Sense of humour? No, grazie
Dice un amico di Emma Bonino che questa campagna elettorale potrebbe far bene, “prima che al centrosinistra, al carattere stesso di Emma Bonino”. “Che meraviglia sentirla raccontare barzellette, come Berlusconi”, osserva l'amico sorridendo e aggiungendo “ovvio che il ‘come Berlusconi' è una battuta”– e a quel punto l'interlocutore cerca di indovinare quale barzelletta, seppure non berlusconica, possa mai sposarsi con il non-senso dell'umorismo (severissimo) della candidata radicale appoggiata dal Pd nella corsa alla presidenza della Regione Lazio.
Dice un amico di Emma Bonino che questa campagna elettorale potrebbe far bene, “prima che al centrosinistra, al carattere stesso di Emma Bonino”. “Che meraviglia sentirla raccontare barzellette, come Berlusconi”, osserva l'amico sorridendo e aggiungendo “ovvio che il ‘come Berlusconi' è una battuta”– e a quel punto l'interlocutore cerca di indovinare quale barzelletta, seppure non berlusconica, possa mai sposarsi con il non-senso dell'umorismo (severissimo) della candidata radicale appoggiata dal Pd nella corsa alla presidenza della Regione Lazio. Barzellette sui carabinieri? Impossibile. Barzellette su italiani, francesi, inglesi e tedeschi? Addirittura “impensabbbile”, come direbbe Emma Bonino, e infatti poi si scopre che Emma Bonino non ha raccontato alcuna barzelletta.
E' andata però a pranzo in una casa famiglia, in periferia, si è seduta a tavola davanti a un piatto di pasta al sugo e, con aria vagamente più gioviale del solito, ha tirato fuori qualche aneddoto automobilistico su quando andava in macchina con Marco Pannella e Marco Pannella faceva ciò che innervosisce un guidatore all'opera: dare consigli non richiesti sull'itinerario, criticando nel contempo lo stile al volante.
Poi uno vede Emma Bonino ballare su ritmi da banlieue a Roma, con i pugni alzati davanti a un pubblico plaudente di donne “per Emma”, e la candidata sembra pronta addirittura per Sanremo (alla faccia di un Pier Luigi Bersani battuto, oltreché sui tempi della candidatura nel Lazio, pure sulla svolta nazional popolare). Non soltanto, infatti, Emma Bonino balla, cita la mamma e saluta gli amici, ma, asciugandosi gli occhi, usa anche l'espressione “emozionarsi ancora” – sarà che c'è il messaggio affettuoso di Anna Finocchiaro, sarà che c'è il sostegno di Irene Bignardi, sarà che Franca Valeri ha detto “fidatevi della donna che non cambia mai pettinatura”, a dispetto dell'incursione di Bonino nel look castano arruffato corto, tanti anni fa. E non basta: Bonino si è anche invaghita della frase “un'altra storia è possibile” come neppure un no global post veltroniano, e adopera volentieri il termine “contaminare”, sopportando senza colpo ferire la videointervista di Anna Venturini Fendi che invita a votare Emma, sì, ma definendosi, in un tripudio di “z” romanesche, “perzonalmente apartitica”. Non fosse per il continuo accenno alla “storia radicale” di cui Bonino “va fiera” e di cui “non vuole nascondere nulla”, non si capirebbe perché Dario Franceschini, dal Pd, continui a dire “preferivo un candidato di sintesi”.
Alla terza volta in cui Emma dice “sono fiera della mia storia”, comunque, qualcuno nel pubblico “donne pro Emma” commenta “s'era capito…”, tanto più che Bonino, con metodo radicale, invita a farsi militanti per un'ora al giorno: mandate mail, chiedete all'amico cosa vota, appendete stendardi alla finestra e senza vergogna dite “vivo al primo piano e voto Emma Bonino”. Nessuno si scoccia ma qualcuno diffida, e accanto alla balaustra della sala una post femminista in giacca viola fa le pulci alla candidata – quando Emma dice “di sorellanza ne ho vista poca, in Italia”, la signora commenta: “Lei stessa l'ha poco praticata, però”. Non così la pensa un'entusiasta Lidia Ravera (che ha memoria di Emma “da quando le ragazzine morivano come mosche e lei lottava contro l'aborto clandestino”).
Per il resto Emma Bonino – oltreché lavorare per spazzare via la tristezza di Lidia Ravera, scrittrice sconfortata per il paese “che non ha interesse ad allargare il proprio parco parole” – sembra puntare a tenere alta la bandiera del proprio essere “irritante”, come dice lei. “Sono irritante”, ha ribadito con gran gusto persino durante il forum all'Unità (e ha messo subito in pratica: caro Pd “mi aspetto più convinzione” in vista del voto, ha dichiarato alla redazione di Concita De Gregorio). Da Latina a Torre Argentina, Emma Bonino sembra altresì apprezzare moltissimo le descrizioni di sé in cui il rigore svetti al di sopra di tutto. Questo pare, almeno, guardando la faccia soddisfatta che Bonino sfoggia durante le presentazioni che di Bonino fa Nicola Zingaretti, presidente pd della Provincia di Roma e Caronte personale della candidata. Un Caronte che traghetta Emma qui e là per conto di un Pd che, secondo Bonino, fornisce agenda scarna e forze fiacche.
Non che all'interno del partito radicale la candidata abbia allentato la tradizionale ruvidità, dicono gli osservatori interni – i quali registrano anche una persistente sebbene non incrollabile impermeabilità di Bonino alle pensate (pannelliane e non) che prescindano dalla supervisione del suo comitato di fedelissimi, in cui sempre aleggia la presenza del fidato Filippo Di Robilant e della fidata Sabrina Gasparrini, con Rita Bernardini a far da pontiere tra comitato e partito. Bonino l'occhio ce lo butta, in largo Argentina, e arriva per la riunione della sera, evitando però di concedersi, se possibile, alle iniziative spontanee dei militanti più giovani, denominate “open party”, nel doppio senso di partito e festa – trattasi di telecamere sempre accese, tipo Grande Fratello (e già questo per Bonino sarebbe “irritante”, stavolta in senso negativo). A connettersi su www.boninopannella.it può capitare infatti di imbattersi nella querelle tra iscritti, nel brindisi d'inizio campagna elettorale, in Sergio Stanzani che passa da una stanza all'altra (felice perché la webtv gli ricorda Teleroma 56), in Pannella col codino che legge un giornale e dice di essere il primo hacker in circolazione o addirittura in una faccia sconosciuta – forse un militante radicale di Amsterdam che espone il suo caso. Accade pure di vedere Rutelli interpellato per strada che, alla domanda “che cosa succede il primo febbraio?”, risponde “non so, è nata mia zia” (la risposta giusta invece era: nasce la web tv). C'è di tutto, nel palinsesto spontaneo, ma di Emma c'è poca traccia (anche per desiderio di Emma, pare). Unica eccezione: le panoramiche delle riunioni ristrette, attorno a un tavolo ricoperto di faldoni. Di sicuro viene da quelle riunioni l'idea (pannelliana, pensano al Pd) di piazzare argomenti per così dire radicali sull'ancora sguarnita tabella di marcia del “Pd per Emma”.
“Emma è rigore”, dice appena può Zingaretti, cercando quantomeno di chiudere la candidata in un sostantivo condivisibile da tutto il Partito democratico. Emma arriva e Zingaretti spunta da un angolo, da un viottolo, da una porta, da una vettura. Emma fa capolino e c'è già Zingaretti schierato come neppure un bodyguard: la accompagna, la scorta, la precede, la commenta, la circonda, la protegge, quasi quasi la circoscrive e la controlla. Roba che in altri momenti Emma Bonino, scocciata, avrebbe detto: Nicola grazie mille, sei molto gentile, ma so cavarmela da sola. Oggi invece va così, Zingaretti ha ormai ultimato (o dovuto ultimare) la trasformazione da candidabile che non si candida a uomo-ombra della candidata, e se uno vuole sentir parlare Emma deve prima sentire Zingaretti che parla di Emma come summa dell'austerità globale: Emma uguale “serietà, certezze, pianificazione, onestà”, dice infatti il presidente della Provincia di Roma alla poco austera platea dell'aperitivo-incontro organizzato (per Emma) alla Casina Valadier, in una sera di pioggia battente. Fa freddo, si scende dai taxi impiastricciando le scarpe con il terriccio umido di Villa Borghese, ci si accalca all'ingresso, ci si stringe a grappolo lungo la scala troppo stretta, si butta l'ombrello dove capita, si fa la fila per i cappotti come alla festa di diciott'anni, si sbuffa tra sbuffi di fumo alla porta – “ma lo scenario merita”, dice un dirigente della Provincia indicando gli affreschi sul soffitto. Non Emma, bensì Nicola Zingaretti si vede, in prima battuta, alla Casina Valadier, se si supera l'oretta di attesa, se si ruba una delle poche sedie disponibili, se si chiude un orecchio di fronte all'altoparlante da cui esce – inesorabile – la musica da pianobar, se si fa lo slalom tra un Ascanio Celestini e una Simona Marchini, tra una signora abbigliata in stile generone romano e un capo ufficio stampa di cinema che così commenta il manifesto “Emma Bonino-Ti puoi fidare” – “Meno male che l'elettore si fida della Bonino, perché di noi chi se fidava, sennò” – ed è subito fragore di risa presso i suoi compagni di serata. “Ma la Bonino 'ndo sta?”, chiede un alto dirigente provinciale. La Bonino non sta, come tutti, riempiendo il piatto di polpette o il bicchiere di prosecco. La Bonino, dopo il convegno al San Camillo sulle (e contro) le mutilazioni genitali femminili – con medici accalcati come a un concerto rock – sta correndo per le scale (il caschetto biondo e la giacca arancio procedono rapidi in mezzo a una selva di giganti – uno è Zingaretti, naturalmente).
Tutti, nell'attesa, parlano di Emma Bonino come di un oggetto non identificato – c'è chi la definisce “originale”, chi “un marziano a Roma”, chi “una scommessa”, chi “'na robba che magari ce fa svolta' ”, chi “un azzardo”. Emma non lusinga e non blandisce. Responsabilizza al limite del calvinismo: “Voglio vincere, ci metto del mio, voi però mi dovete votare”. “Non mi vergogno a chiedere: metteteci soldi, metteteci professionalità. Io ce la metto tutta. Voi fate quel che potete e parlatene a dieci amici”. Gli aperitivisti della Casina Valadier sorridono come fosse una novità esotica. Scatta l'applauso e le donne sono entusiaste – e forse Bonino vorrebbe pure annunciare lo “sciopero delle donne” per l'8 marzo (dalla mattina alla sera bimbi nonni e mariti si arrangino, tiè, noi scioperiamo). Non lo fa, lo farà in altra sede, parla piuttosto di tam tam su internet. Una giovane attrice commenta: “Carino, dai” e rilancia l'applauso. Ma Emma non scherza e il clima ridanciano del consesso non la distoglie dal pensiero dell'emergenza “autenticatori”. Emergenza radicale che necessita l'intervento di una Emma puramente radicale (la festa pro Emma della Provincia targata Pd non è il luogo adatto, tanto più che c'è Zingaretti di vedetta). Emma non ne fa cenno, lo farà poi da Radio Radicale, con appello diretto al presidente della Repubblica. In moltissime regioni, dice Bonino tornata per un'ora Emma Bonino senza appendice partitodemocratica, “la lista Bonino-Pannella non riesce a raccogliere le firme perché gli autenticatori non adempiono al loro compito, evidentemente per mandato dei loro partiti…”. E insomma la candidata tira fuori senza fronzoli l'argomento, lasciando per un attimo da parte i cavalli di battaglia: gli Stati generali della Sanità, la Sanità da restituire ai cittadini, l'Europa nel Lazio e il Lazio in Europa, la trasparenza e il no al nucleare. Alla fine tocca a un rassegnato Zingaretti – sempre lui – dire qualche parola sul tema “autenticatori” e i radicali lo lodano.
Tregua di qualche giorno, e a Torre Argentina si dicono pronti a chiedere “che le corti internazionali invalidino le elezioni” se le alte cariche non si faranno garanti delle regole. In compenso – beffa del contrappasso – alcuni sostenitori di Emma, forse per distrazione, paiono addirittura ignorare l'esistenza della Lista Bonino-Pannella fuori dal Lazio (e l'esistenza di Emma Bonino capolista in Lombardia). Fatto sta che Lorella Zanardo, la regista del documentario antiveline “Il corpo delle donne”, all'incontro “donne per Emma” pronuncia la frase: “Come vi invidio, voi potete votare Emma, io invece voto in Lombardia”.
Bonino intanto, a forza di ripetere “grazie dell'appoggio… però fatemi votare”, pare davvero Emmatar, l'avatar del filmato-parodia fatto dalla rete radicale, quello in cui la voce fuori campo rievoca in loop la tipica frase boniniana “se mi amaste un po' di meno e mi votaste un po' di più…”. Frase che fa dire a uno scanzonato vecchio amico dei radicali: “Se la votassero un po' di più, chissà come la Emma Bonino da grandi questioni internazionali soffrirà gli affari terreni dell'amministrazione locale”. Per il momento Bonino dedica inni alla “fantasia”. Ci vuole “fantasia”, dice nel salone Valadier mentre ondeggiano i calici e gli applausi si fanno scroscianti. “Provate a essere ognuno candidato presidente”, vediamo se qualcuno “ritrova il coraggio di parlare di politica in ufficio”– e gli ospiti, a giudicare dalla facce, un po' si preoccupano al pensiero di dover affrontare discussioni sul voto regionale con colleghi di opposta o indecifrabile appartenenza politica (quando non semplicemente menefreghisti). “Niente manifesti che imbrattino, ma volantoni ai finestrini delle macchine”, dice Emma citando il “disordine” – e il noto editorialista Mario Pirani, su Repubblica, va in visibilio (è la seconda volta che ne scrive: “Quando Emma Bonino si presentò alle elezioni del Lazio…scrissi che quel gesto, se raccolto con un sussulto di fantasia, avrebbe potuto aiutare gli elettori di centrosinistra a recuperare un senso di identità che era andato smarrendosi”).
E' evidente che la candidata si trova più a suo agio, rispetto agli happening targati Zingaretti, nella mondanità ovattata del centro studi americani di Via Caetani, il giovedì, dietro porte antiche, tra libri ancor più antichi, a discettare di Barack Obama con Giuliano Amato, Lucio Caracciolo, Marta Dassù, tutto il parterre di Limes e un nugolo perfettamente bilingue di professori (perfettamente in grado di sorseggiare un tè con pasticcini animando conversazioni rarefatte di alta politica senza riversarsi come un sol uomo sul buffet – come invece fanno i pur gentili ospiti dell'evento Bonino alla Valadier). Sarà che Emma Bonino è avvezza ai consessi transatlantici, sarà che tutti, al centro studi di via Caetani, riescono a capire una spigolatura su lady Ashton, sarà che le ricercatrici colà convenute sospirano con Emma, speranzose per le sorti del centrosinistra. Sarà che Giuliano Amato cerca di buttarla sul conviviale con lazzi di spirito sull'esiguità del tempo a disposizione – “cara Emma discutiamo con calma, basta che alle sette e mezzo siamo fuori, il portiere se ne va puntuale. Nulla di male, per carità, ma non siamo attrezzati per spendere qui la notte”. Sarà che Emma in via Caetani è nel suo mondo come neppure al Cairo. Fatto sta che anche Emma laggiù si scioglie, inviando sms di cortese ospitalità al relatore straniero a fondo sala, il quale legge a voce alta il contenuto del messaggio: “Emma mi chiede se la location mi piace, e la risposta è sì, ovviamente”. E se i professori vogliono concederle la parola – “sei la nostra star” – Emma declina in favore del più inflessibile ordine alfabetico. Soprattutto, la Caetani è regno di Emma e basta e non di Emma più un uomo del Pd abbinato a Emma nei tour elettorali.
Impossibile, comunque, dribblare l'intero corpus degli Zingaretti – uomini pd alti e imponenti come Zingaretti – al mercato di Casal de' Pazzi, dove Emma si aggira in un mattino gelido di fine gennaio, facendo buon viso ma mostrando qua e là qualche segno di insofferenza nei confronti del megafono pd che, forse per osmosi con le attività del luogo, emette frasi da vendita di pentole: “Emma Boninoooo, ecco Emma Boninoooo, candidata presideeente per il centrosinistra alla Regggioooone” – e poco ci manca che l'uomo al megafono aggiunga “venghino signori venghino”. Bonino procede e ha un solo momento di perplessità nell'improvviso bagno di folla – “sembro la zia d'Italia”, dice. Poi stringe mani, saluta il bimbo dell'immigrato cui l'immigrato ha detto “dalle la manina” e saluta pure il panettiere che le fa i complimenti (“lei c'ha le cosiddette, anche se è donna”). Inghiottita dalla folla, dà pacche sulle spalle a signore e signori, si informa se il mercato è giornaliero, “dice lei ha perfettamente ragione” a un uomo di mezza età, esponendogli nel contempo le iniziative radicali sui disabili – e i dirigenti locali del Pd le indicano già la via verso la prossima bancarella. “Buon lavoro”, dice Emma sbirciando il banco della verdura, prima di fermarsi ad ascoltare l'inferocito ambulante che, appoggiato al camion, accanto a plastiche e bacinelle, s'infuria con tutti i politici senza distinzioni – “ma perché venite nei mercati prima del voto e poi ci dimenticate? Lo sto a ddì a tutti, eh, non solo a lei. La nostra categoria la mandate in vacca”. Bonino tace, dice “grazie” e si rinserra nel cappotto con cappuccio.
In assenza di questioni pratiche di cui discutere con sindacati o categorie sparse, Emma Bonino si autocarica (e carica) con le parole: “Convincerò pure gli elettori di centrodestra”, ma non tralascia di partecipare agli incontri sulla ricompattazione delle sinistre, sue alleate di fresco (non si sa quanto mansuete). Di sicuro c'è che all'incontro con i costruttori laziali (ex fan di Gianni Alemanno), la candidata ha inaspettatamente portato a casa un “con la Bonino c'è comunanza di intenti”. Evidentemente i costruttori si sono sentiti coccolati (da Emma) per la frase “rottamare le periferie”, e d'altronde Emma si è sentita rinfrancata dalle dichiarazioni dei tifosi laziali incarogniti (che hanno minacciato di non votare Polverini per vendetta contro il centrodestra che non licenzia Claudio Lotito). Sono quelli i momenti in cui Emma Bonino non manca di far condividere al potenziale elettore il peso immenso dell'essere candidata (e ancora prima autocandidata): “Sono una che fa fatica a dire sì, ma quando dico sì è sì”.
Della guerra con l'avversaria Polverini appare qualche indizio sui giornali, anche se le candidate sembrano ancora frenate dal ritornello bipartisan “bella sfida in rosa”, popolarissimo a ogni angolo del Lazio (prima fan, l'ex vicesindaco di centrosinistra Maria Pia Garavaglia), ed è un refrain che vorrebbe Emma e Renata impegnate in una soporifera gara tra atlete educatissime. Sortilegio o incantesimo che sia, le due si trovano, oltretutto, ad avere in comune i sorrisi dell'Espresso, seppure a tempi sfalsati. L'Espresso che ora esalta Emma (titolando “la rivoluzione radicale”), mesi fa esaltava la Renata dei salotti bipartisan, titolando “Polverini di stelle”. Sorte ha voluto, poi, che Bonino e Polverini si siano ritrovate, nei primi giorni di campagna, non a scagliare la prima pietra l'una contro l'altra, ma a onorare assieme la prima pietra del porto turistico di Fiumicino. Polverini ha baciato Bonino con calore e Bonino si è leggermente ritratta – e a quel punto i presenti si sono lasciati andare alla libera interpretazione. Forse è ritrosia piemontese, quella di Emma, hanno pensato gli uni. Forse è un bacio della morte, quello di Renata, hanno pensato altri, alludendo al confronto fotografico mattutino tra signore di età differenti, in questo coadiuvati dalla frase di Polverini “Emma è di un'altra stagione politica” – frase paraltro subito sanzionata da Repubblica come “poco elegante”. Fatto sta che Bonino il bacio della morte l'ha restituito qualche giorno dopo, quando Renata ha detto di essere “favorevole a regolamentare le unioni di fatto, a patto di non produrre un matrimonio di serie b” ed Emma ha pronunciato subito un “brava” che ha finito per sottolineare la linea di attrito su quei temi tra Polverini e gli alleati Alemanno e Storace (con contorno di rimbrotti di Casini).
E si capisce che se non ci fosse quell'ingombro, quell'idea sottostante di sfida morbida tra gentidonne, la Emma Bonino volontariamente “irritante” si lascerebbe andare, più che alle dichiarazioni di stima per l'avversaria (ne ha già fatte due), a frasi molto più irritanti di quella rivolta a Renata una settimana fa: “Io ero a Frosinone, Polverini a Domenica in”.
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