Il sociale e il tatarelliano che sognavano la yalta di An

B&B, chi sono i due baldanzosi finiani promotori di Generazione Italia

Marianna Rizzini

Hanno entrambi un cognome che comincia per “b” (Bocchino e Briguglio). Sono entrambi vicecapogruppo dei deputati pdl e promotori non della Libertà ma dell'ultima futura creatura finiana, l'associazione Generazione Italia, destinata a nascita ufficiale il primo aprile ma già nata di fatto (per via di un'indiscrezione del Giornale). Sono amici nonostante i trascorsi da attendenti di opposti colonnelli ai tempi di Alleanza nazionale. Uno (Carmelo Briguglio) da ragazzo andava a pesca di tonni con altri adolescenti siciliani nati non lontano dagli scogli veristi di Padron 'Ntoni. L'altro (Italo Bocchino) a sette anni, osservando il padre, mimava i comizi dei segretari missini di sezione.

    Hanno entrambi un cognome che comincia per “b” (Bocchino e Briguglio). Sono entrambi vicecapogruppo dei deputati pdl e promotori non della Libertà ma dell'ultima futura creatura finiana, l'associazione Generazione Italia, destinata a nascita ufficiale il primo aprile ma già nata di fatto (per via di un'indiscrezione del Giornale). Sono amici nonostante i trascorsi da attendenti di opposti colonnelli ai tempi di Alleanza nazionale. Uno (Carmelo Briguglio) da ragazzo andava a pesca di tonni con altri adolescenti siciliani nati non lontano dagli scogli veristi di Padron 'Ntoni. L'altro (Italo Bocchino) a sette anni, osservando il padre, mimava i comizi dei segretari missini di sezione. Briguglio ha chiuso presto con le sarabande marittime per entrare in una “setta weberiana” – giovani appassionati di Max Weber e impegnati nell'attacchinaggio (i manifesti erano targati “Fronte della gioventù”, la colla si chiamava “Sichozell”, nome in codice che oggi permette di riconoscersi tra compagni degli esordi).

    Bocchino ha avuto due maestri in uno – curava l'ufficio stampa di Pinuccio Tatarella ma la mattina faceva colazione con Francesco Cossiga, dirimpettaio di Tatarella in via Principessa Clotilde, ed erano montagne di giornali, tazzine, cornetti e motti di spirito del presidente emerito (il quale ancora oggi apostrofa Bocchino con boutade da corrente segreta, del tipo: “Quanti uomini abbiamo in Grecia?”). Briguglio il sabato smette la giacca per il maglione blu, Bocchino il sabato percorre Campo de' Fiori e fa la spesa con indosso un capo di vestiario che nessun frequentatore delle vinerie metterebbe (un giubbotto di pelle e da aviatore). Bocchino ha comprato casa a Parigi e a Parigi guarda per importare neogollismi, Briguglio passeggia lungo il corso di Taormina e per Taormina un giorno si è fatto (invano) candidato sindaco – al grido di “se vuoi possedere la tua patria riconquistala nuovamente”, inno ispirato dalla rilettura di Goethe e dall'improvviso appannamento della verve cultural-mondana della cittadina (pare che da un anno all'altro fossero scomparsi dall'anfiteatro greco i divi del cinema, e hai voglia a dire che Taormina Arte resta in piedi).

    La “b” che unisce Briguglio e Bocchino
    (uniti oggi pure dalla convinzione che Gianfranco Fini sia il miglior alleato di Silvio Berlusconi), non cancella la differenza primaria che congiurò per farli avvicinare. Anni orsono, infatti, Bocchino militava nella larussiana e gasparriana Destra protagonista e Briguglio nella storaciana Destra sociale. Poi arrivarono le intercettazioni antifiniane di tre colonnelli finiani al bar “La caffettiera” – con conseguente ira azzeratrice di correnti in capo a Gianfranco Fini in persona. Era il 2005 e “B&B” non ebbero più neppure un confine formale di separazione. Tanto più l'amicizia ebbe modo di farsi sodalizio politico quando lo storaciano Briguglio decise di non seguire Storace che si allontanava da An e quando il tatarelliano Bocchino, orfano di Tatarella, si mise a risalire la china dopo lo scandalo dei colonnelli.

    Ex cronisti del Secolo d'Italia,
    ex coordinatori di partito in tandem, Bocchino e Briguglio avevano sognato “una Yalta in terra di An”, per usare un'espressione di Bocchino. Sperando di smussare al desco gli opposti estremismi, la sera invitavano (a casa Bocchino) Gianni Alemanno e Maurizio Gasparri in presenza della signora Gabriella Buontempo, ragazza napoletana sposata da Italo con ricevimento a Villa Taverna – c'era lo stato maggiore di An e la di lei famiglia socialista, notissima anche grazie alla zia Graziella Lonardi, amica di artisti e animatrice, a Capri, del premio Malaparte. Gabriella Buontempo, produttore cinematografico, condivideva con Italo la passione per l'editoria – è noto che Italo si buttò nell'impresa del quotidiano “Roma” e poi in quella del quotidiano “L'Indipendente” (c'è stato un tempo in cui Bocchino e Giordano Bruno Guerri parlavano di un “giornale libertario” che doveva fare da “pungolo al centrodestra paludato”). Andò come andò, e però l'editoria resta il chiodo fisso di Bocchino – interrogato in proposito, lui dice che la mania gliel'ha attaccata Tatarella, convinto che la politica avesse bisogno di un braccio giornalistico.

    Fatto sta che Bocchino si è impegnato in questi anni in più riviste, definendole “progetti biodegradabili in funzione di un'idea”. E l'amico Briguglio, non a caso, dice che Generazione Italia, “nata da un'intuizione di Italo”, sarà “prima di tutto una rivista on line”. Se Bocchino definisce Generazione Italia un “aggregatore che si rivolge all'interno del Pdl”, Briguglio si spinge a definirla “un progetto per far evolvere il Pdl verso un neogollismo italiano, con le idee guida del patriottismo costituzionale, del liberalismo temperato, della laicità positiva, della coesione nazionale e sociale, del profilo euromediterraneo e della solidarietà atlantica”. Forse perché non hanno la stessa età, forse per non essere tacciati di competitività intestina, Briguglio e Bocchino parlano l'uno dell'altro come fossero pugili di pesi diversi (Briguglio dice che Bocchino è “una promessa del futuro centrodestra”, Bocchino dice che “Briguglio è un punto di riferimento del moderno centrodestra”).

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.