Perché difendere il capo della Protezione civile - Analisi

Lavorare passando con il rosso

Sergio Soave

La vicenda giudiziaria che coinvolge i vertici della Protezione civile diventerà una palestra di insinuazioni, di propalazioni, di intercettazioni selettive, che dovrebbero essere coperte da quell'oggetto misterioso chiamato segreto istruttorio, e alla fine si concluderà senza che nessuno sia persuaso da una verità che resterà comunque controversa.

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    La vicenda giudiziaria che coinvolge i vertici della Protezione civile diventerà una palestra di insinuazioni, di propalazioni, di intercettazioni selettive, che dovrebbero essere coperte da quell'oggetto misterioso chiamato segreto istruttorio, e alla fine si concluderà senza che nessuno sia persuaso da una verità che resterà comunque controversa. Quello che forse si può invece affrontare con un minimo di realismo è un esame delle caratteristiche che debbono essere riconosciute a un intervento di emergenza. Situazioni straordinarie richiedono una possibilità di intervento rapido e quindi discrezionale, che scavalca la congerie di norme, leggi, regolamenti e pareri vincolanti che caratterizzano la prassi in Italia rassegnatamente considerata normale. Come si può passare col rosso suonando il clacson quando si trasporta un ferito all'ospedale, così si debbono poter infrangere regole ordinarie quando si fronteggia una situazione straordinaria.

    Bertolaso ha fatto così, e lo ha anche detto, e ora si tratta di vedere se deve pagare la multa per le infrazioni che ha dovuto commettere o se, come suggerirebbe il buon senso, queste debbano essere annullate in considerazione delle ragioni che le hanno rese necessarie. Sarebbe necessario selezionare in modo razionale le situazioni di effettiva emergenza e questo è un problema che non è mai stato risolto, perché quel che viene definito straordinario, da noi, diventa spesso permanente. Per l'intervento “straordinario” per il Mezzogiorno è stato istituito addirittura un ministero che è durato mezzo secolo, e ogni pioggia un po' più intensa porta alla dichiarazione di uno stato di calamità. C'è anche la legislazione di emergenza che viene emanata in situazioni eccezionali, e poi non viene mai abrogata: la legge che proibisce di apparire in pubblico con il viso coperto fu emanata per combattere le brigate rosse, e trent'anni dopo serve per impedire di indossare il chador, è stata modificata solo per non rendere illegali i festeggiamenti in maschera del Carnevale. L'estensione torrenziale del concetto di emergenza, dovuto al fatto che non si riesce a stabilire un ordinamento che consenta di realizzare qualcosa in tempi certi, rende poi difficile definire in modo esplicito i poteri straordinari da attribuire a chi assume la responsabilità di affrontare le emergenze vere.

    In realtà la prassi adottata con Bertolaso per intervenire nella crisi dei rifiuti in Campania, e nella costruzione di edifici che consentissero di ripararsi già nel primo inverno dopo il terremoto abruzzese, potrebbe essere come un punto di partenza. L'emergenza deve avere un limite temporale: se si pensa che ancora oggi non sono chiuse le procedure per il terremoto in Irpinia, mentre la fase di emergenza di quello de L'Aquila è stata completata, si misura la differenza di impostazione e di organizzazione. L'altro punto che va considerato è la collaborazione delle diverse branche dello stato, ovviamente coordinate dal governo in carica.

    Anche in questo caso basta pensare alla differenza tra la prima fase dell'emergenza dei rifiuti in Campania, quando le sorde opposizioni dei cosiddetti ambientalisti, insorgenze localistiche e rigorismi fuori luogo di settori della magistratura riuscirono a bloccare tutto, e la seconda fase, nella quale l'appoggio all'iniziativa della Protezione fu reso esplicito persino dalla presenza settimanale del presidente del Consiglio a Napoli. Infine va esaminata la questione del carattere privatistico del regime finanziario dello strumento, che resta pubblico, della Protezione civile chiamato a reagire alle situazioni straordinarie. Regime privatistico che è più consono alle caratteristiche di discrezionalità, ma che deve garantire, a consuntivo, non solo l'efficienza ma anche la trasparenza.

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