Verdini, quel tipo fantastico cui regalai un pezzetto del Foglio

Una notizia: politici e amministratori si interessano di appalti

Giuliano Ferrara

Non metto le mani sul fuoco per nessuno, intanto perché le mie sono già bruciate, non essendo chi le porta una persona perbene (grazie a Dio), e poi perché potrebbero anche riardere. Ma  non ho potuto evitare di sorridere, stamane, apprendendo che Denis Verdini è indagato per corruzione. Il tipo di Verdini che ho conosciuto quando preso da pazzia (ogni dieci anni una pazzia la faccio) andai nel Mugello per cercare di infangare quel brav'uomo di Tonino Di Pietro (1997), la malandrinata, è estratto di peso da una sceneggiatura di Benvenuti e De Bernardi, un compagno di giochi da Amici miei, tra Germi e Monicelli. Malandrino, essere umano.

    Non metto le mani sul fuoco per nessuno, intanto perché le mie sono già bruciate, non essendo chi le porta una persona perbene (grazie a Dio), e poi perché potrebbero anche riardere. Ma  non ho potuto evitare di sorridere, stamane, apprendendo che Denis Verdini è indagato per corruzione. Il tipo di Verdini che ho conosciuto quando preso da pazzia (ogni dieci anni una pazzia la faccio) andai nel Mugello per cercare di infangare quel brav'uomo di Tonino Di Pietro (1997), la malandrinata, è estratto di peso da una sceneggiatura di Benvenuti e De Bernardi, un compagno di giochi da Amici miei, tra Germi e Monicelli. Malandrino, essere umano.

    Ama dipingere il suo passato come l'avventurosa storia di un contrabbandiere di fegato di bue che diventa ricco, che se la cava e sfonda dopo un'infanzia modesta ma prode, orgogliosa di origini extrafiorentine, in quel non-luogo fascinoso e ribaldo che è Campi Bisenzio (dove è locato il ristorante con buoni vini che non fu l'ultima sua seduzione per il fresco polletto mugellese che io ero). Sua moglie Simonetta è un medaglione botticelliano, e il nome Fossombroni, riverito primo ministro del Canapone, tradizione leopoldina insigne, sta lapidario in Santa Croce, dico poco.

    I figli sono meravigliosi, e per non parlare di Francesca basti dire che Tommaso chiedeva al Riccardo Fusi, costruttore e amico di famiglia che Denis pare raccomandasse ai ministri suoi amici, se gli poteva fare il piacere di fissargli al Forte l'albergo: “E siamo otto, bastan du' camere”, era la richiesta non so se corruttiva o in conflitto di interessi all'amico di famiglia, che finalmente poteva pagare qualcosa a Denis. Chi lo conosce sa che saldare il conto di un pranzo in sua presenza è quasi impossibile, e non c'è festività importante senza un suo regalo di spumanti e prosciutti, anche collettivo, e nel corso del tempo chi ha avuto bisogno, tra gli sciamannati cercatori di mutuo e di prestiti delle redazioni, ebbe soddisfazione dal banchiere del Credito cooperativo, attento ai conti fino all'ultima lira, ma sempre generoso. Anche troppo: una volta che un suo gentile debitore si era presentato con la vecchia e cara madre a discutere dei termini del prestito, il direttore si rivolse al Verdini e gli disse: “Ohcchè ci vòle da' in pegno la su' mamma, codesto amico suo?”.

    Lo conobbi nella casa medicea di una amica comune, nel 1997 d'autunno quando arrivai a Firenze per farmi battere alle elezioni dal popolare Tonino, ma anche battergli un pochino le mani sul muso. Era un berlusconiano ex repubblicano e già deluso dalle eterne diatribe partitiche “sul territorio”. Era in ardente ambizione politica, e fu un piacere presentargli il Cav., che venne a fare un paio di sventurati comizi invernali (“Col paletot, alla mia età”, mi rimproverò dopo un discorso nel porticato del comune di Campi, che sembrava Lenin). Poi, dopo migliaia di chilometri con me su una Mercedes bianca, pagata con i soldi miei e non di Gorrini, dozzine di comizi, milioni di crostini di fegato, una sberla elettorale prevista ma pur sempre incandescente, ecco che si mise a fare la sua corsa e mi diventò il n° Two o giù di lì. In pochi anni.
    Ora io non ho titolo per affermare se il Verdini sia o no un corrotto, un corruttore o quel che volete voi, l'ho già detto. Perché non considero una notizia l'interessamente per gli appalti pubblici e privati di un politico, di un amministratore, che è quel che emerge da certe brodose intercettazioni rese note a mezzo stampa. Quanto alla cupola massonica, è un pettegolezzo di quelli un po' truci che ho messo in giro io, ahimè danneggiando l'amico con cui mi scuso, perché da sempre lo prendo per i fondelli e gli dico che non si può essere fiorentini e amassonici, a meno che non si sia frati di San Marco, e anche in quel caso non ci giurerei. La voce massonica corse, arrivò al terribile Cossiga, che ne fece una nota per le agenzie la prima volta che considerò Verdini, non so se a torto o a ragione, un intralcio umano per qualche sua fulgida mattana paraberlusconide; naturalmente è finita nel giornale di Travaglio.

    Notizia, dicevo, non considero nemmeno l'interessamento di Veltroni o di Rutelli per questo o quell'architetto, sempre documentato de relato da intercettazioni talvolta nebbiosette, preferenze per questo o quell'appalto di rifacimento chiese, poli culturali, scuole dei carabinieri ed altre tipologie edilizie. Nella mia famiglia comunista (gentaccia, lo riconosco) si rise molto quando Renato Zangheri sindaco di Bologna e storico insigne promosse un convegno contro la “raccomandazione”: lo so, non si dovrebbe fare, ma non mi sembra reato di corruzione raccomandare gli amici e le loro ditte, fare gruppo di pressione e promuovere funzionari di un giro amico, che abbiano un qualche requisito di legge (non cavalli), alla testa delle diverse branche della pubblica amministrazione. Prendere una percentuale sì, quello è poco carino, ma non ci sono indizi di alcun genere in tal senso.
    Il Verdini era la persona giusta per darmi una mano quando il tour de table del Foglio entrò per un momento in crisi, e divenni titolare del trenta per cento delle quote per abbandono di responsabilità sociale.

    Il giornale non era ancora una cooperativa, di quel quotone non sapevo che farne, dovevo cambiare mestiere, diventare editore-imprenditore, mettere delle improbabili fidejussioni per le banche, e allora gli intestai in modo del tutto gratuito un bel 15 per cento, di cui lui fece buon uso, mettendo le fidejussioni bancarie, coprendo qualche piccolo deficit i due anni in cui non eravamo in pari con le vendite la pubblicità e le sovvenzioni pubbliche. Avrei gradito chiedere la partecipazione di una quota a Sindona, come fece il magnifico Scalfari quando ritenne di averne bisogno per promuovere la Repubblica, ma a me, tanto più umile del Fondatore,  toccò il Verdini, e tutto sommato sono riconoscente alla vita per avermi fatto incontrare un banchiere, un bel manzo italiano, un amico e un babbo che procura due camere per otto ai suoi figli.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.