Compagno padrone

Stefano Di Michele

Qualcuno era comunista, avrebbe detto Gaber. E qualcuno – più avanzato – socialdemocratico. Pochi, ma c'erano – e non si parla, ovviamente, solo di quelli di rito saragattiano. Ora ne è rimasto uno – pur se ha l'occhio più sul cruscotto della Cinquecento che sul sol dell'avvenire, e guida tutta la Fiat invece dei metalmeccanici.

    Qualcuno era comunista, avrebbe detto Gaber. E qualcuno – più avanzato – socialdemocratico. Pochi, ma c'erano – e non si parla, ovviamente, solo di quelli di rito saragattiano. Ora ne è rimasto uno – pur se ha l'occhio più sul cruscotto della Cinquecento che sul sol dell'avvenire, e guida tutta la Fiat invece dei metalmeccanici. Il compagno Sergio Marchionne, sulla prima pagina del “giornale comunista” Liberazione, viene per la verità prima individuato come “il socialista” nel titolo del commento, poi come “socialdemocratico” verso la fine dell'articolo: se restavano ancora alcune righe, come niente poteva diventare “liberale”.

    A metterci la firma è Giorgio Cremaschi, storica figura della Fiom, che prima fa i conti in tasca a Marchionne (“in questi giorni si è aumentato lo stipendio del 40 per cento, passando da 3,4 milioni di euro a 4,8” – e da qui desume che, per parte sua, il socialismo se l'è fatto), e poi rammenta: “Un dirigente della sinistra ha dichiarato che, nonostante tutto, considera ancora Marchionne un socialdemocratico”. Si tratta di Piero Fassino, che lo aveva definito “un vero socialdemocratico”, e mentre scoppiava la bufera a Termini Imerese ha confermato: “Su di lui ridirei le stesse cose”. Ora, siccome l'intera analisi di Cremaschi punta più a individuare il signor padrone da salutare “per il male che ci ha fatto”(come da epica canzonettistica delle masse) piuttosto che un quieto socialdemocratico, volendo esagerare persino di caratura tanassiana, vale la pena ricordare che come non si parla di veltronismo in casa dalemiana, così con cautela andrebbe trattato il marchionnismo in (fu) casa bertinottiana.

    Che appunto il mitico Fausto – dopo l'epopea zapatista – lanciò nell'Olimpo della sinistra (fu) antagonista l'amministratore delegato Fiat. “Dobbiamo puntare ai borghesi buoni”, disse dibattendo con Paolo Mieli alla festa del partito. E i militanti applaudirono. Di più, il compagno presidente – che un anno dopo lo avrebbe ricevuto a Montecitorio – auspicò che un recente discorso del compagno (ad honorem) Marchionne “venga fatto pubblicare su Liberazione”, manco fosse un saggio di Rina Gagliardi. Siccome i tempi cambiano, e i compagni pure, al posto di Marchionne su Liberazione hanno pubblicato Cremaschi. Fassino la farà pure facile con le patenti da socialdemocratico, ma che i temerari azzardi di Bertinotti neanche vengano più ricordati e lui citato, ecco, appare triste e strano: avevano un Subcomandante, mica un Krusciov.