Per Barack "il piano di stimoli ha evitato la catastrofe"

L'Obamanomics? Soltanto “un patto con le grandi aziende”

Amy Rosenthal

Ha funzionato il piano di stimoli all'economia da 787 miliardi di dollari, in quanto ha scongiurato il rischio che gli Stati Uniti sprofondassero nella depressione. E' questa la convinzione del presidente Usa Barack Obama, secondo cui il piano ha creato o salvato due milioni di posti di lavoro. Nel discorso sullo stato dell'economia, Obama ha aggiunto che la ripresa è in atto e l'obiettivo è creare per quest'anno un milione e mezzo di posti di lavoro.

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    Ha funzionato il piano di stimoli all'economia da 787 miliardi di dollari, in quanto ha scongiurato il rischio che gli Stati Uniti sprofondassero nella depressione. E' questa la convinzione del presidente Usa Barack Obama, secondo cui il piano ha creato o salvato due milioni di posti di lavoro. Nel discorso sullo stato dell'economia, Obama ha aggiunto che la ripresa è in atto e l'obiettivo è creare per quest'anno un milione e mezzo di posti di lavoro.

    Leggendo gli articoli del vincitore del premio Nobel ed editorialista del New York Times Paul Krugman, verrebbe da pensare che “Big government” e “Big business” siano due forze rivali con obiettivi diametralmente opposti. Tuttavia, come dimostra l'editorialista del Washington Examiner Timothy P. Carney nel suo ultimo libro (“Obamanomics: How Barack Obama is Bankrupting You and Enriching his Wall Strett Friends, Corporate Lobbyists and Union Bosses”), si tratta soltanto di un mito. Ed è lo stesso autore a spiegarne al Foglio il motivo: “Dopo che Washington ha speso 700 miliardi di dollari per salvare le banche di Wall Street, come si può ancora credere che il Big business vuole soltanto essere lasciato in pace? Il Big business è sempre in cerca di ulteriori sovvenzioni, ma anche le regolamentazioni tendono ad avvantaggiarlo.

    La Philip Morris ha appoggiato il decreto di regolamentazione sul commercio del tabacco proposto dal presidente Obama. La General Electric e la maggior parte delle grandi compagnie energetiche sostengono la sua iniziativa per la regolamentazione dell'emissione dei gas a effetto serra. Le principali aziende farmaceutiche hanno appoggiato il decreto di Obama per la riforma del sistema sanitario. Il Big business molto spesso vuole non meno governo ma più governo. E la Obamanomics sta aumentando il controllo governativo sull'economia – con sussidi, regolamentazioni, tasse, ecc. – in perfetta intesa con il Big business e a suo vantaggio”.

    Sebbene molti commentatori di destra come Bill O'Reilly e Glenn Beck continuino a definire Obama un socialista, Carney sostiene che questa sia un'assurdità. “Socialista è un termine negativo e derisorio per Obama, e per due semplici ragioni: primo, quasi tutti i politici americani sono, almeno in parte, socialisti – non dimentichiamoci che il salvataggio di Wall Street è stato approvato con un forte sostegno bipartisan; secondo, Obama non sta certo combattendo una crociata per la nazionalizzazione del settore privato. Obama lavora in stretta collaborazione con il Big business”, sottolinea Carney, aggiungendo: “Una definizione più accurata della sua politica economica è ‘corporativismo'. Io la chiamo semplicemente ‘Obamanomics'; non perché l'abbia inventata lui stesso, ma perché questa collusione tra business e governo è la sua caratteristica più distintiva”.

    Il libro di Carney offre molti esempi per dimostrare la duplicità di Obama e la sua disponibilità ad approvare operazioni che non sono vantaggiose per il popolo americano. “Proprio così – riprende Carney – l'accordo stabilito dal presidente con le industrie farmaceutiche è senza dubbio l'esempio più lampante. Obama, durante la campagna elettorale, aveva fatto pubblicare un manifesto propagandistico intitolato ‘Billy', nel quale attaccava l'ex membro del Congresso per la Louisiana Billy Tauzin, che aveva contribuito all'approvazione di un sussidio per prodotti farmaceutici particolarmente favorevole per le industrie. Subito dopo Tauzin è stato assunto come principale lobbista. Ma, durante l'estate, Obama invitò Tauzin a un incontro segreto alla Casa Bianca nel quale stabilirono un accordo che proteggeva due esigenze fondamentali per le industrie farmaceutiche: la proibizione di una reimportazione di medicine dal Canada e le regole che rendono elevati i sussidi per l'acquisto delle medicine. I consumatori ne sono usciti svantaggiati, ma Obama aveva conquistato un importante alleato per la sua battaglia a favore della ‘riforma' del sistema sanitario”.

    Dopo lunghe discussioni, il 3 febbraio scorso il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, è stato confermato per un secondo mandato di quattro anni. Domandiamo a Carney se lo ritiene un fatto positivo o negativo. “Non so se ci sarebbe stato qualcuno più adatto di Bernanke, ma è degno di nota che Obama fosse disposto a esporsi in prima persona per averlo al suo fianco. Io ho dato a Bernanke il soprannome di ‘Captain Bailout': ha iniziato nel marzo del 2008 con il salvataggio della banca d'investimento Bear Stearns. Poi ha orchestrato il salvataggio del colosso assicurativo Aig. Infine insieme a Hank Paulson ha organizzato il Grande salvataggio di Wall Street. Ho il sospetto che Obama abbia dato grande valore al fatto che Bernanke era disposto a cambiare le regole pur di aumentare il potere di salvataggio”. Quale consiglio darebbe a Bernanke? “Gli direi di smettere di cercare di guidare l'economia attraverso la Federal Reserve e di annullare tutte le acquisizioni di autorità ottenute tra il 2008 e il 2009”.

    E che cosa dovrebbero fare i repubblicani per contrastare e impedire l'affermazione della Obamanomics? “I repubblicani”, risponde Carney, “devono assumere una posizione chiaramente anticorporativa. Devono schierarsi contro il Big government, ma anche contro il Big business. Devono attaccare il patto stabilito tra Obama e le industrie farmaceutiche. E smascherare la nuova legislazione sul clima come un inutile perdita di tempo, buona solo per le grandi corporation”. Prima di accomiatarci chiediamo a Carney quale messaggio spera che i lettori del suo libro traggano a proposito di Obama e dell'attuale economia statunitense. “Penso che il libero mercato americano sia stato un grande vantaggio per tutti gli imprenditori, e che il Big government tenda a centralizzare l'economia. Spero che coloro che credono nel libero mercato smettano di considerare il Big business come un proprio alleato. E spero che i difensori dello Small business smettano di pensare che il Big government possa essergli d'aiuto”. E c'è un messaggio anche per gli europei? “Sì – conclude Carney – che Barack Obama in realtà non è affatto un riformista”.
    (traduzione di Aldo Piccato)

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