Googleteca nazionale
Si è messo a ridere, il numero 3 di Google nel mondo, Nikesh Arora, quando il direttore del ministero per i Beni e le attività culturali, Mario Resca, gli ha fatto notare che il colosso di Mountain View ci sta facendo risparmiare cento milioni di euro. Secondo Arora, i costi della digitalizzazione e messa in rete di un milione di volumi conservati nelle biblioteche nazionali di Roma e Firenze – che grazie all'accordo appena siglato con il MiBAC, Google si è interamente accollati – sono più piccoli.
Si è messo a ridere, il numero 3 di Google nel mondo, Nikesh Arora, quando il direttore del ministero per i Beni e le attività culturali, Mario Resca, gli ha fatto notare che il colosso di Mountain View ci sta facendo risparmiare cento milioni di euro. Secondo Arora, i costi della digitalizzazione e messa in rete di un milione di volumi conservati nelle biblioteche nazionali di Roma e Firenze – che grazie all'accordo appena siglato con il MiBAC, Google si è interamente accollati – sono più piccoli. Con tre “molto” davanti. Sarà. Ma di manutenzione di volumi così antichi qui ce ne intendiamo (285 mila del milione in questione li ha già catalogati il Servizio bibliotecario nazionale) e i caratteri di “prima volta” dell'operazione non sono pochi. E' la prima collaborazione assoluta al mondo tra un governo e Google. E' la prima occasione per gli utenti Internet di tutto il mondo di accedere gratis a opere inestimabili dei più grandi intellettuali, scrittori, scienziati e pensatori italiani. E' la prima volta, infine, che nessuno avrà da fare cause: il milione sarà composto da opere non coperte da copyright, poiché tutti i titoli selezionati dal MiBAC sono stati stampati prima del 1868. Addio accuse di “digitalizzazione indebita di libri orfani” (quei testi di cui non si riesce a reperire l'autore) e nessun pericolo di finire, per questo milione, nella Google Edition, la consultazione di testi digitali a pagamento annunciata alla scorsa Fiera del libro di Francoforte.
Il ministero retto da Sandro Bondi mette on line un patrimonio culturale inestimabile a costo zero (per sé e per l'utente e per sempre, anche se Google diventasse un servizio a pagamento), a chilometro zero (il governo ha ottenuto che Google investa in Italia, e crei qui il suo terzo centro di digitalizzazione, senza dover spostare opere delicate in Francia o in Germania) e con supervisione totale: “Quelli di Google li abbiamo chiamati noi quando abbiamo scoperto che stavano digitalizzando il Prado, salvo poi sentirci dire che era da tempo che cercavano di parlarci” ci spiega il direttore Resca, contro la cui nomina alla fine del 2008 si levarono novemila firme dell'intellighenzia del paese e colleghi del resto del mondo, perché la sua cultura di uomo d'impresa non appariva loro compatibile con la cultura tout court.
Resca, invece, con cultura manageriale ha spiegato a Google che siamo i leader a livello mondiale della cultura. E dunque meritiamo un trattamento da leader: “L'accordo prevede un trattamento preferenziale e prioritario. Gli originali, i diritti e la lingua rimangono nostri. Qualsiasi cosa faranno in Europa, la faranno prima con noi”. Già si può camminare da Mumbai per Pompei – primo sito archeologico digitalizzato al mondo – con l'applicazione di Google Streetview, e presto si potranno visitare gli Uffizi in alta definizione: “Vuol dire ‘salvare' per sempre le opere da eventi come il sisma dell'Aquila o l'inondazione di Firenze e anche poterne seguire la conservazione” continua Resca. “E siccome di marketing me ne intendo, le dico che questa è un'operazione di turismo culturale che avrà una grande ricaduta economica”. Dopo averlo navigato gratis, i turisti verranno qui ad ammirare l'originale a pagamento.
Solo nove mesi per firmare: un parto mai riuscito con nessun altro governo. Il Monde se n'è accorto, e ieri ha sbattuto l'Italia in prima pagina titolando “accordo storico”. “Si è creata subito la chimica giusta, perché la governance del ministero è chiara: diffondere e preservare la cultura italiana nel mondo”, ci racconta Marco Pancini di Google Italy. Massimo due anni per digitalizzare il milione (il 15 per cento dei volumi delle due biblioteche per ora coinvolte) con una procedura che Pancini dice di non poter svelare, anche se, rassicura, “non ci saranno solo scanner, ma soprattutto esseri umani (pare un centinaio di giovani, ndr) a prendere i libri dagli scaffali, catalogarli, stoccarli, trattarli e metterli a disposizione delle macchine”. Le “macchine” somigliano – date un occhio ai video su YouTube – a mini robot voltapagine che acchiappano il volume, sempre semiaperto per preservare la rilegatura, e girano le pagine mentre un occhio sale a scannerizzarle. Grazie al cielo i testi verranno messi on line man mano che saranno pronti.
Che fretta c'è? A leggere solo best seller in classifica, non ce ne si accorge nemmeno. Ma chi studia, o ha in carico un articolo su Carlo Dossi perché il giornale con cui collabora sta celebrando il suo estimatore Alberto Arbasino, grazie a Google Books si è evitato un paio di viaggi in biblioteche a orari impossibili e una serie di “spiacente, è fuori catalogo” da parte di librai metropolitani il cui turn over di titoli trattati è ormai pari solo a quello dei broker. Per non parlare della consultazione. A che pagina lui le ha messo le corna, e dove si citava Schopenhauer? Se l'abbiamo letto su un libro stampato, gratis lo scopriremo solo sfogliando. A meno che, appunto, non sia già su Google Books. Certo, l'obiettivo dichiarato di questa sezione di Google è “organizzare le informazioni a livello mondiale” e, per inciso, alcuni trovano il suddetto obiettivo “agghiacciante”. Ma, sempre per inciso, Google ha una risposta standard per chi pensa che digitalizzare libri equivalga a sostituire per sempre i libri stampati: “Digitalizzare libri aiuta a scoprire più libri”.
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