Intervista ad Antonio Bassolino

Ecco come il governatore della Campania riflette sul dopo-Pd

Claudio Cerasa

Antonio Bassolino ammette di essere stato molto corteggiato in queste ore: tra nove giorni gli elettori del Partito democratico sceglieranno il candidato che a fine marzo sfiderà Stefano Caldoro per la presidenza della Campania, e al contrario di quanto molti possano credere l'attuale presidente della regione confessa di aver ricevuto diverse telefonate da importanti dirigenti del Pd.

    Antonio Bassolino ammette di essere stato molto corteggiato in queste ore: tra nove giorni gli elettori del Partito democratico sceglieranno il candidato che a fine marzo sfiderà Stefano Caldoro per la presidenza della Campania, e al contrario di quanto molti possano credere l'attuale presidente della regione confessa di aver ricevuto diverse telefonate da importanti dirigenti del Pd, il cui senso era più o meno questo: “Anto', candidati e almeno in Campania salvaci tu”. Bassolino, come conferma in questa chiacchierata con il Foglio, ha invece scelto di non candidarsi e ha deciso, si dice così in questi casi, di prendersi una lunga pausa. “Tra una cosa e un'altra, tra gli anni passati al comune e quelli passati alla regione, alla fine di questa campagna elettorale, saranno quasi 6 mila i giorni da me trascorsi al comando delle principali istituzioni della Campania, e avendo in fondo governato persino più di Silvio Berlusconi per il momento con la politica istituzionale io ho chiuso. Nonostante in molti mi abbiano a lungo descritto come se fossi una specie di diavolo a quattro teste, ecco, io sono orgoglioso di quello che ho fatto in questi anni ma sono anche consapevole che sia giunto il momento di pensare ad altro. Dunque niente regione, niente candidature e niente di niente. E non mi venite a dire che l'anno prossimo proverò a fare il sindaco di Napoli. Perché ve lo dico già da ora: non sarà così, e potete scommetterci”.

    Tra i possibili candidati che il 7 febbraio si sfideranno alle primarie campane, quello che rientra più nelle simpatie bassoliniane è certamente, più che il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, l'eurodeputato Andrea Cozzolino (che peraltro con il governatore campano ha recentemente fondato la fondazione “Sudd”). Bassolino sa che nella sua regione il Partito democratico non è certo al sicuro, ma è proprio studiando la campagna elettorale preparata dal Pd in vista delle prossime elezioni che il governatore accetta di discutere sul seguente tema suggerito dal Foglio due giorni fa: che cosa c'è dopo il Pd? “Sì, io credo sia arrivato il momento di pensare a che cosa c'è dopo il Pd: bisogna ragionare su qualcosa di diverso che possa dare uno sbocco a un percorso finora molto tormentato. In questo senso, è ovviamente vitale avere dentro il Pd forze del mondo cattolico, ma nel progetto democratico, secondo me, dovrebbe ricomparire il prima possibile uno dei vecchi sogni di Enrico Berlinguer: un sogno che si nascondeva dietro la rocciosa definizione di ‘alternativa democratica', un sogno messo in pratica in Europa solo da François Mitterrand e un sogno che prevedeva una lenta ricongiunzione tra forze comuniste e socialiste. Prima di ogni altra cosa, io credo che il Pd di Bersani dovrebbe pensare proprio a questo”.

    In questi giorni, poi, il governatore ha parlato a lungo con il suo amico Sergio Chiamparino e concorda con il sindaco di Torino quando dice che il dopo Pd va programmato come fosse una sorta di nuovo Ulivo. “Assolutamente: serve un grande rassemblement per il Pd, e se Bersani tentasse di ridisegnare il partito mettendo più vicino a sé persone come Romano Prodi e come lo stesso Sergio Chiamparino sono certo che per noi sarebbe l'ideale. Bersani – continua Bassolino – è certamente un segretario con gli attributi, deve andare avanti, deve essere sostenuto ma deve essere bravo a diventare sempre più autonomo anche da quelle realtà che spesso possono condizionare la vita di partito”. Si riferisce a Repubblica? “Che dire: sulla vita di ogni partito ci possono essere diverse influenze, e sì, quella di Repubblica è certamente una di queste. Detto ciò, però, il segretario deve stare soprattutto attento a evitare che dal nostro vocabolario scompaiano concetti chiave senza cui il Pd non avrebbe senso: le primarie e la vecchia vocazione maggioritaria. Tradotto significa che il modo migliore per creare un percorso alternativo al centrodestra è quello di ragionare sullo schema di due grandi partiti che si fronteggiano. Sarebbe invece un errore pensare di dirottare il Pd su un sentiero proporzionale, ma purtroppo so che c'è chi sta lavorando per questo”. Due sere fa, nel corso dell'inaugurazione per la riapertura del Teatro San Carlo, Bassolino ha parlottato a lungo con Gianni Letta, e tra gli argomenti discussi con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio c'era anche un tema particolare: Silvio Berlusconi.

    “Si parla spesso di conflitto d'interessi, dell'opportunità o meno che un imprenditore faccia politica e di molto altro. Ma io credo che un giorno gli storici ricorderanno Berlusconi soprattutto per uno dei suoi grandi meriti: essere stato il fondatore del bipolarismo italiano e aver semplificato, in meglio, il sistema politico del paese. Che ci piaccia o no, il presidente del Consiglio è uno dei cardini del sistema democratico e dell'alternanza dell'Italia, e questo, anche nel nostro partito, dobbiamo iniziare a mettercelo in testa”.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.