La transumanza del gregge cattolico del Pd

Ma quante poche pecorelle sono rimaste nell'ovile del pastore Bersani

Stefano Di Michele

Evangelicamente, Bersani non ha smarrito una pecorella, fosse pure sotto le ardimentose spoglie della Binetti, ma ormai praticamente mezzo gregge: chi all'oratorio con Rutelli, chi in sacrestia con Casini, il fronte cattolico democratico – prodianamente adulto o veltronianamente in fase di svezzamento – si assottiglia di giorno in giorno. E c'è da dubitare che il segretario ne raccatti prossimamente qualcuno all'Ariston.

    Evangelicamente, Bersani non ha smarrito una pecorella, fosse pure sotto le ardimentose spoglie della Binetti, ma ormai praticamente mezzo gregge: chi all'oratorio con Rutelli, chi in sacrestia con Casini, il fronte cattolico democratico – prodianamente adulto o veltronianamente in fase di svezzamento – si assottiglia di giorno in giorno. E c'è da dubitare che il segretario ne raccatti prossimamente qualcuno all'Ariston. Una volta, con la comodità della Sinistra indipendente, il cattolico para-Pci stava, a dirlo con apposita metafora, come un Papa: molti onori, niente oneri – tra l'altro, al più si scambiavano missive con monsignor Bettazzi, mica si candidava la Bonino. E infatti, tra quelli rimasti, è tutto uno stupito guardarsi e tutto un affannoso (ri)contarsi. Ora, non che dirsi cattolico sia cosa troppo complicata – tutti battezzati, tutti cresimati, la faccenda va abbastanza avanti da sola – ma a voler parlare proprio dei cattolici in politica, di quelli che almeno un'occhiata rispettosa al vescovo diocesano la lanciano, la faccenda mica è messa tanto bene. Anime se non perse (questo chi mai può dirlo, nemmeno Quagliariello) certo almeno in affanno – se non si è democristiani cattolici di terra di Tuscia, come Giuseppe Fioroni, visivamente teologicamente meno problematico – ormai quotidianamente sparuti si stringono, si consolano e s'interrogano di fronte all'ennesimo “fuori un altro”.

    Se quelli che hanno qualche ruolo nei giochi del vertice democratico – come Franco Marini, come Enrico Letta – solitamente tacciono o invocano, come Letta, “una chance in più” (ma cos'è, la Domenica sportiva?), o altrimenti, come Rosy Bindi, fanno atto di condolenza formale, “sono dispiaciuta”, e sostanziale precisazione, essendo tutto all'origine un equivoco, da quando la Binetti “entrò prima nella Margherita e poi nel Pd”: insomma, non perché te ne vai, ma come ti è venuto in mente di venire? Sulle dita di due mani, ormai sembrano stare i cattolici con un ruolo nel Pd. E se Pierluigi Castagnetti fa mostra di vero dispiacere, “è una grave perdita”, e perciò a giudizio di tanti amici di partito piuttosto esagera, Marco Follini – che della Binetti anni fa fece il percorso inverso – cattolico impietoso, mette il dito sulla piaga, essendo la piaga la seguente: un “lungo stillicidio di abbandoni”, e contemporaneamente “un silenzio gelido e burocratico” da parte del vertice bersaniano. Luigi Bobba, il professor Stefano Ceccanti, e persino Andrea Sarubbi, il conduttore di “A Sua Immagine” voluto espressamente da Veltroni – che l'occhio televisivo ce l'ha – salutato al suo esordio in politica, dal Corriere, come “bello e cattolico” – il fisico e la fede – come i “dieci piccoli indiani” aspettano e la mattina dopo si ricontano, per sapere quanti sono ancora. C'è poi Ignazio Marino, pur esso cattolico, ma rischi di perderlo, almeno per lui, non se ne corrono. Così Bersani si ritrova un po' come monsignor Colombo da Priverno, il prelato interpretato da Manfredi nel film “In nome del Papa Re”, quando chiede al perpetuo cosa bisogna fare se il pastore perde una pecora, e quello adeguatamente risponde, e poi domanda che bisogna fare se di pecore se ne perdono due, e quello opportunamente osserva: “Distratto, però, 'sto pastore…”. Si vede che al Pd si sono distratti, e così il richiamo dell'ovile si è fatto parecchio forte.