Il privato del salotto

No, il fotografo no! Contro il nuovo rito della cena con liberatoria inclusa

Maurizio Crippa

Rsvp. Discreto acronimo di tutte le cose buone di pessimo gusto, come ricevere un invito formale e confermarlo per tempo, scritto in graziato corsivo nell'angolo in basso, il sigillo eponimo dell'antico bon ton sta per essere spazzato via. Al suo posto una striscia tratteggiata, come quelle per le richieste all'Asl. Il tagliando da compilare, ritagliare e restituire firmato in anticamera alla padrona di casa (S.p.m.). Per la liberatoria all'uso dell'immagine. Una cena in piedi, ci sarà la Polverini, ma assolutamente privata, per carità. E mi raccomando la liberatoria, che ho il salotto col paparazzo incorporato.

    Rsvp. Discreto acronimo di tutte le cose buone di pessimo gusto, come ricevere un invito formale e confermarlo per tempo, scritto in graziato corsivo nell'angolo in basso, il sigillo eponimo dell'antico bon ton sta per essere spazzato via. Al suo posto una striscia tratteggiata, come quelle per le richieste all'Asl. Il tagliando da compilare, ritagliare e restituire firmato in anticamera alla padrona di casa (S.p.m.). Per la liberatoria all'uso dell'immagine. Una cena in piedi, ci sarà la Polverini, ma assolutamente privata, per carità. E mi raccomando la liberatoria, che ho il salotto col paparazzo incorporato.

    L'invito a cena in casa privata, le buone cose di pessimo gusto. Ma la rivoluzione, l'evento palingenetico che preside alla trasformazione dei rapporti di alta società – qualcosa come passare dal decadente “lei” spagnolesco al vigoroso “tu” romano - s'è manifestato l'altra sera, sotto il cielo dei Santi Apostoli, ospite la divina Rosi Greco. In margine, ma in realtà sopravanzandolo con un colpo d'ala, a una cosuccia para-elettorale, di quelle che usano adesso, per promuovere nella bella società l'ex sindacalista Renata Polverini. C'erano tutti quelli che il frequentatore medio di Dagospia può immaginare ci dovessero essere del frivolo pantheon romano. L'erede designata  di Maria Angiolillo, senza nemmeno l'onere delle primarie, aveva promesso: no photo, no gossip.

    Poi suona il campanello. E' il paparazzo. Secondi d'imbarazzo. Pochi. Come faceva tanta padrona di tanta casa a dire di no? Secondi d'imbarazzo finiti. Non uno degli ospiti, da Marellina Caracciolo a Beatrice Borromeo  si è sottratto al rito della nuova certificazione in vita sociale. Una sola timida protesta, con preghiera di rimozione dell'immagine, pare sia giunta al sito Web di pubblicazione. Ottenendo il richiesto, ma anche una risposta sarcastica: vabbé, ma se vi sembra un evento privato questo… E infatti il gioco perverso, la sindrome di Stoccolma in versione tartine e divano che lega indissolubilmente, paparazzo e paparazzato sta raggiungendo ormai le punte di un sublime barocco. E' arte contemporanea e transavanguardista allo stato puro, tanto che pure Marellina Caracciolo con il divin marito Sandro Chia hanno di recente organizzato la loro cena-dopo vernissage con liberatoria acclusa. Una meraviglia degli occhi. Del resto aveva già debuttato Melania Rizzoli, deputato, nel genere cena-con-foto in onore di Renata Polverini. Ma almeno lei pare avesse avvertito.

    Non è più il tempo della Angiolillo, che i fotografi li teneva fuori, a distanza di sicurezza dal salotto e dai mitici centrotavola, scenograficamente in attesa sui gradini di piazza di Spagna. Ora è il mercato, signori. L'invito a cena con liberatoria è il grottesco prezzo da pagare per il certificato d'esistenza in società. Che è poi il primo passo, una green card revocabile e provvisoria, per l'accesso alla vita pubblica. Non è indifferente che involonaria causa scatenante del niuovo rituale sia stata un'outsider, che per il momento esiste solo nel corpo militante del sindacato e nell'icona televisiva, ma ancora non ha un vero corpo mondano da esibire, come invece ce l'ha, eccome se ce l'ha, la sua diavolesca rivale.
    Sottoporsi al rito della liberatoria è anche la nemesi di una società che ha costruito il suo sistema dei valori sulla presunta sacralità della privacy, ma non sa che farsene e come difenderla. E, soprattutto, è pronta a rivendersela per un certificato di esistenza. Un “addio alle armi della logica”, direbbe Michele Serra, che fa venire nostalgia del grido apotropaioco di Nanni Moretti: “No, il fotografo no!”. (la foto è tratta dal sito di Dagospia)

    • Maurizio Crippa
    • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

      E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"