L'emissario "istituzionale”
Feltri spiega perché non poteva non credere al delatore del Vaticano
Chi è questo "informatore attendibile, direi insospettabile”, come ha scritto Feltri sul Giornale il 4 dicembre, che ha spacciato per vero un documento falso sull'ex direttore di Avvenire Dino Boffo, creando il caso con le sue ripercussioni interne ed esterne alla vita della chiesa italiana? Sabato scorso lo abbiamo individuato come il misterioso emissario di un ambiente lobbistico che si è avvalso di una certa “spregiudicatezza e ingenuità” del direttore dell'Osservatore Romano per indirizzare la penna di Feltri contro Boffo. Oggi ne parliamo direttamente con il direttore del Giornale, Vittorio Feltri.
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Chi è questo “informatore attendibile, direi insospettabile”, come ha scritto Feltri sul Giornale il 4 dicembre, che ha spacciato per vero un documento falso sull'ex direttore di Avvenire Dino Boffo, creando il caso con le sue ripercussioni interne ed esterne alla vita della chiesa italiana? Sabato scorso lo abbiamo individuato come il misterioso emissario di un ambiente lobbistico che si è avvalso di una certa “spregiudicatezza e ingenuità” del direttore dell'Osservatore Romano per indirizzare la penna di Feltri contro Boffo. Oggi ne parliamo direttamente con il direttore del Giornale, Vittorio Feltri. Questi non smentisce ma precisa la ricostruzione del Foglio dicendo: “Mi sembra una ricostruzione logica fatta da persone che conoscono le cose, anche se da me non avrete nessun nome”.
E ancora: “Quello che ho letto mi ha stupito perché si avvicina molto alla verità”. E poi, ecco la rivelazione più importante. Dice Feltri: “Tutta la vicenda è nata da un fatto: una personalità della chiesa della quale ci si deve fidare istituzionalmente mi ha contattato e fatto avere la fotocopia del casello giudiziale dove veniva riportata la condanna a Boffo e, assieme, una nota informativa, che per capirci potremmo chiamare ‘velina', che aggiungeva particolari alla notizia”. Perché non può fare il nome di questa persona? “Perché faccio il giornalista e sono tenuto a rispettare le fonti”.
Sono passati cinque mesi da quel 28 agosto, il giorno in cui il Giornale dedicava l'apertura a Dino Boffo e lo costringeva, di lì a pochi giorni, alle dimissioni. Ma il caso è tutt'altro che chiuso. Il retroscena esplosivo che Feltri rivela al Foglio lo dimostra: “Avrei voluto vedere chi, al posto mio, non si sarebbe fidato di questa persona”. Perché? “Perché ci si doveva fidare direi istituzionalmente” dice, calcando parecchio su quell'avverbio: “Istituzionalmente”. E ancora: “Non ho dubitato neppure per un attimo di questa persona perché non si poteva dubitare di lei. E' come se io, che sono il direttore del Giornale, venissi da lei e le facessi due racconti/retroscena sul giornale che dirigo: lei ci crede a quanto le dico oppure no? Sono o non sono ai suoi occhi affidabile? Direi assolutamente di sì”.
Feltri spiega ancora: “L'emissario inviato da questa personalità arrivò da me per portarmi la fotocopia del casellario giudiziale dove si leggeva che Boffo era stato condannato e aveva pagato una pena pecuniaria per molestie. Prima di andarsene mi lasciò anche un foglietto, quello che poi tutti hanno chiamato ‘velina informativa', che in realtà altro non era che un riassunto degli atti processuali: almeno questo a me è stato detto. In questa velina si diceva che chi aveva fatto questa molestia era un omosessuale. Così, fidandomi del fatto che la ‘velina' altro non era che un riassunto degli atti processuali (allora secretati) decido di scrivere quanto sapete e il giorno dopo tutti i giornali danno grande enfasi alla cosa”.
Le vicende sono note. Dopo il clamore dei giornali Boffo è costretto a dimettersi. Poi Feltri tornerà sulla vicenda spiegando onestamente che, dopo “aver avuto modo di vedere” gli atti processuali, ha scoperto che “da quelle carte Boffo non risulta implicato in vicende omosessuali” né si parla di lui come di “omosessuale”. Certo, resta difficile pensare che Feltri non sentisse puzza di bruciato: “Che dentro la chiesa – spiega – ci sono più anime lo sanno tutti. E che nel ‘caso Boffo' un'anima era interessata a far sì che certe cose uscissero è evidente. Ma l'ho capito dopo. E' ovvio: sapevo benissimo che chi mi aveva contattato l'aveva fatto non certo per regalare uno scoop al Giornale. Ma a me interessava la notizia e la notizia c'era tutta: una condanna per molestie nei confronti di Boffo e il pagamento da parte di Boffo di una pena pecuniaria. Questa è la sostanza della notizia. Il resto sono particolari sui quali, come è giusto che fosse, sono ritornato sul Giornale dopo che l'avvocato di Boffo mi ha fatto scoprire la loro inesattezza”.
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