Centralismo carismatico
Dopo il pasticcio pugliese nel Pdl si apre la disputa sull'apparato
Il pasticcio pugliese e alcune incertezze nella gestione delle candidature alle regionali hanno aperto forse il primo vero dibattito interno al Pdl sulla natura di questa creatura ancora neghittosa. La questione ruota attorno a due poli semantici contrapposti: “Centralismo carismatico” contro “logica di partito”. La settimana scorsa ad Arezzo, intorno al nucleo solido dei colonnelli ex di An Maurizio Gasparri e Ignazio La Russa, si sono ritrovate tutte (o quasi) le personalità di primo piano della ex FI.
Il pasticcio pugliese e alcune incertezze nella gestione delle candidature alle regionali hanno aperto forse il primo vero dibattito interno al Pdl sulla natura di questa creatura ancora neghittosa. La questione ruota attorno a due poli semantici contrapposti: “Centralismo carismatico” contro “logica di partito”. La settimana scorsa ad Arezzo, intorno al nucleo solido dei colonnelli ex di An Maurizio Gasparri e Ignazio La Russa, si sono ritrovate tutte (o quasi) le personalità di primo piano della ex FI. Messaggio: dal Pdl non si torna indietro, ovvero, come ha spiegato Gasparri al Foglio: “Benché provenienti da culture diverse, noi tutti ci candidiamo a essere una vera classe dirigente amalgamata, responsabile e capace anche di elaborazione politica e intellettuale”.
Eppure, alla prima prova sul campo – lasciati liberi da Silvio Berlusconi – i dirigenti non si sono apparentemente dimostrati all'altezza del compito. Emersa tra i propri diadochi una sottile litigiosità interna e levatosi persino un vento di fronda che dal territorio si è sollevato verso Palazzo Chigi nella scelta dei candidati alle elezioni regionali, il Cav. ha dovuto riprendere in mano la partita, disfare ciò che era stato tessuto e aprire in tutta fretta un nuovo negoziato con l'Udc di Pier Ferdinando Casini (ieri nuovamente eclissatosi).
Sandro Bondi, coordinatore nazionale e ministro della Cultura, parla da custode dell'ortodossia quando richiama tutti all'ordine e si lancia in un inedito j'accuse. “Nel Pdl – ha spiegato due giorni fa sul Giornale con una lettera aperta – ci sono atteggiamenti trasversali sempre più diffusi che hanno in comune un'idea della politica molto distante da quella della leadership carismatica di Berlusconi. Sarebbe un errore se una certa nomenclatura politica si sentisse abilitata a fare da sé, a rivendicare un'autonomia che getta un'ombra sul futuro”. Di che parla? Di elezioni regionali, dei veti di corrente che pare si siano abbattuti sulle proposte del Cav. E forse anche (ma chissà) di un autonomistico potentato laziale che a dispetto di FI si sta saldando nella zona grigia che collega Gianni Alemanno, Gianfranco Fini e interessi strategici vicini all'Udc.
Maurizio Gasparri smentisce tutto e parlando con il Foglio circoscrive la questione. “La politica è complessa ed è fatta di continue trattative e compromessi, è semplicemente questa la meccanica cui abbiamo assistito in questi giorni. Insomma niente di tragico, nessuna fronda. Se il problema è la Puglia mi pare si sia già risolto, alla fine credo correranno Vendola, Poli Bortone e per noi il buon Rocco Palese. Penso davvero che Bondi un po' esageri, perché nel Pdl non c'è una dialettica tra nomenclature che si contrappongono alla leadership carismatica. In un partito come il nostro, un partito degli elettori, devono convivere l'organizzazione, fatta dai rappresentanti dei cittadini, assieme alla grande risorsa rappresentata dalla leadership di Berlusconi. Sono due cose che si tengono insieme e rappresentano la forza, il di più, del Pdl. Riguardo alle scelte da prendere è normale discutere, tenendo presente che se poi il leader impone il proprio punto di vista esercitando il carisma è ovvio che tutti si devono adeguare. Ma una cosa non esclude a priori l'altra, voglio rassicurare il mio amico Bondi”.
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