L'Avvenire getta un “mattone” nella piccionaia di Bersani: Bonino “incompatibile”

Il ritorno di don Camillo e la chiesa che preferisce (ancora) non essere irrilevante

Maurizio Crippa

"Il nome e la storia di Emma Bonino ‘sono' un programma incompatibile con altri, e in ogni caso certamente affinato con aperta e spesso aspra ostilità verso la visione cristiana della vita e dei rapporti sociali. Decidere di fare di un simile contributo un ‘mattone' del muro della casa comune del Pd significa fare una scelta precisa e pesante”. E “le sottovalutazioni si pagano”. Ieri il direttore dell'Avvenire Marco Tarquinio ha spostato “il diavolo Bonino” a pagina 2, rispondendo a una lettera di Pier Luigi Bersani.

Leggi Il diavolo a pagina 11 di Giuliano Ferrara

    "Il nome e la storia di Emma Bonino ‘sono' un programma incompatibile con altri, e in ogni caso certamente affinato con aperta e spesso aspra ostilità verso la visione cristiana della vita e dei rapporti sociali. Decidere di fare di un simile contributo un ‘mattone' del muro della casa comune del Pd significa fare una scelta precisa e pesante”. E “le sottovalutazioni si pagano”.

    Ieri il direttore dell'Avvenire Marco Tarquinio ha spostato “il diavolo Bonino” a pagina 2, rispondendo con argomentazioni secche e a tutto tondo a una lettera di Pier Luigi Bersani. Che a sua volta replicava a un editoriale del quotidiano dei vescovi firmato da Sergio Soave il quale, prendendo spunto dall'addio di Paola Binetti al Partito democratico, rifletteva in modo piuttosto tranchant sul “disinteresse colmo di sufficienza” del Pd rispetto alla questione della “pari dignità” dei cattolici nel partito. Tarquini, confermando il giudizio, ha insistito sulla “sostanziale solitudine” in cui “stranamente” i cattolici si sono trovati a coltivare “il tema della libertà di coscienza”. Solitudine aggravata dalla scelta Bonino. Tanto che in penultima pagina, rubrica lettere, Tarquinio ha addirittura raddoppiato, con un giudizio netto sulla “incompatibilità irriducibile” di Emma Bonino con il sentire politico cattolico: “Una melensa propaganda di stagione… non può cancellare decenni di tragiche battaglie radicali contro la visione cristiana della vita”. L'uno-due di Avvenire è significativo anche perché mostra la ripresa di una libertà di giudizio forte, non preoccupata di creare eventuali scontenti, laddove negli ultimi tempi era sembrata prevalere la virtù (ecclesiale) della prudenza.

    Difficile non cogliere una connessione tra il parlar chiaro di Avvenire e l'addio al Pd di Paola Binetti. Con il suo abbandono, si chiude di fatto la stagione della “pattuglia teodem”. Resta il solo Luigi Bobba, significativamente, però, figlio di un'altra famiglia del cattolicesimo sociale, quella aclista. Un po' verità e un po' semplificazione giornalistica, fin dal varo del Pd i “teodem” sono sempre stati indicati come una pattuglia di esploratori ruiniani – se non addirittura di sabotatori in sonno dell'esperimento veltroniano. Più realisticamente, una sorta di avamposto chiamato a testare la consistenza di una scommessa politica: se si potesse cioè praticare una certa visione dell'impegno cattolico nella vita pubblica anche in quel terreno. Un elemento aggiuntivo, insomma, della sottile dottrina elaborata dal cardinale Camillo Ruini per l'Italia del bipolarismo: un'equidistanza tra i due poli, corroborata da “una presenza significativa” di cattolici in entrambi gli schieramenti.

    L'addio di Binetti indica che il tempo di quell'esplorazione è concluso, la pattuglia può rientrare alla base. Se c'era da “vedere” un bluff, è stato visto. Nel Pd restino, se vogliono, cattolici portatori di altri Dna. Si è conclusa una stagione, ma il metodo Ruini non va in archivio: la gerarchia continuerà a praticare un'equidistanza (meno spericolata) tra due fronti, quello del centrodestra e quello dell'ipotetico progetto centrista. La chiusura del caso fatta da Avvenire sembra confermare che lo spazio per le chiacchiere del Pd stia ormai a zero. E, sottilmente, lascia anche leggere in trasparenza un indirizzo dei vescovi univoco.

    Leggi Il diavolo a pagina 11 di Giuliano Ferrara

    • Maurizio Crippa
    • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

      E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"