucas Moreira Neves, Georges Cottier, Ersilio Tonini, Jorge Medina Estevez, Christoph Schönborn, Angelo Comastri. Ma c'è altro: Benedetto XVI, prima di Dal Covolo, non aveva mai affidato la predicazione a un semplice sacerdote – l'incarico è stato affidato al vescovo Renato Corti (2005) e poi ai cardinali Marco Cé (2006), Giacomo Biffi (2007), Francis Arinze (2008) e Albert Vanhoye (2009) – e i più si aspettavano che avrebbe continuato così. Infine un'altra notizia. Si parla della nomina di un altro salesiano. Sembra che sarà don Massimo Palombella a prendere il posto di monsignor Giuseppe Liberto come direttore del coro della Cappella Sistina. Scrive in proposito Sandro Magister, vaticanista autorevole e di temperamento: “Don Palombella è un salesiano, come salesiano è il suo sponsor, il cardinale Bertone”. E ancora: “Ratzinger è un grandissimo intenditore di musica sacra. Contro il suo degrado ha scritto pagine brucianti. E così sulla liturgia. Molti attendevano da lui una decisione all'altezza, per la direzione del coro che accompagna le celebrazioni papali, modello per il mondo intero. Così non è stato. Alla grande visione di Papa Benedetto questa volta non è corrisposta una decisione conseguente”.