drammaturgo nigeriano scandalizza i liberal

L'Inghilterra è ridotta a una “fogna per islamisti”. Parola di Nobel inattaccabile

Giulio Meotti

Non è la prima volta che il premio Nobel per la Letteratura del 1986, Wole Soyinka, scandalizza il milieu culturale. Quando, tre anni dopo, l'ayatollah Khomeini condannò a morte lo scrittore Salman Rushdie per “I versetti satanici” e gli intellettuali europei furono lesti a sanzionare il diritto della teocrazia iraniana a regolare il discorso sull'islam anche nel mondo libero, Soyinka fu uno dei pochissimi prìncipi delle lettere a denunciare il “virus religioso” propagato da Khomeini.

    Non è la prima volta che il premio Nobel per la Letteratura del 1986, Wole Soyinka, scandalizza il milieu culturale. Quando, tre anni dopo, l'ayatollah Khomeini condannò a morte lo scrittore Salman Rushdie per “I versetti satanici” e gli intellettuali europei furono lesti a sanzionare il diritto della teocrazia iraniana a regolare il discorso sull'islam anche nel mondo libero, Soyinka fu uno dei pochissimi prìncipi delle lettere a denunciare il “virus religioso” propagato da Khomeini. A migliaia protestarono di fronte al consolato britannico a Kaduna, in Nigeria, con striscioni che dicevano: “Soyinka deve morire”.

    Sette anni prima dell'attacco alle Twin Towers, Soyinka aveva definito il fondamentalismo islamico “la minaccia del Ventunesimo secolo”. Sostenitore della democratizzazione dell'Africa, già nemico della “negritudine” sciovinista e scrittore che non ha mai nascosto le proprie simpatie di sinistra, drammaturgo, romanziere, poeta e saggista in lingua inglese, stavolta Soyinka ha scatenato un putiferio nei salotti britannici, dopo che a un incontro al Festival della letteratura di Jaipur, in India, ha definito il Regno Unito “una fogna per islamisti”. “Cesspit”, la parola usata da Soyinka, sta per letamaio, fogna, cloaca. Il primo Nobel africano, noto anche come il “Joyce nigeriano”, è stato subito tacciato di “razzismo”.

    Il Guardian, bastione del pensiero liberal, è stato molto duro con lo scrittore, giudicandolo “sconsiderato”. “L'Inghilterra è un terreno fertile per i fondamentalisti islamici”, ha denunciato Soyinka, figlio di un predicatore cristiano. “E' logico consentire a tutte le religioni di professare il proprio culto in modo aperto, ma quanto sta avvenendo è illogico, perché nessun'altra religione predica la violenza apocalittica. Ricordate che questo paese era terreno fertile anche per il comunismo. Karl Marx aveva tutte le proprie opere nelle biblioteche”. Ce n'è abbastanza per impiccare Soyinka al politicamente scorretto. Il riferimento del premio Nobel è al fallito kamikaze di Natale, il nigeriano Omar Farouk Abdulmutallab, già studente delle università londinesi: “Questo ragazzo non si è radicalizzato in Nigeria, ma in Inghilterra. Il colonialismo ha nutrito un'innata arroganza, ma quando ti fai carico di quest'avventura imperiale, l'arroganza lascia spazio alla compiacenza, diventi orgoglioso della cosiddetta apertura”.

    Nato nel 1934 e rappresentante della cultura “yoruba”, alla cui etnia appartiene, Soyinka ha studiato all'Università di Leeds e poi ha frequentato il Royal Court Theatre di Londra. Tornato in Nigeria per una ricerca finanziata dalla fondazione Rockefeller, il giovane drammaturgo diede fastidio alla nuova nomenclatura, accusata di corruzione nella pièce “Danza della foresta”. Soyinka, che appartiene al gruppo cristiano nigeriano, scontò un breve periodo di detenzione e nel 1967, accusato di simpatie per gli indipendentisti del nord, andò di nuovo in galera, per due anni. Esperienza narrata ne “L'uomo morto”. Il premio Nobel non lo ha messo al riparo dai pericoli, così nel 1995 il dittatore Sani Abacha, già responsabile della morte del drammaturgo Ken Saro-Wiwa, non esitò a condannare Soyinka alla pena capitale.

    In prigione Soyinka continuò a scrivere sulla carta igienica. “Dubito che questo tipo di indottrinamento che avviene nelle scuole dell'Inghilterra possa esserci anche in America, là i musulmani sono apertamente musulmani, qui in Europa vivono nei ghetti”, ha detto Soyinka. “Dobbiamo riunire tutti coloro che si ritengono ‘puri' e non tollerano altre fedi, caricarli sui missili e lanciarli nello spazio”. Parlando dell'islam radicale, Soyinka ha poi detto: “Un virus ha attaccato il mondo e si è diffuso in Nigeria. Barbariche orde di assassini sono entrate nelle case, trascinando fuori le persone di altre fedi per colpirle a morte. Durante la mia giovinezza potevi sentire le campane delle chiese e il bellissimo richiamo alla preghiera del muezzin. Ma adesso è una malattia”. Il riferimento è alla sua terra, dove la guerra religiosa fra musulmani e cristiani ha lasciato a terra migliaia di morti civili, e non accenna ad arrestarsi.

    Soyinka è poi tornato sul caso Rushdie: “Tutto è iniziato quando Khomeini ha assunto potere di vita e di morte sull'esistenza di uno scrittore. E' stato uno spartiacque fra l'aggressione dottrinaria e l'aggressione fisica. Quest'assunzione di potere di vita e di morte l'ha trasmessa a ogni musulmano sulla terra. Al Qaida è la discendente di questo fenomeno”. La soluzione, conclude Soyinka, è la rieducazione: “Educazione e punizioni rigorose per coloro che non pensano: ‘Io sono nel giusto e tu sbagli', ma ‘Io sono nel giusto e tu devi morire'”.
    Giulio Meotti

    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.