Ufficio stampa Emma, l'icona maggioritaria concepita in vitro
Con sei lustri di politica professionale alle spalle e l'ennesima sfida elettorale davanti, la candidata a tutto – dai tribunali Onu ai commissariati di Bruxelles, al Comune di Bra – Emma Bonino è anche, o forse innanzitutto, un'icona mediatica trasversale. Nel mercato delle merci simboliche, è un oggetto simbolico complesso e allo stesso tempo ben strutturato: facilmente riconoscibile dal grande pubblico (target televisivo generalista).
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Con sei lustri di politica professionale alle spalle e l'ennesima sfida elettorale davanti, la candidata a tutto – dai tribunali Onu ai commissariati di Bruxelles, al Comune di Bra – Emma Bonino è anche, o forse innanzitutto, un'icona mediatica trasversale. Nel mercato delle merci simboliche, è un oggetto simbolico complesso e allo stesso tempo ben strutturato: facilmente riconoscibile dal grande pubblico (target televisivo generalista) e associata con sicurezza, nei sondaggi, a una serie di tratti connotativi/denotativi tutti di segno positivo: democrazia, diritti civili, legalità; passione, impegno, competenza. In più è femminile e femminista, declinazione rosa di liberale e liberista. Dici Emma Bonino, e qualsiasi responsabile vendite o casalinga di Cuneo sa che cosa compra. La faccenda dell'“ufficio stampa ambulante”, lungi dall'essere contumelia, ha a che fare con l'essenza del “sistema Bonino”. Nella multiforme pattuglia pannelliana, Emma Bonino non è mai stata una star, la personalità indipendente, brillante di luce propria. Piuttosto un'esecutrice di linee altrui; fedele, preparata. Soprattutto, l'unica rimasta dopo la grande diaspora del gruppo storico. Ma da un decennio è divenuta l'icona elettorale e mediatica del partito.
Tanto riconoscibile da meritare, a fasi alterne, il nome sull'etichetta: Lista Bonino-Pannella. Il marchio del pannellismo nella sua versione maggioritaria. E' la militante dei diritti umani (o anche disumani), la statista europea, la liberista italiana. La riconoscibilità è ovviamente anche parte di una costruzione, di un lavoro puntiglioso e iper professionale con i media. Emma Bonino gode non di buona ma di buonissima stampa. Persino quando bestemmia su Youtube. L'accento piemontese trasmette competenza e serietà. Interviene su tutto, ma a differenza di tanti colleghi di solito conosce almeno a grandi linee l'argomento. Si fa sempre riprendere con giornali o faldoni sotto braccio. Una secchiona. Una che a un settimanale femminile è capace di dire “penso che potrei avere il ministero della Difesa, data l'esperienza maturata all'estero”. Ma è anche capace di mostrare il suo volto fragile, ammettere che a volte piange “di stanchezza, di rabbia, di mortificazione”.
O che fa liberamente outing sul suo presunto amante egiziano, accettando, un po' goffa, il livello del gossip. Nemmeno Pannella ha un'immagine tanto forte. Lui è guru e profeta, ma resta di nicchia, associato al partitino, agli scioperi della fame. Emma invece vale come una Victoria Beckham.
Eppure, la trasformazione in icona maggioritaria della militante sgobbona e fedele, di “Emma soffre e s'offre”, secondo l'antico pissi-pissi malvagio dei compagni di partito, è un concepimento in vitro. Una costruzione a tavolino indipendente dalla creatura di base. Tutto iniziò con la campagna “Emma for President” esplosa come un petardo nella primavera del 1999. Di lì a poco sarebbe stato eletto Carlo Azeglio Ciampi, ma intanto nell'Italia terremotata del post-Prima repubblica non si trovava una figura “degna” che fosse una. E i radicali non riuscivano a emergere, dopo che le loro profezie partitocratiche si erano avverate.
Pannella restava l'outsider di sempre. Ma non fu una sua operazione. Fu un colpo di genio, o una boutade fortunata, esterna al gruppo dirigente. In gran parte l'invenzione di una sua amica militante, Anna Autorino. Quando qualche settimana dopo un sondaggio SWG scoprì che Emma era “quirinabile” al 31 per cento, Pannella capì che aveva trovato la pietra filosofale, il candidato che luccica, spendibile ovunque. E piegò il suo ego. E' l'olio santo della quirinabilità ad aver creato Emma Bonino, e non viceversa. Da allora è diventata la radicale più smerciabile nel mercato dei media e delle urne.
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