Il dramma del premier
Così il Cav. cerca di tirare fuori il suo partito dalla tormenta giudiziaria
Nel Pdl la chiamano “operazione trasparenza”, si tratta di ripulire le liste per le prossime regionali e dunque di scegliere i candidati attraverso un'attenta selezione che tenga conto anche del casellario giudiziale. Questa è l'idea, la cui realizzazione pratica tuttavia non sarà altrettanto semplice quanto la sua esposizione. Ma non finisce qua. Nelle intenzioni del premier pare ci sia anche un lavoro di preciso disboscamento alla Protezione civile e al ministero delle Infrastrutture.
Nel Pdl la chiamano “operazione trasparenza”, si tratta di ripulire le liste per le prossime regionali e dunque di scegliere i candidati attraverso un'attenta selezione che tenga conto anche del casellario giudiziale. Questa è l'idea, la cui realizzazione pratica tuttavia non sarà altrettanto semplice quanto la sua esposizione. Ma non finisce qua. Nelle intenzioni del premier pare ci sia anche un lavoro di preciso disboscamento alla Protezione civile e al ministero delle Infrastrutture. Benché per questo ci sia “più tempo”, dicono fonti ministeriali. Si vedrà dopo il voto, che per la prima volta, forse incoraggiato dai segnali che giungono dall'Udc, Silvio Berlusconi ha definito “un test nazionale”. Sarà un momento importante, l'ultima tornata elettorale prima del 2013. A urne chiuse, si sussurra insistemente nel Palazzo, non è escluso neanche il già semi annunciato, e più volte semi smentito, rimpasto nella governance del Pdl.
Berlusconi è preoccupato e cauto, e non lo ha nascosto ieri in una conferenza stampa nella quale si è mostrato insolitamente pacato. Il dramma del Cav. è che, partito lancia in resta, è finito col subire, assieme a Gianni Letta, uno schiaffo politico da parte di alleati e cofondatori che lo ha costretto a rinfoderare l'intuizione funzionalista della Protezione civile trasformata in Spa. Anche per questo ora gioca da temporeggiatore. Non recede dalla volontà di proteggere a tutti i costi Guido Bertolaso ma non sa cos'altro possa venire fuori dalle oltre ventimila pagine d'informativa dei Ros fiorentini. Per questo ha dato un preciso mandato al proprio partito: ci vuole cautela. La gigantesca informativa dei carabinieri può riempire i giornali di propalazioni e intercettazioni per molte settimane e nessuno è ancora in grado di affermare che la lista dei politici coinvolti non si allargherà ulteriormente (anche al centrosinistra). Da qui la strategia del premier: è necessario, ha spiegato a chi ha avuto modo di sentirlo, distinguere l'attacco politico “e personale” nei confronti di uomini a lui molto cari da quelli che lui stesso considera “episodi veri”, benché isolati, di corruzione.
La strategia del Pdl è quella di separare l'aggressione giudiziaria contro gli uomini più vicini a Berlusconi da quei fenomeni di corruzione “singola e deprecabile” che da Milano a Firenze, passando per gli appalti della Maddalena, “rischiano di gettare fango su quanto di buono il governo ha fatto sino a oggi”. Come ha detto il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto: “La risposta a un disegno politico-giudiziario deve essere rigorosa e selettiva, non può comportare la difesa di tutto e tutti. Bisogna anche essere molto rigorosi nella formazione delle liste per le regionali”.
La sensibilità del Cav. non è poi così lontana da quella del presidente della Camera, Gianfranco Fini. Le parole del cofondatore (“ci sono troppi corrotti”), compreso il suo lavoro di interdizione sul decreto Protezione civile Spa, potranno anche avere irritato il premier per la scelta dei tempi, considerata un po' opportunistica, con la quale Fini le ha precipitate nel dibattito pubblico; ma Berlusconi in realtà sembra condividere le parole del cofondatore, compresa l'idea finiana che non ci si trovi di fronte a una nuova Tangentopoli ma che la faccenda riguardi “solo dei mariuoli”. Si affaccia così, tra gli osservatori, la suggestione di un piano di reazione concertato tra i due leader: vista la consonanza persino troppo evidente e considerato che in realtà i berlusconiani, di pancia e a caldo, avevano valutato molto negativamente le sortite di Fini. Per citarne uno, Giancarlo Lehner: “Mi trovo in un partito stirneriano. Non s'era mai vista la terza carica dello stato cercare scoop, esondare oltre l'orizzonte, divulgare decisioni non ancora formalizzate dall'esecutivo. Ci ha pensato Fini a creare il precedente”.
D'altra parte, in questa fase, è idea diffusa tra i vertici del Pdl che sia necessario evitare frizioni e piuttosto collaborare tra alleati e colleghi di partito: anche facendo buon viso a cattivo gioco. Specie ora che il passo indietro sulla Protezione civile ha disinnescato i malumori interni rendendo possibile un rapido ricompattamento di fronte alla tormenta giudiziaria. Ma se il Cav. adotta, in parte, lo stile di Fini, la soluzione sulle liste, tuttavia, non sarà certo quella avanzata dai finiani in commissione Antimafia la settimana scorsa: il codice etico che attribuirebbe alla commissione, in collaborazione con le prefetture, il potere di interdire le candidature e far decadere gli eletti che fossero condannati o indagati. “Quella è una boiata”, dice senza mezzi termini un alto dirigente berlusconiano. “Quello che serve è un atto di responsabilità del Pdl. E basta”. Si vedrà.
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