I nipoti dell'imam perseguitati dai “portatori del turbante”

I Khomeini contro il regime in Iran. Dalle ginocchia del nonno all'opposizione

Giulio Meotti

Gli occhi dell'Iran erano puntati su di loro il 6 giugno 1989, giorno del funerale di Khomeini, quando una folla cupa ed eccitata, che si flagellava la schiena con una specie di gatto a nove code dalle punte d'acciaio, si accanì sul corpo dell'imam per appropriarsi di un lembo del sudario. I figli del fondatore della Repubblica islamica furono presto messi da parte, esiliati e perseguitati dal clero sciita guidato dalla Guida suprema Khamenei. Scomparsi i figli del fondatore (uno ucciso dallo Shah, l'altro forse dagli ayatollah), oggi è la schiera dei suoi nipoti a portare con orgoglio il nome del padre dell'Iran rivoluzionario.

    Gli occhi dell'Iran erano puntati su di loro il 6 giugno 1989, giorno del funerale di Khomeini, quando una folla cupa ed eccitata, che si flagellava la schiena con una specie di gatto a nove code dalle punte d'acciaio, si accanì sul corpo dell'imam per appropriarsi di un lembo del sudario. I figli del fondatore della Repubblica islamica furono presto messi da parte, esiliati e perseguitati dal clero sciita guidato dalla Guida suprema Khamenei. Scomparsi i figli del fondatore (uno ucciso dallo Shah, l'altro forse dagli ayatollah), oggi è la schiera dei suoi nipoti a portare con orgoglio il nome del padre dell'Iran rivoluzionario.

    Il primo giornale che ha notato il paradosso della linea di successione di Khomeini nemica dell'attuale regime di Teheran è stato New Republic la scorsa estate. “Khamenei contro Khomeini”, titolava la prestigiosa rivista americana. Ieri mattina il regime ha fatto arrestare Zahra Eshraqi, nipote di Khomeini, oggi all'opposizione del regime militar-religioso che ha represso le manifestazioni a partire dal giugno scorso. Un mese fa si era parlato di una fuga della famiglia Khomeini. Destinazione: Najaf, la città santa sciita in Iraq, dove risiede il clero sciita antikhomeinista guidato dall'ayatollah Ali al Sistani. La famiglia Khomeini aveva persino minacciato di chiudere la storica moschea di Jamaran, situata vicino all'abitazione di Khomeini, per le celebrazioni del trentunesimo anniversario della Rivoluzione.

    Ieri il Financial Times raccontava il caso di Hassan Khomeini, 38enne nipote del fondatore e oggi anima dell'Onda Verde che manifesta contro il regime. Scomparsa un anno fa la moglie di Khomeini, Khadijeh Saqafi, e con una sola figlia dell'imam ancora a sostenere la purezza della Rivoluzione, il resto della famiglia Khomeini è schierata a diverso titolo per un cambio di regime. “Beit-e-Imam”, si dice in farsi. Gli eredi dell'imam sono visti con deferenza perché considerati custodi del suo pensiero. Hasan, figlio del secondogenito di Khomeini, Ahmad, accusa l'attuale leadership del paese di aver “tradito” gli ideali del nonno. Custode del mausoleo dove è seppellito Khomeini, Hassan ha condannato la presenza dei militari nella vita politica iraniana. E' molto rispettato dalla popolazione perché a differenza di gran parte dei figli degli altri ayatollah, Hassan ha fatto il volontario nella guerra fra Iran e Iraq.

    Sempre nel mausoleo, la milizia politica Basiji ha arrestato Mohammad Taheri, il marito di Naimeh Eshraghi, un'altra delle nipoti ribelli di Khomeini. Yasser e Ali, nipoti di Khomeini e fratelli più giovani di Hassan, fanno parte dell'opposizione alla Guida Suprema Khamenei. Ali è sposato con la nipote dell'Ayatollah Sistani, nemico del totalitarismo politico-religioso sgorgato dalla Rivoluzione del 1979. Ali Eshraghi, un altro dei nipoti Khomeini, nel 2008 ha tentato la carriera politica con i riformisti. E' stato bloccato dal Consiglio dei Guardiani plasmato dall'ayatollah Khamenei, che Ali ha ribattezzato senza tanti giri di parole “dittatori”. Fu accusato di non portare la barba.

    Zahra Mostafavi, nipote più nota di Khomeini, ha detto che “lo scopo del regime è eliminare il nome Khomeini”. Zahra è una sostenitrice della democrazia e dei diritti umani, combatte per l'eguaglianza tra i sessi in un paese dove la testimonianza femminile in tribunale vale la metà rispetto a quella di un uomo. Ha sposato un fratello dell'ex presidente riformatore Khatami. Quando l'avvocatessa Shirin Ebadi fu insignita del Nobel per la pace, fu proprio Zahra ad accoglierla con un mazzo di fiori all'aeroporto. “Khomeini amava la libertà, ed è per questo motivo che era venuto qui”, ha detto la nipote. “Penso che molti dei suoi seguaci avessero una visione molto limitata. E sono stati loro a prendere tutte le decisioni”. Infine c'è il religioso Hussein Khomeini, che col celebre imam aveva trascorso 14 dei suoi 17 anni di esilio, oggi dichiara di suo nonno: “Allah lo perdoni, si sbagliava: lo sciismo non è i mullah che governano, è i mullah che offrono il più ampio numero di opinioni sulle diverse questioni, e aiutano la società a scegliere”. Ha fatto persino appello agli Stati Uniti perché diano una mano a cambiare regime a Teheran. “Il regime iraniano è la peggiore dittatura del mondo. La Rivoluzione di mio nonno ha divorato i suoi figli. Invece della libertà ha prodotto repressione e oscurantismo”.

    Per Hussein i “portatori del turbante”, come chiama il Consiglio dei Guardiani, hanno abusato del potere. Il suo mentore è l'ex delfino del nonno, il grande ayatollah Hossein Ali Montazeri, tra i padri della Repubblica islamica perseguitato da Khamenei. Per indebolire Hussein, gli ayatollah lo hanno accusato di corruzione. E' la prima volta dalla morte di Khomeini che un membro della famiglia viene messo sotto accusa. L'abiura degli eredi di Khomeini forse è iniziata molto tempo fa, con un figlio dell'imam, Ahmad, che dopo la morte del padre condannò duramente la nuova Guida suprema, Ali Khamenei. La versione ufficiale dice che è morto d'infarto, ma gli oppositori parlano di omicidio. Una delle fotografie più celebri di Khomeini vede il “profeta disarmato” seduto sul divano della sua spartana dimora a Javaran. Sta giocando con una bambina e un bambino. Sono i suoi nipoti, Zahra e Hussein. Oggi entrambi oppositori del regime.

    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.