Le belle parole
Come il Santo Natale, che sorprende con l'accensione delle luminarie stradali quando ancora non siamo a metà dell'autunno, anche il premio Strega quest'anno gioca d'anticipo. Le candidature dovrebbero maturare tra il primo e il quindici aprile, appoggiate ciascuna da due presentatori che si fanno garanti del fatto che lo scrittore prescelto accetti la competizione.
Come il Santo Natale, che sorprende con l'accensione delle luminarie stradali quando ancora non siamo a metà dell'autunno, anche il premio Strega quest'anno gioca d'anticipo. Le candidature dovrebbero maturare tra il primo e il quindici aprile, appoggiate ciascuna da due presentatori che si fanno garanti del fatto che lo scrittore prescelto accetti la competizione. Fu ad aprile del 2009 che Daniele Del Giudice fece il gran rifiuto, dopo che Mario Fortunato (sconfitto l'anno precedente da Niccolò Ammaniti) lo indicò come sicuro vincitore con “Orizzonte Mobile”. Il superfavorito di quest'anno – Walter Veltroni – rinuncia alla candidatura con due mesi di anticipo, seguendo una tempistica tutta sua. Era da un po' infatti che il nome dell'ex segretario del Pd non veniva rilanciato dai soliti pettegolezzi, letterari e no. Era da un po' che la saga italiana “Noi” – tre giovani e una giovinetta colti in momenti epocali – non veniva considerato un imperdibile romanzo.
Chiedere di non essere candidato ricorda l'esistenza del libro a chi ormai l'aveva scordato, e non si ricorderebbe neanche con l'omonimo cd, ed è l'occasione per un esercizio retorico che mentre dice “no, grazie” mette in fila una serie di argomenti che suggeriscono il contrario. Peccato esistano le malelingue, a impedire che un simile capolavoro occupi il posto che gli spetta nelle patrie lettere, giacché “è piaciuto tanto ai lettori e ai critici”. Peccato esistano i malpensanti. Veltroni fa un passo indietro, ma sente il bisogno di mettere agli atti che “qualcuno, presentando il romanzo, ha detto che ‘se non l'avesse scritto un uomo politico' il successo di ‘Noi' sarebbe stato ancora più grande”. “Ma sono contento così”, aggiunge con modestia, epperò coglie l'occasione per far l'elenco completo dei suoi libri. Il dubbio che la politica c'entri qualcosa con la facilità a pubblicare e con le recensioni entusiastiche non lo sfiora. Si sa che la politica, in Italia, è un tremendissimo handicap.
“Le brutte parole” era il titolo di un libro di Nora Galli de' Paratesi, uscito negli anni Sessanta: parlava di eufemismi, quando ancora si usavano, e la parola “piedi” era sostituita con “estremità”. “Le belle parole” potrebbe essere un bel titolo per chi avesse in animo di studiare il linguaggio veltroniano. L'articolo comincia parlando di onore, per essere stato preso in considerazione. E finisce tornando sull'onore, con la partecipazione speciale dei quattro personaggi che “ringraziano, portando il berretto all'altezza del cuore” (anche la femmina Nina, adolescente nel 2025). Roba da De Amicis, ribattezzato “Edmondo dei languori”, e facciamo fatica a pensare che da una simile prosa possa uscire un romanzo, tra tutti i generi il meno sussiegoso. “Un libro difficile, che considero la cosa più bella che abbia mai scritta”, insiste il rinunciatario. Gli mancherà l'adrenalina della competizione. Ma ognuno ha la sua croce, e i galantuomi se l'accollano senza un lamento.
Il Foglio sportivo - in corpore sano