La chiesa resiste sulla pedofilia e s'interroga sul celibato

Paolo Rodari

Quante sono le denunce avanzate contro sacerdoti che hanno avuto una conferma in sede processuale? C'è chi parla di venticinque casi in venti anni in Francia. Chi cita l'Irlanda dicendo che su 2.800 denunce il 10 per cento è risultato attendibile. Chi parla della Germania e del fatto che dal 2002 non si è verificato nessun caso di pedofilia nel clero. E chi, parlando degli Stati Uniti, ricorda che tra il 1950 e il 2002 le circa cinque-seimila denunce contro sacerdoti hanno portato a 100-200 condanne effettive.

    L'aula magna della Lateranense è un palco prestigioso. Qui Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno tenuto ciascuno una lectio magistralis a docenti e studenti. Qui, ieri sera, si è chiuso un convegno sul sacerdozio organizzato dalla congregazione per il clero che ieri ha messo in campo le relazioni di Zenon Grocholewski (prefetto dell'educazione cattolica), Cláudio Hummes (prefetto del clero), Gerhard Müller (vescovo di Regensburg) e Carlo Caffarra (arcivescovo di Bologna). Un convegno che ha riempito l'aula magna di cardinali, vescovi e sacerdoti, adunando il meglio dell'intellighenzia ecclesiastica in materia. Tutti riuniti per fare il punto sulla vocazione sacerdotale e, nelle ore in cui la chiesa cattolica è investita dalle notizie riguardanti gli abusi su minori perpetrati da preti in alcune diocesi europee, per guardarsi in faccia e provare a capire, comprendere, riflettere. In attesa di oggi, delle parole di Benedetto XVI ai convegnisti e, poche ore prima, al presidente della Conferenza episcopale tedesca, l'arcivescovo di Friburgo Robert Zollitsch: un'udienza di routine seppure carica di significato per le note vicende di Regensurg e quelle del monastero benedettino di Ettal.
    Fuori dalle relazioni ufficiali tutti parlano dei casi di pedofilia nel clero. Unanime è la volontà di parlarne partendo dai numeri, dai dati. Perché, dicono vescovi e cardinali, “il sensazionalismo mediatico di queste ore non rende giustizia a quanto effettivamente è avvenuto negli ultimi cinquant'anni nelle diocesi del mondo e di quanto sta avvenendo ora”.

    Quante sono le denunce avanzate contro sacerdoti che hanno avuto una conferma in sede processuale? C'è chi parla di venticinque casi in venti anni in Francia. Chi cita l'Irlanda dicendo che su 2.800 denunce il 10 per cento è risultato attendibile. Chi parla della Germania e del fatto che dal 2002 non si è verificato nessun caso di pedofilia nel clero. E chi, parlando degli Stati Uniti, ricorda che tra il 1950 e il 2002 le circa cinque-seimila denunce contro sacerdoti hanno portato a 100-200 condanne effettive. E' vero, c'è il John Jay Report commissionato nel 2004 dalla Conferenza episcopale statunitense dal quale risulta che il 4 per cento di tutti i sacerdoti in carica negli Stati Uniti dal 1950 al 2002 è stato accusato di crimini a sfondo sessuale con minori. “Ma il punto – spiega un sacerdote in forza alla Congregazione per il clero – non è chi è stato accusato ma chi, a processo avvenuto, è stato condannato”. “Non è una giustificazione – dice monsignor Martin Viviès della Congregazione per il clero – ma occorre dire che un conto sono le denunce, un altro sono i processi e le condanne. Molti di coloro che denunciano chiamano in causa sacerdoti oggi scomparsi per cui è molto difficile verificare quanto dicono”.

    Un lungo e approfondito studio in questo senso lo fece nel 2004 la Catholic league for religious and civil rights. Lo studio, fatto per verificare i casi di abusi su minori commessi da preti “secondo una giusta e onesta prospettiva” diede risultati sorprendenti tanto che fu il New York Times a parlarne titolando il proprio articolo così: “Gli abusi su minori? Perché parlare solo della chiesa cattolica?”. Il report, infatti, evidenzia che l'86 per cento di chi commette abusi, pur senza essere il padre del minore, non è estraneo alla famiglia. E citando un'indagine svolta negli Stati Uniti dal Christian Ministry Resources, mostra come nonostante i titoli dei giornali si concentrino sul problema dei sacerdoti pedofili nella chiesa cattolica, la maggior parte delle chiese americane colpite da accuse riguardanti abusi sessuali sui bambini sono protestanti, e la maggior parte degli accusati non sono membri del clero o collaboratori, ma persone che prestano servizio volontario per le chiese.

    Sulle misure da prendere nei confronti dei preti che abusano di minori, comunque, il giudizio è unanime. E' un giudizio ben riassunto dalle parole che da Ginevra giungono a Roma. E' stato ieri pomeriggio che monsignor Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l'Onu, ha detto: “L'abuso sessuale sui minori è sempre un crimine odioso”. E “non ci sono scuse per questo comportamento”. Tanto che “la protezione dalle aggressioni sessuali rimane in cima alla lista delle priorità di tutte le istituzioni ecclesiastiche che lottano per porre fine a questo serio problema”, ha detto Tomasi assicurando anche che “i colpevoli di tali crimini vengono immediatamente sospesi dall'esercizio delle loro funzioni e trattati secondo la normativa civile e il diritto canonico”. Un concetto perfezionato ieri da Raymond Leo Burke, prefetto del Supremo tribunale della segnatura apostolica, il quale ha detto che la ferita dello scandalo pedofilia sarà affrontata seguendo la prassi canonica e non prescindendo dall'applicazione delle pene ecclesiastiche.

    Alla Lateranense è il presidente di Caritas Internationalis e arcivescovo di Tegucigalpa, il cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, a ricordare che la chiesa è fatta di uomini e, dunque, di peccatori. A pochi metri dal Pontificio istituto Giovanni Paolo II per gli studi su matrimonio e famiglia voluto da Wojtyla, Maradiaga dice che chi sbaglia deve pagare: “Tutti i peccati sono gravi – dice – e tutti i peccatori che si convertono possono essere perdonati, ma le conseguenze dei peccati devono essere riparate. La malvagità esiste, e a volte capita che l'essere umano sia debole o non abbia la formazione adeguata, oppure sia cieco di fronte al male. Soltanto Dio può giudicare le persone, però la cattiveria oggettivamente non si può accettare. Nel caso di un sacerdote che si macchia di pedofilia la riparazione non può consistere solo nel risarcimento monetario, perché c'è bisogno anche di un accompagnamento psicologico e spirituale”.

    Sulla bocca di tutti c'è anche il cardinale Christoph Schönborn. “Possibile – si chiede un monsignore – che abbia messo in dubbio il celibato?”. La cosa pare strana a tutti.  E, infatti, quel “non ha messo in dubbio in alcun modo il celibato nella chiesa cattolica di rito latino” pronunciato in tarda mattinata da Erich Leitenberger, portavoce dell'arcidiocesi di Vienna, per smentire alcune interpretazioni dei media sulle dichiarazioni rilasciate ore prima dallo stesso cardinale austriaco a “thema kirche” (periodico dei collaboratori dell'arcidiocesi), suona nell'aula magna come una liberazione. Certo, il tema dell'obbligo del celibato dei preti resta sullo sfondo. Perché nella chiesa c'è chi vorrebbe abolirlo. Perché nella chiesa fanno comunque rumore le voci di coloro che, pur senza portare prove scientifiche, legano la pedofilia al celibato. Dicono: “Se non ci fosse il celibato ci sarebbero meno casi di pedofilia”. “Falso”, risponde Massimo Introvigne, direttore del Center for Studies on New Religions, che al convegno parla della crisi di vocazioni nel periodo post conciliare: “Gli esperti sanno che non è vero. Prendiamo l'esempio dell'Inghilterra. Qui nessuno lega la pedofilia al celibato. Perché? Semplice: perché qui ci sono più pedofili tra i pastori sposati della chiesa anglicana e tra i responsabili di gruppi scoutistici laici che tra i preti cattolici”.
    Cláudio Hummes durante la sua relazione ribadisce un concetto per nulla scontato: “Il celibato sacerdotale è un dono dello Spirito Santo che chiede di essere compreso e vissuto con pienezza di senso e di gioia, nel rapporto totalizzante con il Signore”.

    Parole riprese nei corridoi fuori dall'aula magna anche da monsignor Filippo Santoro, vescovo di Petrópolis: “Il celibato è legato al tema della realizzazione della persona. Chi abbraccia il celibato è perché ne comprende la ricchezza. Il celibato permette di possedere le cose e di amare in modo nuovo e diverso. Non è una condizione negativa altrimenti la chiesa non l'accetterebbe”.
    Anche il vescovo di Regensburg,  Müller, vuole riflettere sul celibato: “La pedofilia – dice – è un peccato grave che esclude dal sacerdozio. Ma non c'è nessun motivo per cambiare la tradizione della chiesa latina del celibato in quanto le origini della pedofilia risiedono in un ‘disturbo evolutivo' della personalità di cui non si conoscono esattamente le cause”. Ed è ancora Maradiaga a dire di non capire “come possa darsi un rapporto tra celibato e pedofilia: gli abusi sessuali ci sono in tutte le categorie, anche in quelle non formate da celibi”.