Perché l'Iran attacca il Cav.
La compagnia radiolevisiva di Stato iraniana ha attaccato Silvio Berlusconi per l'intervento alla Knesset, accusando il presidente del Consiglio di aver "completato tutta la serie di servigi fatta ai padroni israeliani". Sul sito in italiano dell'emittente, si legge che "dopo aver sparato dichiarazioni decisamente discutibili sull'Iran, Berlusconi è arrivato a dire che la guerra contro Gaza fu giusta, calpestando cosi' i cadaveri di 1400 civili palestinesi uccisi l'anno scorso da Israele durante tre settimane di folli bombardamenti".
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La compagnia radiolevisiva di Stato iraniana ha attaccato Silvio Berlusconi per l'intervento alla Knesset, accusando il presidente del Consiglio di aver "completato tutta la serie di servigi fatta ai padroni israeliani". Sul sito in italiano dell'emittente, si legge che "dopo aver sparato dichiarazioni decisamente discutibili sull'Iran, Berlusconi è arrivato a dire che la guerra contro Gaza fu giusta, calpestando cosi' i cadaveri di 1400 civili palestinesi uccisi l'anno scorso da Israele durante tre settimane di folli bombardamenti". Sul sito si afferma che "prima e durante la visita in Israele", Berlusconi "ha rivolto all'Iran tutte le accuse possibili, a cominciare da quella di voler sviluppare armi nucleari". E davanti al Parlamento israeliano, aggiunge, il premier "si è davvero superato definendo 'esempio di democrazia e liberta'' il regime israeliano, nato con la forza bruta sulla terra altrui e che si è macchiato dei crimini più orrendi e che da 3 anni ha assediato e murato un milione e mezzo di persone a Gaza". (Agi)
Silvio Berlusconi ha lasciato più di una porta aperta alla clamorosa richiesta avanzatagli formalmente dal ministro degli Esteri di Israele Avigdor Lieberman di inserire i pasdaran iraniani nella lista delle organizzazioni terroristiche: “E' una decisione che bisogna prendere a livello europeo e comunque serve una istruttoria approfondita. Stiamo riflettendo su misure individuali che, se adottate da Onu o Ue, potrebbero limitare la circolazione e la concessione di visti ai componenti di quella organizzazione”. Il rimando al contesto Ue – ben più probabile di quello Onu – è d'obbligo e segnala le ragioni per cui Israele ha scelto proprio il premier italiano per avanzare questa richiesta. Fu infatti Franco Frattini a ottenere nel secondo semestre del 2003, sotto presidenza dell'Ue di Silvio Berlusconi, che Hamas fosse inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche dell'Ue. Un risultato insperato, che ha poi segnato positivamente le relazioni tra l'Europa e Hamas, bloccando tutti i tentativi di legittimare in pieno, e di finanziare, il governo jihadista di Ismail Haniyeh a Gaza (a scapito peraltro della periclitante Anp di Abu Mazen).
Se l'Italia, come è auspicabile, si farà portatrice in tutte le sedi internazionali di questa iniziativa, la forza politica di pressione delle sanzioni internazionali su Teheran prenderebbe tutt'altra piega. Innanzitutto perché centrerebbe in pieno un risultato urgente e coprirebbe una straordinaria mancanza: colpire i pasdaran significa infatti schierarsi in toto a fianco del movimento dell'Onda Verde e della prospettiva di regime change che questo persegue. Questo, sfuggendo peraltro al rischio di una “indebita ingerenza” di dichiarazioni di solidarietà agli oppositori che potrebbero rischiare di essere usate da Ahmadinejad e Khamenei per accreditare la tesi di manifestanti eterodiretti da Israele e Stati Uniti. Sono i pasdaran a dirigere la repressione nelle strade iraniane; sono i pasdaran a chiedere e ottenere le forche per gli arrestati. Sono i pasdaran infine, a fondere in un tutto unico una componente militare di base (sono volontari) e il “clero combattente”, quella parte della gerarchia religiosa che pratica il jihad. Certo, i pasdaran sono una struttura ufficiale delle forze armate iraniane e non è facile – per le inerziali cancellerie mondiali – compiere questo passo, dalle evidenti conseguenze dirompenti. Ma è proprio la loro storia a offrire tutte le motivazioni, anche formali, per compierlo.
Un fatto per tutti: l'attuale ministro della Difesa di Teheran, Ahmad Vahidi, è stato comandante della “Forza al Qods”, l'unità responsabile delle operazioni estere che è oggi inseguito da mandato di cattura internazionale Interpol, quale mandante dell'attentato al centro ebraico di Buenos Aires del 18 luglio 1994, in cui furono sterminati 85 ebrei. Ancora, la Forza al Qods è al centro di molte operazioni terroristiche in medio oriente, dall'invio delle armi sequestrate sulla Karine A verso la Palestina nel gennaio 2002, all'attuale armamento di Hezbollah in Libano, agli innumerevoli attentati portati a segno in Libano dal 1983 al 2008 da Imad Mughnyeh (ucciso in un attentato a Damasco), comandante operativo all'estero della “Forza al Qods”.
Ma oltre al palese schieramento a fianco dei manifestanti massacrati dai pasdaran nelle strade iraniane, oltre al riconoscimento del dato di fatto indiscutibile delle loro attività terroristiche all'estero, questa decisione avrebbe un impatto immediato proprio sullo sviluppo del programma nucleare e del programma missilistico.
Tutte le strutture industriali e militari nucleari e balistiche iraniane infatti, non sono solo sotto il controllo operativo dei Pasdaran, ma in larga parte sono da loro controllate anche dal punto di vista azionario attraverso le Boyand, le Fondazioni che a loro fanno riferimento che hanno profittato delle privatizzazioni per incamerare le industrie e più alta tecnologia (i pasdaran controllano il 51 per cento della Azienda di telecomunicazioni). Seguendo infatti il modello dello stato nazista che intrecciava i corpi militari d'élite con il controllo azionario di larga parte dell'industria bellica (Konzern H. Goering Werke e WVHA delle Ss). Inserire i pasdaran nella lista delle organizzazioni terroriste sarebbe quindi un deterrente eccezionale per tutte le tante aziende, anche italiane- che aggirano con facilità con triangolazioni (ad esempio col Venezuela e la Bolivia alleate di Teheran), fornendo all'Iran materiale destinato ai programmi militari.
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