La carne di Cenerentola
Cenerentola è candidata agli Oscar. Domani sfilerà in passerella a Los Angeles, verrà inquadrata dalle telecamere mentre annunciano la vincitrice, abbozzerà in caso di sconfitta (momento fatidico che distingue le vere attrici dalle dilettanti incapaci di soffocare l'increspatura di dolore), se la favola avrà il suo gran finale Gabourey Sidibe detta Gabby salirà sul palco per afferrare la statuetta con i ringraziamenti del caso. La vita, a differenza del cinema e delle favole, non si serve di un direttore casting.
Cenerentola è candidata agli Oscar. Domani sfilerà in passerella a Los Angeles, verrà inquadrata dalle telecamere mentre annunciano la vincitrice, abbozzerà in caso di sconfitta (momento fatidico che distingue le vere attrici dalle dilettanti incapaci di soffocare l'increspatura di dolore), se la favola avrà il suo gran finale Gabourey Sidibe detta Gabby salirà sul palco per afferrare la statuetta con i ringraziamenti del caso. La vita, a differenza del cinema e delle favole, non si serve di un direttore casting. Ma chi conosce il mestiere, sa che la mossa ha un nome. Si chiama “casting against type”. Accade quando si sceglie per un certo ruolo qualcuno che va contro gli stereotipi e le aspettative del pubblico.
L'ultima ragazza che ci aspetteremmo di trovare nei panni di Cenerentola è una gigantesca ventiseienne nata a Harlem e cresciuta a Brooklyn. L'avevamo intravista l'anno scorso a Cannes – dove “Precious” fu presentato nella sezione “Un Certain Regard” dopo tre premi al Sundance: giuria, pubblico, recitazione – con un vestito da sera lungo e tutto fronzoli, meno essenziale di quello scelto ora per le copertine e i servizi fotografici (quando stilisti e direttori fanno il Grande Passo verso i corpi da cui solitamente rifuggono, il nudo ha la sua importanza per garantire le vendite). Issata su un paio di fragili ciabattine con tacchetto, avanzava sul tappeto rosso con l'aria confusa.
I nostalgici del neorealismo si convinsero subito che l'attrice era stata presa dalla strada, pronta a raccontare un passato tragico simile a quello del suo personaggio, dannatamente triste e pieno di sciagure. Tratte una per una da un romanzo intitolato “Push”, dove la scrittrice e poetessa nera che si fa chiamare Sapphire imita la scrittura stentata e sgrammaticata di una sedicenne, le sciagure di Clarence “Precious” Jones sono quasi inascoltabili. Incinta del secondo figlio, alla domanda “chi è il padre?” Precious risponde “mio padre”. Non bastasse, il padre stupratore l'ha contagiata con l'AIDS. Non bastasse ancora, la madre accusa la figlia di averle rubato l'uomo, mentre pretende certe fritture che alzano il colesterolo solo a guardarle. La ragazza tiene sempre gli occhi bassi a terra, alla seconda gravidanza incestuosa la cacciano da scuola. Ogni tanto sogna di essere una cantante – sempre molto sovrappeso ma bionda platino - circondata da fan e con i fotografi a inseguirla.
Ora che Gabourey Sidibe sorride, parla, si fa intervistare da Donna Karan, chiede agli stilisti di disegnarle un vestito viola, risponde diplomaticamente ai giornalisti che le chiedono come mai sulla copertina del numero di Vanity Fair dedicato a Hollywood le nove attrici emergenti in copertina sono tutte bianche e filiformi, mentre lei ha solo un'intervista nelle pagine interne, l'illusione dell'attrice presa dalla strada svanisce. Resta una cocciuta quanto saggia ragazza capace di stupire perfino Oprah Winfrey, quando parla di diete e stima di sé. La star televisiva che dopo un'infanzia di miseria nera ora dirige un impero multimediale non riesce a credere che la monumentale ragazza seduta sulla poltrona dell'ospite sia tanto disinvolta e sicura. Oprah fa un lungo preambolo, pensando alle sue numerose diete in diretta tv, e non riesce a capacitarsi quando l'interlocutrice spiega ridendo che la faccenda è semplice: a 22 anni era stufa di odiarsi. Da allora ha deciso di volersi bene e ce l'ha fatta.
Il sorriso e la sicurezza l'hanno fatta prevalere su quattrocento concorrenti. Molte, tra cui Gabourey, reclutate tramite annuncio: “cercasi per un film ragazza nera soprappeso tra i 18 e i 26 anni”. Altre le aveva scovate e direttamente interpellate il regista Lee Daniels, che per strada e nei McDonald's un po' di casting l'aveva fatto, poi però non se l'era sentita di continuare. In questi casi capita di sbagliarsi facilmente: “Se avessi visto Gabourey per strada – confessa - l'avrei giudicata pigra, l'avrei guardata con fastidio, quasi con imbarazzo”. Viva la sincerità, a dimostrazione che si può girare un film per vorrebbe levare di mezzo i pregiudizi continuando a coltivare i propri, di pregiudizi. (“Faccio come mia madre, uso gli stereotipi, si fa prima” spiega il licenziatore per conto terzi George Clooney in “Tra le nuvole”, spiegando che ai controlli aeroportuali bisogna mettersi in coda dietro gli asiatici in mocassini).
Meglio una ragazza con qualche recita amatoriale accertata – le cronache parlano del “Mago di Oz” e di “Peter Pan”, senza specificare i ruoli – e che aveva fatto la centralinista per pagarsi gli studi di psicologia. Uscita da una famiglia normalmente separata: il padre, senegalese con laurea in architettura, fa il tassista a Manhattan, la madre lasciò diciotto anni fa un lavoro da insegnante per fare la cantante di strada (non ha smesso, con il nome di Alice Tan Ridley si esibisce in varie stazioni della metropolitana, incluso Times Square). Una ragazza con la voce da bianca (dettaglio di cui tutti sembrano stupirsi anche quando rispettosamente la intervistano, quindi Gabby ha imparato a scherzarci sopra), che si è calata perfettamente nel ruolo della vittima prima e poi della ragazza riportata a nuova vita dalle scuole speciali e da un'insegnante che si prende cura di lei.
Miss Sidibe ha imparato ad accompagnare il film con dichiarazioni da riportare tali e quali, senza bisogno di editing, quindi si rincorrono da un'intervista all'altra: “Precious sono io, è la mia famiglia, è la gente che conosco, è tutti noi, è chiunque sappia cosa vuol dire essere ignorati e abbandonati”. Subito dopo ringrazia le persone che la fermano per la strada, scagliandosi però contro gli antipatici fotografi. In questo somiglia alle scene più discutibili viste nel film di Lee Daniels: non la violenza casalinga da vietare ai minori, ma il riscatto. La maestra Paula Patton è davvero un po' esagerata, anche per un film che vuole accendere la speranza nei cuori: troppo beige, troppo dolce, troppo comprensiva, troppo devota, troppo sorridente, troppo fiduciosa. Un tantino accelerato anche il cambiamento di Precious, che subito comincia a scrivere la propria storia, primo passo verso la nuova vita che l'attende (e verso i luoghi comuni su scrittura & sofferenza). A tratti sembra di vedere uno spot sulle scuole speciali per ragazzi disadattati. Nel romanzo perlomeno restava la voce della sedicenne, ad attutire il colpo.
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