Perché i democratici hanno perso un seggio giocando in casa
“Sono Scott Brown, guido un pickup”. Il neosenatore del Massachusetts ha salutato i suoi elettori con la frase manifesto della sua campagna elettorale da americano medio, a commento finale del “miracolo” compiuto martedì notte. Il candidato repubblicano, dato per spacciato fino a un mese fa, alle elezioni suppletive per il seggio reso vacante dalla morte di Ted Kennedy ha conquistato il 52 per cento dei voti.
Leggi Chi è il repubblicano che ha tolto a Obama la maggioranza per approvare la riforma sanitaria - Guarda il video - Guarda "Sono Scott Brown e guido un pick up"
“Sono Scott Brown, guido un pickup”. Il neosenatore del Massachusetts ha salutato i suoi elettori con la frase manifesto della sua campagna elettorale da americano medio, a commento finale del “miracolo” compiuto martedì notte. Il candidato repubblicano, dato per spacciato fino a un mese fa, alle elezioni suppletive per il seggio reso vacante dalla morte di Ted Kennedy ha conquistato il 52 per cento dei voti, contro il 47 della sua sfidante, in una delle roccaforti più solide del mondo liberal e democratico. Cinquantotto anni dopo, nel giorno del primo anniversario dell'avvio dell'era Obama, il seggio appaltato alla famiglia Kennedy ha cambiato titolare, gettando nel panico il Partito democratico, compromettendo la riforma sanitaria in discussione al Congresso e umiliando il presidente super cool.
L'effetto Obama non ha funzionato nemmeno questa volta, così come non era riuscito a cambiare la dinamica elettorale a novembre quando il presidente si era speso copiosamente per i candidati del suo partito alla carica di governatore della Virginia e del New Jersey. In tutti e tre i casi, a sorpresa, hanno vinto i repubblicani, quei candidati conservatori considerati morti e sepolti dopo la clamorosa elezione di Obama di quindici mesi fa. “La voglia di cambiamento – hanno detto gli strateghi della candidata sconfitta in Massachusetts – a volte funziona anche dall'altra parte”.
Le forze del cambiamento, ha scritto Politico, adesso hanno preso di mira Obama, perché c'è lui in carica. Criticare Bush non basta più. Le ragioni delle sconfitte, dei sondaggi non esaltanti e delle previsioni funeree per le elezioni di metà mandato sono più d'una e molto diverse l'una dall'altra. C'è chi sostiene che Obama abbia perso i suoi elettori, che abbia fatto troppi compromessi, che non si sia distanziato troppo dal suo predecessore. In poche parole, avrebbe perso la base di sinistra. Altri spiegano, invece, che Obama abbia perso il tocco magico perché le sue politiche sono troppo di sinistra, spaventano quei conservatori che nel 2008 gli hanno dato fiducia e fanno scappare gli indipendenti.
(segue dalla prima pagina) Sono vere sia l'una sia l'altra ipotesi. Sia i suoi fan sia i suoi avversari hanno di che lamentarsi dei risultati del primo anno obamiano alla Casa Bianca, per non parlare degli elettori moderati e indipendenti. Ma probabilmente la vera ragione del caos che regna nel campo Obama, evidenziato dalla sconfitta di martedì in Massachusetts, è che nel paese non si avvertono i segni di ripresa promessi al momento del varo delle misure di politica economica. A febbraio, Obama aveva detto che se il Congresso non avesse approvato subito lo stimolo all'economia, la disoccupazione sarebbe arrivata all'8 per cento.
Il Congresso ha fatto la sua parte, malgrado la dura opposizione dei repubblicani, ma i posti di lavoro anziché aumentare sono diminuiti. Politicamente è stato un disastro perché ha dato sfogo alla reazione della destra antistatalista capace di convincere una fetta dell'opinione pubblica dell'inutilità delle ricette liberal del presidente e degli sprechi del Congresso democratico. Da qui a novembre, quando si rinnoverà la Camera e un terzo del Senato, Obama ha la possibilità di invertire la rotta, sempre che non prevalga l'istinto suicida della sua parte politica, ma solo se l'economia avrà dato segnali di ripresa, come è possibile, e se il tasso di disoccupazione scenderà.
Nel frattempo, la Casa Bianca ha deciso di rimodulare la strategia. Obama ha già iniziato ad adottare toni populisti per intercettare il malcontento, anche se risultano poco credibili e poco consoni al suo stile elegante, accademico e rilassato. Il presidente si prepara, inoltre, a mostrare gli artigli e a sporcarsi le mani nelle battaglie politiche più urgenti. Serviranno il suo impegno e il suo talento per trovare una soluzione alla riforma sanitaria. Camera e Senato hanno approvato due testi molto diversi e hanno appena iniziato la trattativa per unificarli, ma la sconfitta democratica nel seggio di Kennedy ha riaperto la partita.
Ora i democratici non possono più contare sulla super maggioranza di 60 senatori che consentiva di bloccare proceduralmente l'ostruzionismo dei repubblicani. L'idea di sfruttare le due settimane prima dell'insediamento del nuovo senatore è stata esclusa da alcuni senatori democratici, mentre inizia a circolare la proposta di rinunciare del tutto alla riforma per evitare guai peggiori.
Scott Brown, intanto, si gode la vittoria. Obama l'ha chiamato per congratularsi e lui ha parlato al paese attonito in modo pacato, senza retorica di partito, quasi da indipendente. C'è chi si aspetta già una candidatura alla Casa Bianca.
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