Una nuova era Pelè
Così il mercato può salvare la vecchiaia di Adriano e Ronaldo in Brasile
Avevano detto che il campionato nazionale, il Brasilerao, era diventato come il cimitero degli elefanti, e che in Brasile non nascono più gli assi di una volta, offuscati dall'argentina “generazione Messi”. Ma a ben guardare il valore del marchio dei primi dodici club brasiliani, l'analisi – da un punto di vista economico – non regge.
Avevano detto che il campionato nazionale, il Brasilerao, era diventato come il cimitero degli elefanti, e che in Brasile non nascono più gli assi di una volta, offuscati dall'argentina “generazione Messi”. Ma a ben guardare il valore del marchio dei primi dodici club brasiliani, l'analisi – da un punto di vista prettamente economico – non regge.
La Crowe Horwath RCS, società brasiliana di consulenza finanziaria, ha infatti censito le entrate generate dalle società dal 2003 al 2008, inserendo il profilo e le abitudini dei tifosi, marketing e pubblicità, stadi di riferimento e importanza dei loghi nei media, ottenendo questo risultato: Flamengo, 226 milioni di euro, Corinthians, 225, e San Paolo, 221, sono le tre squadre più ricche del paese.
I rossoneri di Rio de Janeiro, per esempio, hanno vinto l'ultimo campionato grazie alle reti di Adriano, uno di quegli elefanti di cui sopra, titolo che mancava dal 1992 e che rientra solo in parte nell'analisi della Crowe Horwath RCS. Evidentemente la rinascita economica del calcio verdeoro parte da lontano. Nella classifica sul valore del marchio troviamo i club storici in quest'ordine: Palmeiras, 168 milioni, Internacional, 92, Gremio, 85, Cruzeiro, 55, Santos, 54, Vasco da Gama, 48, Fluminense, 43, Botafogo, 38, e Atletico Mineiro, 36.
La società di consulenza ha già previsto che nel 2014, quando in Brasile ci saranno i Mondiali, il valore del marchio di questi club sarà due volte superiore. Tutto merito della doppia assegnazione di Campionati del Mondo di calcio, tra quattro anni, e Olimpiadi, Rio de Janeiro 2016, insieme alla crescita economica di un paese che è entrato in recessione per ultimo e n'è uscito per primo. Un paese che può contare su grandi risorse naturali, tra cui il petrolio, e politiche che concentrano ricerca e sviluppo su pochi ma essenziali business, quello energetico in particolare.
Sei anni di grandi investimenti pubblici e privati che potrebbero cambiare il paese per sempre e in meglio, soprattutto nel settore infrastrutturale per il quale, solo per i Mondiali, saranno impiegati 36 miliardi di euro, tra stadi, hotel, acquedotti, aeroporti, mobilità urbana ed extraurbana, trattamento dei rifiuti. I fondi pubblici non sono molti e ancora non è stato deciso se intervenire con somme ad hoc oppure con il Pac, Programma di accelerazione della crescita, cavallo di battaglia del presidente Luiz Inácio Lula.
A Brasilia il terreno adiacente allo stadio Mané Garrincha sarà dato ai privati per costruire centri commerciali, hotel, uffici e spazi espositivi; in cambio questi costruiranno lo stadio. Lo stesso accadrà a Natal, dove il rifacimento dell'impianto das Dunas costerà 109 milioni di euro, e a Rio de Janeiro, 167 milioni per la ristrutturazione del Maracana. La città carioca avrà poi bisogno di 1,45 miliardi di euro per le infrastrutture. Quasi 10 miliardi serviranno invece per la costruzione del treno ad alta velocità tra le due città calcisticamente più importanti del Brasile: San Paolo e, appunto, Rio de Janeiro. Dovranno essere rafforzate le reti dell'energia elettrica, delle telecomunicazioni, dell'acqua e già si pensa a sfruttare le navi da crociera come alberghi mobili.
Ma Mondiali e Olimpiadi porteranno benefici anche a chi non vivrà di tutto questo business: 16 miliardi di euro saranno stanziati per dare una casa a un milione di famiglie indigenti. Piano al quale si sta affiancando il progetto di concedere la proprietà delle favelas costruite e abitate abusivamente, esperimento già adottato con successo in altri paesi latinoamericani. Cifre ed elementi che fanno ben sperare per la definitiva crescita di un paese pieno di contraddizioni e anche per la sua definitiva rinascita calcistica, non solo a livello di nazionale, che dal 2003 non vince un Mondiale giovanile, ma anche a livello di club e di scuole calcio.
La ricchezza, però, ha anche il suo rovescio della medaglia. Molte finanziare estranee al futebol stanno investendo sul mercato dei giocatori, costituendo agenzie con procuratori troppo spesso improvvisati che non fanno quasi mai il reale interesse del giovane calciatore. Smarrire la strada è sin troppo facile, soprattutto per chi viene da un'infanzia insicura, ma il Brasile ha davanti a se l'occasione per diventare grande una volta per tutte, grazie al business legato allo sport che sa praticare meglio. Tra pochi mesi sapremo se è ancora vero, tra quattro anni scopriremo se le promesse sono state mantenute.
Il Foglio sportivo - in corpore sano