Le mosse dei radicali che imbarazzano il partito di Bersani
Bindi spiega perché la candidatura di Bonino è anche un rischio per il Pd
Raccontano che Dario Franceschini abbia reagito con un sorriso a metà fra la Gioconda e il Gatto del Cheshire alla notizia della corsa solitaria dei radicali in Lombardia in tutte le regioni tranne Lazio, Piemonte e Liguria, e soprattutto alla decisione di Emma Bonino di accettare proprio in Lombardia il ruolo di capolista nonostante l'onore e onere della sua candidatura a governatore nel Lazio con l'appoggio del Pd.
Leggi Istruzioni e ragioni per detestare Emma Bonino (e sperare che perda le elezioni) - Il caro Bersani non è adatto alla guida del Pd. Vedi il caso Bonino - Lettori del Foglio on line, che cosa ne pensate? Dite la vostra su Hyde Park Corner
Raccontano che Dario Franceschini abbia reagito con un sorriso a metà fra la Gioconda e il Gatto del Cheshire alla notizia della corsa solitaria dei radicali in Lombardia in tutte le regioni tranne Lazio, Piemonte e Liguria, e soprattutto alla decisione di Emma Bonino di accettare proprio in Lombardia il ruolo di capolista nonostante l'onore e onere della sua candidatura a governatore nel Lazio con l'appoggio del Pd. Quasi a dire “l'avevo detto io che con i radicali le cose non sono mai semplici”. Rosy Bindi, la presidente del Pd che non ha mai nascosto il suo scarso entusiasmo per la candidatura della leader radicale, è invece addirittura esplicita: “Tutte le volte che pensiamo di aver a che fare con la Bonino donna delle istituzioni ci ritroviamo la Bonino come rappresentante del partito radicale” dichiara al Foglio. Malgrado l'ottimismo del quotidiano Europa, che meno di quattro giorni fa inseriva il Lazio fra le “regioni possibili” per il Pd auspicando la vocazione maggioritaria dei radicali, l'operazione Bonino avvia borbottii e battute acide, e si rivela di difficile gestione per il segretario del Pd.
Al largo del Nazareno minimizzano con l'argomento che i radicali fanno né più né meno quello che fa l'Udc (“Non tolgono nulla in Lombardia”) e che quella di Emma è un'ottima candidatura, se non proprio una “botta di culo”, secondo l'interpretazione ruvida ma ottimista di Diego Bianchi, in arte Zoro. In Lombardia l'entourage del candidato Filippo Penati fa sapere che la mossa dei radicali era attesa e accettata di buonanima, perché al nord – nonostante in molti siano convinti che i radicali potrebbero sottrarre voti allo stesso Pd – c'è chi dice che in fondo “sono più i voti che il partito di Pannella può togliere a Roberto Formigoni di quelli che può portare al Partito democratico”. E dunque ben venga la candidatura autonoma ma “coincidente” di Marco Cappato, che Pannella ha voluto rafforzare spingendo la Bonino (non proprio felice, pare) a presentarsi come capolista. E' proprio su questo punto tuttavia che si concentrano gli avversari interni di Bersani: “Che bisogno c'era? Non bastava Cappato?”, “Pannella come al solito vuole fare confusione”. I commenti sono sostanzialmente riconducibili a questi due filoni.
Alla Bindi in quanto cattolica non è piaciuto neppure l'esordio della candidata al Teatro Eliseo con lo psicanalista Massimo Fagioli che “fino a un attimo prima era con Rifondazione”. Malumori che si aggiungono a quelli che hanno portato nei giorni scorsi all'addio al Pd di cattolici come Enzo Carra e Renzo Lusetti, approdati all'Udc, e allo stand by ostile della teodem Paola Binetti. Il malessere di personaggi come Pierluigi Castagnetti, che non ha gradito l'operazione Bonino, ma non lascerebbe mai il Pd, li inserisce comunque nella lista dei cattolici delusi e del cahier des doléances delle regionali. “Dobbiamo considerare la candidatura della Bonino, fortemente simbolica sul piano del laicismo, come un incidente che deve essere cristallizzato… poi se ne dovrà discutere” dichiara Castagnetti, precisando che la sua non è una posizione ideologica, ma una valutazione degli effetti su un elettorato cattolico che dice di conoscere bene.
Le liste in Lombardia non lo sorprendono: “Era chiaro che avrebbero cercato di ottenere il massimo di visibilità”. Secondo qualcuno l'effetto Bonino complica anche l'accordo con Rutelli. Con un nome meno laico la convergenza sarebbe stata più semplice. La trattativa è aperta come dimostra la candidatura di Linda Lanzillotta come una terza via annunciata da Rutelli più che altro per fare pressione sulle due coalizioni.
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