La bolla Ciancimino

Salvatore Merlo

Sandro Bondi, ministro della Cultura e coordinatore del Pdl, è preoccupato per “l'attacco furibondo” al governo e a Silvio Berlusconi che si concentra nelle dichiarazioni di Massimo Ciancimino. Per questo non nasconde gli “effetti nefasti” che l'inasprimento dello scontro tra politica e toghe potrebbe comportare sulla scena nazionale.

    Sandro Bondi, ministro della Cultura e coordinatore del Pdl, è preoccupato per “l'attacco furibondo” al governo e a Silvio Berlusconi che si concentra nelle dichiarazioni di Massimo Ciancimino. Per questo non nasconde gli “effetti nefasti” che l'inasprimento dello scontro tra politica e toghe potrebbe comportare sulla scena nazionale. Ma Bondi ritiene pure che, stavolta, a differenza del recente passato, il fronte delle “procure militanti” sia meno solido. Si intravvedono “importanti distinguo” nella magistratura e nella società – spiega – C'è una parte dei giudici che agisce con realismo e senso delle istituzioni. E ci sono anche, stavolta, le importanti aperture del Quirinale, del vicepresidente del Csm Nicola Mancino, nonché un clima genericamente forse meno disponibile ad assecondare la via giudiziaria alla soluzione “dei problemi politici dell'opposizione”.

    Dice Bondi: “Rispetto al passato, ad esempio, uomini come Luciano Violante hanno maturato convincimenti diversi sul ruolo della magistratura e sono impegnati a cercare delle soluzioni in grado di costituire un diverso equilibrio tra la democrazia e l'ordine giudiziario. Nella trincea restano abbarbicati ex magistrati come Di Pietro e De Magistris, che rappresentano un'immagine perfino caricaturale del ruolo della figura del magistrato. E purtroppo anche magistrati in carica come l'attuale procuratore di Torino Caselli, che non appare disposto ad ammettere certi errori da lui compiuti nel passato, e perciò esaspera le sue posizioni ideologiche”. Ma la maggioranza delle toghe appartiene a un mondo sano: “La posizione propugnata da alcuni magistrati e da alcuni uomini politici, i quali puntano allo scontro totale e allo sfascio del paese, non può essere condivisa dalla maggioranza dei magistrati che hanno la coscienza del proprio ruolo e della cura per gli interessi generali”.

    Il figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo ha testualmente dichiarato che “FI nacque in seguito alla trattativa tra stato e Cosa nostra”. Non c'è il rischio che tali testimonianze troppo libere, se non delle “buffonate” come le hanno definite molti commentatori, finiscano col delegittimare il sistema giudiziario? “Sì. Lo ha detto anche un esperto come Pino Arlacchi, ora parlamentare europeo dell'Idv, secondo il quale ‘è assurdo pensare che FI sia una creatura della mafia' perché così si accredita l'immagine dei soliti magistrati comunisti e si delegittimano i pentiti. Io penso che, oltre alla crescente sfiducia nei confronti dell'intero ordine giudiziario, di questo passo si sfigura l'immagine del nostro paese nel mondo. Chi consente tutto questo vuole fare a pezzi l'Italia”.
    Qualcuno ha detto che, se una cosa del genere fosse accaduta per esempio in Francia, i giudici avrebbero preso Ciancimino e lo avrebbero spedito direttamente in galera gettando a mare la chiave. “Ma certo. Magistrati seri avrebbero immediatamente processato per calunnia un dichiarante che afferma il contrario di ciò che aveva solennemente affermato un anno prima. Almeno, dei magistrati seri avrebbero verificato l'attendibilità della sua testimonianza prima di rovesciarla in un'aula di tribunale con sprezzo non solo della verità e dell'onore delle tante persone coinvolte (magistrati, servitori dello stato, rappresentanti delle istituzioni), ma anche dell'immagine dell'Italia. Chi si assumerà la responsabilità di questi errori quando si accerterà che tutto è frutto di menti esaltate o di torbidi progetti politici? Chi risarcirà dei danni incalcolabili provocati all'immagine del nostro paese? Chi risarcirà dei torti e delle sofferenze subite dalle persone ingiustamente coinvolte? Nessuno, temo. E' giusto questo? E non è neanche la prima volta. E' già avvenuto con le accuse rivolte ad Andreotti. Poi rivelatesi infondate. C'era da sperare che quella vicenda avesse insegnato qualcosa. Invece si continua, con sprezzo del ridicolo, con assoluta improntitudine e con la volontà di distruggere l'avversario politico di turno”.

    Sandro Bondi non ha dubbi: “A proposito di Berlusconi, se c'è qualcuno in Italia lontano anni luce, per cultura, per mentalità, per indole, per convinzioni politiche dalla mafia, questo è proprio Berlusconi. I suoi governi sono stati in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata, prima con Pisanu ora con Maroni”.
    L'attacco nei confronti del presidente del Consiglio è, come dice il ministro, “furibondo”. Eppure sembra esistere una linea di frattura che riguarda alcuni pm come, per esempio, il procuratore nazionale Piero Grasso. C'è un fronte della magistratura che non crede alla storiella di Berlusconi collegato alla mafia. Inoltre, a differenza del 1994, oggi si può contare su una più tenace opera stabilizzatrice del Quirinale e di una parte del Csm: il vicepresidente, Nicola Mancino, si è espresso a favore dell'immunità parlamentare. Sta insomma emergendo con nitore un cuscinetto istituzionale che attutisca gli effetti di uno scontro pericoloso e inedito per virulenza. O no? “Credo che nel corso di questi anni si sia fatta strada la convinzione, da parte delle più alte istituzioni e degli esponenti più responsabili delle maggiori forze politiche, che questa situazione può portare non solo alla totale perdita di fiducia nei confronti della magistratura, ma anche a un grave snaturamento del nostro sistema democratico”.

    Alcuni quotidiani sembrano intenzionati a cavalcare le parole di Ciancimino come fu per Casoria, che possibilità ci sono di recuperare un clima di normalità? “Purtroppo nell'immediato la campagna elettorale non aiuterà ad aprire una situazione favorevole al dialogo e alla responsabilità. Speriamo per il dopo elezioni. Ma affinché si possano creare le condizioni di un confronto meno animoso occorre che le forze estreme non vengano premiate dal corpo elettorale. Penso soprattutto al partito di Di Pietro. Un risultato a lui favorevole, infatti, renderebbe impossibile al Pd di Bersani di emanciparsi dalle posizioni più giustizialiste e favorevoli allo scontro”. Il governo parla di riforma della giustizia, non rischia di arrivare tardi? “Non è mai troppo tardi. Il ministro Alfano ha dimostrato competenze specifiche, una misura e una autorevolezza che saranno indispensabili per portare a compimento la riforma”.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.