Perché Fini e Tremonti provano a rinnovare il berlusconismo

Salvatore Merlo

Un serio incontro di studio ma anche un rendez-vous carico di suggestioni tra due delle figure più dinamiche e interessate a prendere l'iniziativa politica all'interno del Pdl. Dopo le regionali, Gianfranco Fini e Giulio Tremonti, tramite le rispettive fondazioni FareFuturo e ResPublica, officeranno un seminario gemellato, incrociando probabilmente due temi carissimi a entrambi: l'immigrazione e le riforme sociali.

    Un serio incontro di studio ma anche un rendez-vous carico di suggestioni tra due delle figure più dinamiche e interessate a prendere l'iniziativa politica all'interno del Pdl. Dopo le regionali, Gianfranco Fini e Giulio Tremonti, tramite le rispettive fondazioni FareFuturo e ResPublica, officeranno un seminario gemellato, incrociando probabilmente due temi carissimi a entrambi: l'immigrazione e le riforme sociali. L'idea è tremontiana e Fini, che ha adottato il tema imponendolo anche con piglio polemico all'attenzione del proprio partito, l'ha accolta con interesse e nell'ottica di una possibile mediazione con il nordismo leghista. Oggetto: studiare gli aspetti economico-sociali dell'immigrazione, verificare i modelli europei e internazionali, misurare l'impatto economico del fenomeno migratorio nel nostro paese e trovare soluzioni che all'interno del centrodestra possano persino mettere d'accordo il leghismo di Umberto Bossi con le più recenti convinzioni maturate dal presidente della Camera in tema di integrazione. La coincidenza di date è significativa, perché in primavera è anche previsto il ritorno in Parlamento di quella legge sulla nuova cittadinanza che, proposta dal deputato finiano Fabio Granata, ha provocato nelle settimane scorse non poche tensioni sia all'interno del Pdl sia nelle meccaniche di coalizione con la Lega.

    L'idea elaborata da ResPublica (di cui Tremonti presiede il comitato scientifico) è di far precedere la discussione politica tra i due leader dall'intervento di esperti accademici che siano in grado, al termine di un periodo di studio concertato tra le due fondazioni, di offrire un'immagine “sociografica” dell'immigrazione in Italia e della sua incidenza reale sull'economia, sul pil e sulla distribuzione demografica degli immigrati all'interno dei contesti urbani delle maggiori città. Non solo. E' possibile che Fini e Tremonti finiscano con il legare l'immigrazione al principale punto di contatto ideale che sembra metterli d'accordo: la riforma del welfare. Sia il ministro dell'Economia sia il presidente della Camera ritengono necessaria, tra le altre, la riforma del sistema sociale – ne hanno parlato incontrandosi all'Aspen Institute il 14 gennaio – secondo una linea di tendenza condivisa dall'esecutivo guidato da Silvio Berlusconi e in particolare dal ministro del Lavoro Maurizio Sacconi.

    Resta tuttavia apparentemente incolmabile la distanza nell'impostazione culturale con la quale i due dirigenti del Pdl leggono l'economia, il mondo del lavoro e il mercato. Abbastanza da rendere particolarmente interessante l'incontro a metà strada previsto per questa primavera. Fini – ne ha largamente scritto nel suo libro “Il futuro della libertà” – ha ormai accettato l'impianto liberale che, assieme ad altri, gli ha suggerito l'amico ex radicale Benedetto Della Vedova. Il cofondatore del Pdl ha in cantiere delle proposte tecniche molto precise: ha messo già in piedi un gruppo di studio coordinato da FareFuturo sul welfare e, in polemica con Tremonti, si è espresso a favore della libertà contrattuale contro le gabbie salariali; per le liberalizzazioni; per una maggiore concorrenza di mercato; e in ultimo si è anche affiancato a Berlusconi definendo “necessario” l'abbassamento della pressione fiscale che il ministro dell'Economia ha invece, per il momento, escluso categoricamente.

    Dall'incontro delle rispettive fondazioni nessuno si aspetta una miracolosa convergenza. L'intenzione è piuttosto quella di cementare, attraverso un comune lavoro di elaborazione intellettuale, quei segnali di appeasement anche personale derivati dai ripetuti e recenti incontri a quattr'occhi che hanno preceduto l'approvazione della Finanziaria alla Camera. Il messaggio è quello di un reciproco e manifesto interesse tra due personalità che, attraverso un parallelo lavoro metapolitico, da tempo immaginano di offrire continuità al berlusconismo sotto il profilo di nuovi contenuti. Negli ambienti vicini al presidente della Camera si fa in maniera esplicita un ragionamento di questo tipo: “Il messaggio di modernizzazione e speranza che ha caratterizzato l'ingresso in politica di Berlusconi dal 1994 in poi va rilanciato o, per meglio dire, rinnovato in una nuova chiave: va adattato a una società che nel frattempo si è modificata profondamente. Questa analisi è condivisa sia da Fini sia da Tremonti, i quali cercano di leggere i cambiamenti e inserirli in una più complessa proposta politica. L'immobilismo non è un'alternativa”.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.