Una lettera del senatore Zanda su corruzione e mercato
Caro Elefante, lo stato se ne muore e la discrezionalità genera arbitrio
Ero capogruppo nel Consiglio comunale di Torino nel 1980-1982: trent'anni fa rubavano a man bassa, in parte a vantaggio dei partiti, con qualunque procedura e gara e appalto concorso e licitazione privata, e lo stato non era ancora spappolato, e non si vedevano in giro Spa. Temo abbia ragione Galli della Loggia: non abbiamo una morale comune, siamo informali, individualisti e anarchici nel perseguimento di vantaggi particolari alle spalle dello stato.
Al direttore - Il suo editoriale di ieri, prendendo spunto da un'inchiesta giornalistica su una società per azioni dei Beni culturali, segnala l'esistenza nel nostro paese di un “moralismo politicizzato e fazioso” che indurrebbe a diffidare di chi realizza opere in modo rapido. Le sottopongo due considerazioni. La prima riguarda lo “spappolamento dello stato, snervato nei suoi gangli vitali” (l'espressione è di Rino Formica). La seconda il funzionamento delle regole del “mercato” nelle attività economiche della Pubblica amministrazione.
Lo scardinamento dello stato (inteso come insieme delle strutture pubbliche a partire dal Parlamento, dal governo, dagli apparati ministeriali, dalle Authorities, dalle regioni, dai comuni, ecc.) costituisce probabilmente il punto di maggiore gravità della crisi italiana. Le cause della crisi dello stato sono numerose. Ne ricordo solo alcune. La mortificazione del Parlamento attraverso il mix micidiale decreti-legge, maxiemendamenti, voto di fiducia. Lo stravolgimento delle fonti del diritto con l'abuso delle ordinanze di Protezione civile. Una legge elettorale che riduce drasticamente le possibilità di scelta degli elettori. La delegittimazione da parte del presidente del Consiglio delle Autorità costituzionali di garanzia (vedi dichiarazioni di Bonn) e della magistratura (“bande talebane”). L'abuso dello spoil system politico negli uffici dello stato, nelle aziende pubbliche e nella televisione pubblica (concausa di quella “degenerazione cortigiana” che Lei stesso, caro Direttore, ha denunciato).
Da ultimo è segno della crisi dello stato anche la trasformazione di pezzi importanti della Pubblica amministrazione in società per azioni. Potendo disporre il governo Berlusconi di una maggioranza di cento deputati e cinquanta senatori, ci saremmo aspettati una consistente opera di riqualificazione degli apparati pubblici e di razionalizzazione delle procedure. Invece, contro ogni ragionevolezza, si è affermata una linea diversa: laddove si vuole “sveltire” il governo Berlusconi costituisce una Società per azioni pubblica e le affida il compito di operare fuori dai principi costituzionali che regolano le attività della Pubblica amministrazione.
Nel settore pubblico, società per azioni significa disporre della più ampia discrezionalità negli appalti, nelle consulenze, nelle assunzioni, nelle retribuzioni, nelle procedure. Non mi sembra che in Italia il settore pubblico abbia dato prova di saper gestire in modo corretto spazi così vasti di discrezionalità. Non ci mancano amministratori seri e rigorosi, ma purtroppo quanto più viene dilatata la discrezionalità, tanto più facilmente si trasforma in brodo di coltura di deviazioni. Prendo a prestito da un suo editoriale una frase significativa: “con questa storia del governo del fare, che genera consenso, che si può vendere bene sul mercato dell'impressionismo politico, si rischia però di sottovalutare la funzione di ideazione, progettazione e prefigurazione che è della politica, che è del governo”.
Non si potrebbe dir meglio. Lei ha messo a nudo una delle ragioni dello sgretolamento dello stato. La seconda osservazione riguarda le regole del mercato quando il committente è una Pubblica amministrazione. Non è un caso che sia la Confindustria che l'Ance (l'associazione delle grandi e piccole imprese di costruzione) abbiano contrastato vivamente Protezione civile Spa e lo abbiano fatto proprio a difesa del mercato. Le segnalo, caro Direttore, che se la realizzazione del nuovo piano carceri e la costruzione delle nuove centrali nucleari dovesse essere affidata (come pare) secondo il regime derogatorio delle ordinanze di Protezione civile – e cioè senza “il guazzabuglio di regole e regolette” come lei definisce il sistema degli appalti pubblici – il risultato sarebbe non soltanto la morte del mercato in amplissime porzioni dell'intervento pubblico, ma può giurare che presto ci ritroveremmo a fare i conti con comportamenti di competenza delle procure della Repubblica.
Concludendo Le segnalo che il Senato pochi giorni orsono, coerentemente con quanto auspicato dal Foglio, su mia proposta ha approvato all'unanimità un ordine del giorno che prevede la pubblicazione online di tutti gli appalti, i subappalti, le consulenze della Protezione civile dal 2001 (anno dell'infausta equiparazione dei Grandi eventi alle catastrofi naturali) sino a oggi. Perché Lei ha ragione. La trasparenza totale è un buon antidoto agli abusi.
Sen. Luigi Zanda, vicecapogruppo Pd
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Gentile senatore, ero capogruppo nel Consiglio comunale di Torino nel 1980-1982: trent'anni fa rubavano a man bassa, in parte a vantaggio dei partiti, con qualunque procedura e gara e appalto concorso e licitazione privata, e lo stato non era ancora spappolato, e non si vedevano in giro Spa. Temo abbia ragione Galli della Loggia: non abbiamo una morale comune, siamo informali, individualisti e anarchici nel perseguimento di vantaggi particolari alle spalle dello stato. Ai Beni Culturali, a quanto mi risulta, l'unica Spa fu messa in piedi onorevolmente da Tiziano Treu. Il mio divertimento, si fa per dire, era nell'osservare che, fin dal titolo di una sfortunata e allegra inchiesta, “Beni Culturali Spa”, la Società per azioni era indicata come una specie di soluzione paracriminale. In molte cose lei ha ragione, e glielo riconosco volentieri, sebbene mi sembri apocalittica e un tanto partigiana la sua versione sulla decadenza della Repubblica, ma sono sicuro, per averlo letto, che l'articolo 16 del decreto sulla Protezione civile era buono, che le Spa sarebbero utili anche nella pubblica amministrazione lentigrada che abbiamo qui da noi, e che Confindustria non parla a nome del mercato da molti anni perché ha preferito notoriamente la consociazione.
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