La musica di Haiti combatte contro la distruzione del terremoto
Nel suo famoso saggio sulla musica a Cuba Alejo Carpentier ricordava l'importanza che per essa aveva avuto la musica haitiana: portata a fine ‘700 dai profughi della grande rivolta degli schiavi. Non solo bianchi, ma anche neri rimasti fedeli ai loro padroni. E da questi ultimi sarebbe derivato in particolare il “cinquillo”: ritmo in cinque movimenti, appunto, all'origine del percorso che poi porta alla gran moda dei balli latini moderni.
Nel suo famoso saggio sulla musica a Cuba Alejo Carpentier ricordava l'importanza che per essa aveva avuto la musica haitiana: portata a fine ‘700 dai profughi della grande rivolta degli schiavi. Non solo bianchi, ma anche neri rimasti fedeli ai loro padroni. E da questi ultimi sarebbe derivato in particolare il “cinquillo”: ritmo in cinque movimenti, appunto, all'origine del percorso che poi porta alla gran moda dei balli latini moderni. Dopo quel ruolo seminale, la musica di Haiti è rimasta un po' ripiegata su se stessa, anche se i suoi repertori sono stati studiati con attenzione dagli etnomusicologi. I ritmi dei rituali vudu; quelli del carnevale; quel genere compás nato negli anni Cinquanta su influenza del merengue dominicano. Negli anni Sessanta e Settanta si diffuse poi il mini-jazz, di influenza americana e francese. Nel 1987 nacque la Mizik Rasin: genere di protesta che fondeva la tradizione a stilemi presi da reggae, rock e funk. E più recente ancora è l'Haitian Rap, che ha prodotto la più importante star musicale haitiana oggi conosciuta a livello internazionale: Wyclef Jean, classe 1972, figlio di un pastore protestante che gli ha dato appunto il nome del famoso eretico inglese medievale.
Attivo negli Stati Uniti, dove suo zio Raymond Joseph è dal 2005 ambasciatore, è diventato famoso a livello dal 1997, ed ha cantato in una quantità di lingue, dall'inglese al creolo haitiano, con una quantità di celebrità, da Bono a Youssou N'Dour. In particolare, ha inciso assieme a Shakira quell'”Hips Don't Lie” che nel 2006 vendette 10 milioni di copie e fu eseguita prima della finale dei mondiali del 2006. Ma in patria ha forse fatto più effetto la canzone “If I was president”, che pensata come spot per la campagna elettorale Usa del 2008 divenne un inno della rivolta haitiana contro il carovita di quell'anno. “Wyclef Presidente” fu uno degli slogan echeggiati dai manifestanti, anche perché lui è popolarissimo per i milioni che spende in patria in progetti umanitari atttraverso la sua fondazione Yéle. Dopo il terremoto è tormato in prima linea nell'organizzazione degli aiuti, anche perché nel collasso generale delle autorità suo zio dall'ambasciata è diventato una sorta di facente funzioni del Presidente. E Yéle ha raccolto 2 milioni da inviare in aiuti. Ma la stessa Yéle è stata accusata di avere in passato utilizzato fondi in modo non efficiente e non trasparente, costringendo il cantante a una pubblica difesa tra le lacrime.
Un dramma vero è stato però quello di un'altra star della nuova musica haitiana: Jimmy O, al secolo Jean Jinmmy Alexandre. Cantante di hip hop, 35 anni, anche lui impegnato nella Yéle, stava per far uscire il suo album d'esordio da solista. È morto nel terremoto.
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